Il Tirreno

Versilia

«Dormiva chiusa a chiave da due anni»

Donatella Francesconi
<b>IN UN DIRUPO. </b>Il recupero del corpo di Rajmonda nello Stazzemese
IN UN DIRUPO. Il recupero del corpo di Rajmonda nello Stazzemese

Parla l'avvocato Petroni che ha curato la separazione: aveva paura

12 gennaio 2011
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 VIAREGGIO. Rajmonda Zefi da due anni «dormiva, chiusa a chiave, in una stanza diversa da quella del marito». La testimonianza, fondamentale, è quella di Anna Petroni, il legale cui Rajmonda si era rivolta per chiedere la sperazione. «È venuta da me in ottobre - è il ricordo dell'avvocato - ed ho provveduto ad informare il signor Quinci mediante raccomandata».  Anna Petroni ha raccontato tutto ai carabinieri, fornendo tutto il materiale in suo possesso: «Ho saputo dell'accaduto la sera dell'Epifania, guardando il Tg3. La mattina dopo mi sono presentata in caserma, per quanto di mia competenza».  La testimonianza del legale mette i brividi: «Ho atteso la risposta del signor Quinci o di un suo avvocato. Ma Rajmonda è tornata per spiegarmi che lui non ne voleva neppure parlare». La giovane madre racconta all'avvocato di aver annunciato al marito l'intenzione di separarsi. Ottenendo da lui solo l'atteggiamento di chi «non ne vuol sapere niente». Così, il 3 dicembre l'istanza è stata presentata in Tribunale.  Le parole dell'avvocato Petroni stringono il cuore: «L'unica preoccupazione della signora Zefi era quella di non ostacolare il rapporto tra il padre ed i due bambini. Non voleva strappare i figli al marito in alcun modo. Non voleva che loro mancassero a lui e lui a loro».  Rajmonda non aveva, al momento, nessuna fonte autonoma di reddito. Il futuro che le si presentava davanti era quello di vivere con gli alimenti che Francesco Quinci avrebbe dovuto passare. «Abbiamo fatto la richiesta per il gratuito patrocinio - spiega Petroni - ed è stata accordata. Perché la mia cliente risultava nullatenente».  A rendere ancora più difficile il passo verso la nuova vita, la malattia che affliggeva Rajmonda (come testimoniato dalle sue amiche al "Tirreno" nei giorni scorsi): forti emorragie che l'avrebbero portata di nuovo sotto i ferri, a breve. E che le rendevano impossibile anche il minimo sforzo.  «Una donna moralmente e fisicamente provata», la ricorda l'avvocato: «Recentemente era tornata da me in lacrime. Cambiando gestore di telefonia aveva perso gli Sms di minacce, sia fisiche che morali, che il marito le aveva inviato. Ho testimoniato di questo ai carabinieri che potranno risalire al contenuto. Perché lì era tutta la paura di Rajmonda».  I fatti snocciolati, passaggio dopo passaggio, da Anna Petroni sono stati elemento fondamentale per la ricostruzione del clima familiare e per i passi che gli investigatori hanno poi fatto per arrivare alla confessione di Francesco Quinci, 36 anni, in carcere con l'accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere.  

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