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Viareggio, mascherate: la grande palestra per i carristi del nostro futuro

di Simone Pierotti
Viareggio, mascherate: la grande palestra per i carristi del nostro futuro

Racconti e speranze di tre mascheratisti storici: Ghiselli, Canova e De Leo. E l’eterna diatriba fra portatori a spalla e carrelli che ancora tiene banco

23 febbraio 2023
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VIAREGGIO. «Dopo aver fatto otto carri piccoli, è dal 1996 che sono tra le mascherate di gruppo e quindi sì, sono il decano della categoria. Purtroppo, aggiungo». Perché c’era il desiderio di tornare a fare i carri? «No, perché vuol dire che sono invecchiato…». E giù risate.

Michele Canova si appresta a vivere il suo ultimo Carnevale: dopo cinquantuno anni di onorato servizio nel mondo della cartapesta, ha deciso di smettere.

Tra i mascheratisti attualmente in gara, l’autore di “Sciamani” è quello presente da più tempo nella categoria: «Sto vivendo benissimo questo addio, sarà l’occasione per organizzare mostre con le mie opere di scultura. Sicuramente mi mancheranno le vecchie canzoni del Carnevale e quelle scritte negli anni Ottanta, mi danno un’emozione che quelle moderne non riescono a trasmettermi».

Canova ha assistito alla graduale trasformazione delle mascherate di gruppo: «Forse mi farò nemici tanti colleghi, ma a me non piace che i pezzi della mascherata siano trainati con il carrello e che si veda chi li trascina: io sarei rimasto ai portatori in spalla, c’è un’interazione diversa col pubblico, ma nelle varie categorie c’è stata un’evoluzione in grandiosità tale per cui ormai non si torna più indietro».

Anche Giampiero Ghiselli, altro veterano delle mascherate – è presente dal 1998 e ha all’attivo due vittorie, la prima nel 2006, la seconda nel 2018 –, è combattuto sull’argomento: «Con i carrelli riesci sicuramente a costruire qualcosa di più articolato, con i portatori non è che puoi fare più di tanto fra sbilanciamento e peso – osserva l’autore di “La leggerezza dell’essere” assieme a Maria Chiara Franceschini –, però è altrettanto vero che un pezzo portato in spalla è più sinuoso, i carrelli sono più rigidi».

Il punto, semmai, è un altro: «Prima costruivamo otto pezzi e questi facevano massa, ora che ce ne sono sei è difficile creare qualcosa di voluminoso: anzi, ne servirebbero anche più di otto. Secondo me è necessario investire maggiormente nelle mascherate di gruppo, sono un passaggio fondamentale per chi vuole andare a fare il carro».

Tant’è che, anche grazie ai carrelli, si vedono sempre più movimenti: «Io e mio figlio Jonah nel 1997 fummo forse i primi a sperimentarli nelle maschere isolate con “Carnevale a testata nucleare”, in cui i mascheroni dell’allora presidente francese Chirac e di un attivista di Greenpeace si prendevano a testate. Il primo tra le mascherate di gruppo, invece, è stato Pierino Ghilarducci se non ricordo male».

Come Ghiselli, anche un altro decano delle mascherate di gruppo come Roberto De Leo è affiancato da una donna. Anzi, da due: «Nel 2010 è entrata ufficialmente in società mia moglie Vania Fornaciari e da un po’ di tempo anche nostra figlia Viola ci dà qualche spunto. Io faccio parte di questo mondo da una vita: ho lavorato ai vecchi hangar di via Marco Polo con Silvano Avanzini, “Bocco” Vannucci, Beppe Domenici e Raffaello Giunta».

Dopo tredici anni nelle maschere isolate, nel 2005 il debutto – con vittoria – fra le mascherate di gruppo, che non ha più abbandonato: «Sono sempre stato fedele ai portatori in spalla, ma con le dimensioni che hanno raggiunto i pezzi non si possono più trasportare così. I movimenti? Io li ho fatti solo l’anno della mascherata che omaggiava Gaber, quest’anno con “Reeflettiamo...” ho puntato più altri effetti speciali come le luci o le bolle. Però i movimenti in questa categoria sono certamente apprezzabili».


 

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