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La strage di Viareggio
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Strage di Viareggio, appello-bis: "Se il treno fosse andato più piano, non sarebbe successo niente"

Gli avvocati dei familiari delle vittime in aula hanno mostrato come l'elevata velocità del convoglio sia stato l'elemento principale del disastro in cui morirono 32 persone. Moretti di nuovo assente in tribunale

05 maggio 2022
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VIAREGGIO. Se il treno merci della strage transitato tra le case "a una velocità di 60 km/h, c'è il dato incontrovertibile che tale velocità sarebbe stata misura efficace e non sarebbe successo nulla". Lo ha evidenziato al processo di appello-bis a Firenze un legale di parte civile, avvocato Gabriele Dalle Luche, che assiste i familiari di alcune vittime per i quali chiede il risarcimento dei danni. La velocità dei convogli con merci pericolose negli abitati stabilita da Fs è uno dei punti su cui verte il processo di appello-bis, in particolare rispetto all'imputazione di disastro ferroviario. Ricordando studi e scenari "conosciuti già a fine anni '90 da tutte le principali imprese ferroviarie europee", Dalle Luche ha detto che se il treno avesse tenuto tale velocità di 60km/h essa sarebbe stata "non solo protettiva, ma preventiva, perché, come hanno dimostrato i calcoli del nostro consulente Orsini, se quel treno avesse transitato a 60 kmh non sarebbe successo nulla" perché il vagone col gas Gpl, che poi causò scoppi e incendi, "non avrebbe avuto la forza cinetica per ribaltarsi".

Un altro avvocato di parte civile, Riccardo Carloni, che assiste anche i familiari di Emanuela Menichetti, vittima di 21 anni, la cui madre Daniela Rombi ha seguito tutte le udienze dei processi sul disastro del 29 giugno, ha mostrato un'immagine della stazione di Viareggio sostenendo che "con una velocità ridotta a 60 kmh il convoglio sarebbe transitato a raso e nonostante la rottura si sarebbe fermato prima e non ci sarebbe stato il ribaltamento del vagone merci ferro-cisterna col gas Gpl", la cui struttura metallica venne aperta da un elemento a terra detto 'a zampa di lepre' che fa necessariamente parte dell'infrastruttura ferroviaria posta lungo i binari.

"La riduzione della velocità porta alla riduzione dell'energia cinetica, abbassare la velocità quindi rendeva possibile evitare il ribaltamento", ha detto Carloni, accusando pure le Fs "di processi aziendali immobili ed eterni" prima di prendere le decisioni utili a evitare i rischi. Per un altro legale di parte civile, avvocato Filippo Antonini, "la riduzione della velocità è misura preventiva, abbassa il rischio, è facilmente attuabile prima di adottare altre misure con elevata tecnologia, è misura economica sostenibile, è predeterminabile ex ante ed è misura a carattere protettivo. Avrebbe ridotto, se non evitato, il ribaltamento del carro cisterna e avrebbe ridotto la distanza del deragliamento del convoglio dal punto in cui sviò". "Era fattibile, era prevedibile? Sì - ha anche detto lo stesso legale -. E anche era raccomandata dal Regolamento internazionale per il trasporto di merci pericolose, dall'Agenzia europea per la sicurezza ferroviaria e dall'autorità federale delle Ferrovie Tedesche". In Germania le società delle Fs italiane mandavano i carri merci a fare la manutenzione e numerosi sono i dirigenti di tali società ferroviarie tedesche imputati in questo processo.

"Fin dagli anni '90 - ha anche detto Dalle Luche - sia in Germania dove il sistema ferroviario è sempre stato molto sviluppato, sia in Europa, si ipotizzavano conseguenze catastrofiche nel trasporto ferroviario di merci pericolose in caso di deragliamento dei convogli dentro i centri abitati densamente popolati" e "in Germania c'era uno studio dettagliato sugli effetti delle merci pericolose", tanto che "per il Gpl si parlava di un'area di impatto di 2.400 metri e con una letalità del 100 per cento". Il legale ha sottolineato che tale "patrimonio di conoscenze era di tutte le imprese ferroviarie europee", "Viareggio non è che la concretizzazione del rischio prospettato in quei documenti già a disposizione all'epoca".

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È stato il momento delle parti civili al processo di appello-bis. Tra le prime parti civili che hanno discusso la causa, due hanno chiesto risarcimenti per i gravissimi danni polmonari subiti dalla respirazione dei fumi sprigionati dall'incendio del gas Gpl.

L'avvocato Fabrizio Bartolini ha chiesto il risarcimento più 350mila euro ciascuno di provvisionale per due assistiti, 34enni all'epoca, un uomo e una donna, che abitavano in via Porta Pietrasanta vicino alla ferrovia; per alcuni giorni respirarono i fumi degli incendi. Il legale ha evidenziato che negli anni successivi hanno sviluppato "sarcoidosi polmonare", avvisate da anomale eruzioni cutanee e precorritrici di evoluzioni tumorali. L'avvocato Bartolini ha evidenziato al processo la presenza "nella letteratura medica di un caso analogo a quello dei pompieri che accorsero alle Torri Gemelle dopo l'attentato aereo". I due feriti oggi vivono all'Isola d'Elba. Anche altri abitanti nella stessa zona di Viareggio, vicino ai binari, avrebbero sviluppato una malattia polmonare simile.

Un'altra parte civile, l'avvocato Daniele Colangelo, ha chiesto un minimo di 130mila euro di provvisionale subito esecutiva per i genitori di un 21enne marocchino, Mohamed Kharboua, che si ferì nella fuga dalle fiamme che investirono via Ponchielli. Dall'Empolese era venuto sulla costa a cercare un lavoro da stagionale nel turismo. Lo dettero per disperso per tre giorni finché non fu trovato ancora sotto choc nella pineta della Darsena di Viareggio. Tra le lesioni subite, oltre a un trauma a un ginocchio e traumi psichici, il legale ha evidenziato quelle subite ai polmoni per i fumi di gas. Il 21enne morì l'anno dopo in un incidente stradale sulla Fi-Pi-Li mentre era in motorino e andava proprio in studio dall'avvocato. Tra gli imputati non c'è Mauro Moretti, già ai vertici di Fs e Rfi, mentre invece è presente Michele Mario Elia, ex ad di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi).

La Regione Toscana come parte civile ha chiesto che Mauro Moretti e Michele Mario Elia, succedutisi come ad di Rfi, siano sanzionati nel processo di appello-bis per la velocità alta del treno. L'avvocato Francesco Bevacqua, che assiste la Regione, sottolinea la colpa di entrambi per "la mancata adozione di provvedimenti di riduzione della velocità dei convogli", un aspetto su cui la Cassazione ha dato indicazioni alla corte di appello di istruire un processo bis per rideterminare la sanzione penale. L'avvocato Bevacqua ha chiesto per Moretti e Elia "l'affermazione di responsabilità insieme ai responsabili civili anche per il profilo di colpa inerente l'inosservanza della regola cautelare di riduzione della velocità", colpa che deve aggiungersi a quelle già confermate dalla Cassazione nella sentenza di rinvio per "l'omessa verifica della tracciabilità del carro" deragliato" e "omessa richiesta della documentazione sulla storia della manutenzione del rotabile" stesso. Bevacqua ha evidenziato che "la misura della riduzione della velocità a 60 km/h era già ampiamente disponibile al patrimonio di conoscenze di Rfi come misura di cautela idonea ed efficiente a scongiurare le conseguenze potenzialmente catastrofiche del ribaltamento del carro e connessa dispersione del carico; in quanto tale avrebbe dovuto formare oggetto di specifica prescrizione per l'attraversamento del convoglio di zone irte di ostacoli e densamente abitate come la stazione di Viareggio: se ciò fosse avvenuto, l'evento non si sarebbe verificato".

Per altri dirigenti delle Fs imputati - Mario Castaldo (direttore Divisione Cargo Trenitalia spa), Emilio Maestrini (responsabile direzione ingegneria e sicurezza Trenitalia) e Francesco Favo (responsabile Cesifer) - lo stesso legale di parte civile per la Regione Toscana li accusa di aver rinunciato al dovere di assumere un ruolo critico-dialettico che pure pertineva alle rispettive cariche, omettendo ciascuno di essi anche solo di manifestare l'eventuale dissenso rispetto alle scelte del sovraordinato e in ciò sta l'inosservanza dell'obbligo di svolgere con diligenza i propri specifici compiti".

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