Il Tirreno

Versilia

pagine di storia locale

17 ottobre 1917: l'incendio che distrusse la Passeggiata di Viareggio

di Paolo Fornaciari
Una immagine della Passeggiata di Viareggio devastata dalle fiamme
Una immagine della Passeggiata di Viareggio devastata dalle fiamme

Ricorre il centenario del grande rogo che bruciò decine di attività del salotto buono. I danni superarono i 2 milioni di lire dell’epoca

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A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, Viareggio recita il ruolo di protagonista dell'estate nel magico scenario dei suoi viali a mare. Una quinta fantasiosa, eretta sullo sfondo della spiaggia e del mare, una teoria di costruzioni stravaganti e stilisticamente anarcoidi costituita, oltre che dagli stabilimenti balneari, da chalet, negozi, e ritrovi mondani d’ogni genere e gusto, sulla quale si elevavano, sul lato opposto, le pretenziose architetture d’eleganti alberghi e pensioni, palazzi e villini, che testimoniavano un gusto sospeso tra eclettismo e liberty.

Il viale a mare iniziò a formarsi dopo che, nel 1867, l’amministrazione comunale acquistò dal demanio una parte dell’arenile per destinarlo a “passeggiata lungo mare”. Due anni dopo Pietro Bellesi costruì, in prossimità del canale Burlamacca, un teatro in legno, l’Alhambra, ribattezzato dai viareggini “il cavallo di Troia” e che poi si chiamò Politeama.

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Il viale a mare, la “Passeggiata”, realizzato all'insegna della precarietà, frivolo tempio della commedia dell'estate che nel 1902 fu intitolato alla regina Margherita che il 2 luglio dello stesso anno fece visita a Viareggio, riuscì a sfidare il tempo, rappresentando un fatuo paradiso che sembrava disconoscere le tensioni sociali ed i drammatici eventi che infiammavano l’Europa.

Poi, nel 1917, proprio cento anni fa, mentre infuriava la prima guerra mondiale che avrebbe sconvolto il panorama politico, la geografia e i miti della vecchio continente, un incendio, scoppiato nella notte tra il 17 ed il 18 ottobre, avvolse tutte le strutture lignee della Passeggiata ed incenerì, uno dopo l'altro, lo chalet Principe, il teatro Nereo, la trattoria La Fiorentina, la pasticceria Torricelli, la calzoleria De Ranieri, l’oreficeria “Città di Trieste”, la cappelleria Masini, la sartoria Giovannozzi, il negozio di mobili Tofanelli, il negozio del parrucchiere Fontanini, la casa di moda Ajazzi, la Pellicceria Gori, la casa di biancheria Luzzato, la rivendita di tabacchi Ravenna, la pasticceria Sereno, il parrucchiere Celati, lo studio fotografico Fratini, la gioielleria Timpano, il negozio di tartarughe e coralli Jacono, la modisteria Del Bono, I’Eden e la Galleria del Nettuno con tutti i suoi padiglioni e negozi.

Ricordiamo che, nel contesto della Passeggiata, la Galleria del Nettuno rappresentava la struttura architettonica di maggior pregio ed interesse poiché in origine era stata il padiglione della stazione d’arrivo in Piazza D’Armi, progettato dallo studio degli ingegneri Carlo Bianchi, Francesco Magnani e Mario Rondoni, dell’ Esposizione Universale di Milano, allestita nel 1906, su un’area di circa un milione di metri quadri, dal 28 aprile ai primi di novembre, in occasione dell’apertura del traforo del Sempione e che Attilio Brovelli, all’ora proprietario dello stabilimento balneare acquistò al termine dell’Esposizione per collocarlo al posto della struttura del vecchio Nettuno. Questa grande galleria rettangolare, con tetto a due spioventi, nel 1907 fu posizionata sulla spiaggia, rialzata da terra e parallela al viale a mare. Alla galleria si accedeva da un ampio ingresso centrale con due torrette ai lati. All’interno della galleria una serie di ampi e lussuosi servizi: bar, restaurant, sala biliardo, sale da ballo, negozi e teatro.

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L'immane rogo che bruciò in poche ore questo tratto della “Passeggiata”, che rappresentava una sorta di tempio della “belle époque” viareggina, non interessò l’area dove erano situati gli stabilimenti balneari, che non furono nemmeno lambiti dalle fiamme, fu comunque un grave colpo per la città (si parlò di circa due milioni di danni assicurati, invece, per poche migliaia di lire) che seppe reagire prontamente. Gli edifici distrutti furono subito ricostruiti, pressappoco identici a prima, grazie anche al contributo dell'amministrazione comunale e ad una sottoscrizione nazionale.

Ma vediamo di ricostruire quelle drammatiche ore grazie alla cronaca dettagliata dell’accaduto, pubblicata in prima pagina, due giorni dopo, dal settimanale “Il Libeccio”.

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Alle 23,15 del 17 ottobre, il vigile urbano Giovannelli, in servizio di piantone al palazzo comunale, si avvide per primo dell'incendio e prontamente si portò, in bicicletta, sulla Passeggiata. Le fiamme, che si erano sprigionate accidentalmente nella stalla posta sul retro del Nereo, dove il proprietario, signor Cesare Gabri, teneva il cavallo, alimentate dal forte vento che soffiava quella sera, incenerirono in meno di venti minuti la struttura del teatro con i negozi alloggiati nel portone. Fortunatamente il fuoco non fece vittime poiché tutti quelli che erano già a letto fecero in tempo a mettersi in salvo, ma non riuscirono a portare con sé niente delle loro cose. L'allarme fu subito dato al comando della Regia Marina, dei Carabinieri e al Presidio militare. Tutti si precipitarono con i pochi mezzi a disposizione per cercare di arrestare le fiamme, che nel frattempo avevano già lambito il Bar Egiziano, del signor Giulio Del Chiaro, e la trattoria Fiorentina, di Attilio Barsanti. Telegraficamente fu anche richiesto l'invio di pompe e pompieri alle vicine Lucca e Pisa.

Intanto erano accorse anche le squadre antincendio della Misericordia e della Pubblica Assistenza, poiché Viareggio non disponeva di un corpo effettivo di pompieri, ma il fuoco aveva raggiunto dimensioni tali da rendere impossibile ogni tentativo di spegnimento. Ai volontari e alla forza pubblica non restò che cercare di sgombrare quei locali che ormai non potevano essere salvati dalle fiamme. Ma tale era l'eccezionalità del disastroso evento e tanta la disorganizzazione che regnava fra i soccorritori che poco o nulla poté essere messo in salvo. Quello che riuscirono a strappare all'incedere inesorabile del fuoco fu deteriorato e reso inutilizzabile durante le frenetiche e disordinate operazioni di recupero.

Dopo il teatro Nereo ad andare in cenere fu la trattoria Fiorentina. Il proprietario Attilio Barsanti, che non aveva avuto nemmeno il tempo di portare via i vestiti, con addosso i soli indumenti che aveva quando era andato a dormire, si aggirava sconvolto tra i tizzoni fumanti di quello che era stato il suo rinomato locale. Le fiamme, dopo aver ridotto in cenere anche il caffè Principe del Giannessi, si avventarono sulla struttura dell’imponente galleria del Nettuno ed in breve le torrette bruciarono come fuochi del bengala.

Mentre si lottava con i pochi mezzi in dotazione alle locali squadre antincendio, giunsero i pompieri dalla vicina Pisa, guidati dall'Assessore Balestri ed anche quelli di Lucca agli ordini del comandante Bianchini, ma a questi militi non restò altro che circoscrivere le fiamme e spegnere i tizzoni che ancora ardevano nelle zone che erano state già preda delle fiamme.

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Nel frattempo il vento era improvvisamente cessato e le fiamme, dopo aver aggredito il teatro Eden, furono vinte. Il negozio di Pasquale Timpano fu solo sfiorato dal fuoco, ma fu demolito dalle squadre di soccorso per precauzione.

Nella confusione che regnava sovrana fra quanti si davano da fare per spegnere l’incendio, si verificarono anche episodi incresciosi e grotteschi. Vi fu chi mescolandosi ai soccorritori s’impossessò dei pochi oggetti di valore scampati all'immane rogo, e chi, come alcuni soldati del locale distaccamento di fanteria, s’impegnò solo nel recupero delle bottiglie di vino e di liquore e alla fine dell'incendio fu trovato ubriaco fradicio.

Alcuni giorni dopo la città, ancora stravolta, si interrogò sulle cause della sciagura. Da più parti fu richiesta maggiore severità nel rilascio delle concessioni delle licenze di costruzione e nella applicazione delle misure di sicurezza, mentre si sollecitò anche l'istituzione di un corpo di pompieri, preparato ed attrezzato di idonei mezzi. Sempre sul settimanale “Il Libeccio”, fu anche scritto: «Finora a Viareggio si è vissuto in una atmosfera di indolenza e di incoscienza veramente puerili. Non si rispettavano le più elementari norme di sicurezza pubblica, si scherzava, è proprio il caso di dirlo, si scherzava col fuoco».

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