Il Tirreno

Versilia

Una storia di morti, incubi e misteri

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LUGLIO 1945 La casa del Fascio dopo l’esplosione delle bombe recuperate sulla spiaggia Il colpo provocò la morte di 16 persone (numero ufficiale) Il palazzo Littorio fu inaugurato il primo luglio del 1940 con l’Italia appena entrata in guerra

L'area dell'ex Casa del fascio è un punto cruciale della storia di Viareggio

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 VIAREGGIO. Per chi è nato del Dopoguerra quello strano buco in piazza Mazzini è talmente naturale che l'idea che si costruirà un palazzo appare strana. Per questo abbiamo chiesto a Paolo Fornaciari, direttore del Centro documentarioo storico di raccontare la storia di quel pezzo di lungomare. di Paolo Fornaciari  La storia inizia con la costruzione dell'Ospizio Marino di Firenze, noto come il "Palazzo delle Muse" - perché il denaro necessario fu ricavato "dall'opera e dai doni dei coltivatori delle arti belle" - ad opera di un comitato fiorentino, promosso dal dottor Giuseppe Barellai, che si prefisse lo scopo di consentire le cure marine ai bambini indigenti affetti da una grave forma tubercolare, la "scrofolosi".  Il 14 ottobre 1861, alla presenza dei principi Umberto e Amedeo di Savoia, fu posta la prima pietra dell'Ospizio che fu intitolato a Vittorio Emanuele II. La realizzazione dell'edificio si deve all'opera di due progettisti fiorentini. Iniziò i lavori l'ingegner Augusto Casamorata, che firmò un primo progetto sommario della fabbrica. A lui subentrò l'architetto Giuseppe Poggi che modificò in parte il progetto originario ed ultimò la costruzione il 29 maggio 1869.  L'Ospizio, riconosciuto "Opera Pia", nel 1893, fu ampliato con l'edificazione di un'ala, dal lato della vicina pineta, eseguita dal capomastro viareggino Raffaello Morescalchi, su disegno dell'ingegnere Eugenio Del Prete.  Il Granduca di Toscana, nel 1848, quando cedette gratuitamente il terreno per la realizzazione dell'Ospizio volle che il Palazzo conservasse libera la vista del mare. Questa servitù determinò la formazione della piazza principe Amedeo, oggi piazza Mazzini.  Nel 1915, l'amministrazione comunale chiese all'Opera degli Ospizi la possibilità di sistemare a giardino la piazza, poi un anno dopo decise di avviare le pratiche per espropriare la servitù di prospetto per costruire nella piazza un Teatro, visto che "soltanto Viareggio tra le stazioni balneari climatiche non ha un teatro degno che valga ad accrescere le attrattive della città".  Poi furono elaborati numerosi progetti che interessarono la piazza antistante il palazzo delle Muse, ricordiamo nel 1931, l'idea d'innalzare sulla spiaggia due Fasci Littori dell'altezza di 5 metri e nel 1932 di collocare nella piazza un monumento ai Caduti del mare con locali ad uso negozi. Infine si giunse al progetto di sistemazione della piazza studiato dall'architetto fiorentino Raffaello Brizzi in collaborazione con l'ing. Alfredo Belluomini, che previde al centro una fontana "spettacolare" che fu inaugurata il 28 ottobre 1933.  Poi, in un'area della piazza Mazzini, nell'angolo prospiciente il viale Carducci, proprio davanti al mare, fu realizzato il Palazzo del Littorio, un'architettura razionale tutta marmi e mattoni a vista, dove il primo luglio 1940 si insediarono gli uffici delle organizzazioni del Fascio viareggino.  Dell'edificio, la cui costruzione era stata resa necessaria dall'insufficienza di spazi riscontrata nella Casa del Fascio, in via Regia angolo Battisti, che oggi ospita la sede dell'Anpi, e che era stata inaugurata solo nel luglio del 1927, attualmente non sono stati ancora reperiti i documenti che riguardano la pratica edilizia.  Comunque, da una deliberazione del Commissario Prefettizio Renato De Zerbi del 24 marzo 1938, si apprende che "non è ancora completamente pronta la nuova Casa del Fascio che si sta allestendo in piazza Mazzini".  Poi, una fotografia scattata durante il corso del 1940, che si svolgeva dal 21 gennaio al 6 febbraio, e che riproduce in primo piano la mascherata "Le vedovone allegre" di Alfredo Morescalchi, documenta che la nuova Casa del Fascio è in avanzato stato di costruzione.  Il Palazzo, che superò indenne i bombardamenti, il 18 luglio 1945, alle ore 15,30, fu teatro di una tragedia. La tremenda esplosione che causò 16 morti fra i civili ed oltre 70 feriti, più un numero imprecisato di vittime fra i militari alleati, che è ricostruita nei minimi particolari nel volume di Angelo Malfatti «Viareggio 1946...e fu subito Carnevale», fu causata dallo scoppio improvviso di un carico di mine, recuperate nelle operazioni di bonifica della spiaggia e che dovevano essere consegnate ad un centro di raccolta a Pisa. Purtroppo, come è stato ricordato da Lamberto Manfredini: "Furono portate a Pisa al Centro raccolta esplosivi; era obbligo loro riceverle, ma non le vollero, sicché furono riportate indietro, e qui scoppiarono".  L'esplosione fu violenta e devastò completamente il Palazzo. Silvio Gemignani, costruttore dell'ex Casa del Fascio, così ricordò la tragedia: "Sembrava che fosse la fine del mondo. Nella Casa del Fascio crollarono le due rampe della scala esterna, le pareti interne, i soffitti di rete. Tutti gli infissi furono divelti. Resistette la copertura a terrazza perché era portante. Il fabbricato, che era stato costruito in muratura su una protezione di asfalto posta sul cordolo delle fondazioni, l'aveva fatta il Bonamini, fu spostato di due centimetri".  Quello che restò fu poi demolito e da allora l'area dell'ex Casa del Fascio è rimasta vuota, utilizzata come parcheggio.  A questa storia, anche se non ancora definita nei particolari, si sommano anche ricordi di misteri e suggestioni popolari che hanno come riferimento la famiglia che abitava la casa che si trovava nell'area dove poi sorse la nuova Casa del Fascio. Quella villa, costruita a seguito di licenza edilizia presentata 7 settembre 1902 dall'ing. Bertolio, prof. del Politecnico di Milano, per conto del suocero onorevole comm. Castoldi, secondo voci del popolo, fu teatro di una tragedia.  Qui la storia lascia il posto ai racconti popolari nei quali non ci addentriamo, ricordando che questa vicenda è stata registrata da Cesare Calamandrei nel volumetto "Guarda ancora nel buio" e al quale rimandiamo, dove nello scritto "Non se ne parla volentieri" racconta della morte misteriosa e violenta della giovane figlia della famiglia, di indagini di polizia, di caso giudiziario archiviato e delle voci che poi circolarono in Viareggio su fatti strani che si registravano nella casa, che nel frattempo era stata abbandonata. Tanto bastò perchè la villa venisse etichettata come "la casa delle paure", che fu abbandonata e presto divenne fatiscente. Alla morte dei proprietari la casa andò in eredità ad una parente che si guardò bene di prenderne possesso: la donò a Mussolini che a sua volta la destinò al Partito per erigere il nuovo Palazzo Littorio.
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