Il Tirreno

Italia-Africa: Mohamud, 'risolvere problemi Somalia significa risolvere quelli internazionali'

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Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "È la prima volta che i 54 Paesi del continente africano si riuniscono con l’Italia per discutere questioni di interesse reciproco. Il Piano Mattei vuole sostenere l’Africa in materie come energia, infrastrutture, sicurezza e condivisione delle informazioni. Siamo pieni di risorse, ma il 70% della popolazione è costituito da giovani, e da soli non ce la facciamo a risolvere tutti i problemi. La Somalia è un Paese che è rinato ripartendo da zero. Quando sono stato rieletto nel 2022, la nostra priorità era la sicurezza. Abbiamo la costa più lunga del continente, e se non riusciamo a metterla in sicurezza non possiamo gestire il flusso dei migranti o le minacce dei pirati del mare e dei terroristi. Siamo in una posizione strategica, tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano. E il mio messaggio all’Italia è quindi che aiutare a risolvere i problemi della Somalia significa risolvere, a cascata, tanti altri problemi internazionali". Lo ha detto in un'intervista a Repubblica il presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud. Il presidente somalo parla anche dell'accordo fra Etiopia e il Somaliland, regione autoproclamatasi indipendente nel 1991, grazie al quale ha ottenuto la possibilità di costruire un porto e una base navale sulle sue coste sul Mar Rosso. "Somalia ed Etiopia, diciamo così, non si sono scelti come vicini - spiega - Dietro c’è una storia violenta lunga 600 anni. Noi somali abbiamo voluto aprire un nuovo capitolo di integrazione economica, e l’Italia ci ha sostenuto. Giorgia Meloni è venuta anche ad Addis Abeba per un importante incontro trilaterale. Poi il Somaliland si è dichiarato indipendente e, sebbene nessuno li avesse riconosciuti, l’Etiopia ha stretto subito questo accordo con loro. Sono grato al governo italiano che, in risposta, ha chiesto il rispetto del diritto internazionale. Per rispondere alla sua domanda, non so spiegarmi cosa sia successo. L’Etiopia non ha assolutamente le capacità di costruire da sola un porto o un corridoio di autostrade e ferrovie. Si tratta di una situazione per noi destabilizzante, che consente ai jihadisti di rialzare la voce". "Siamo davanti al Grande Gioco del Mar Rosso - prosegue Mohamud - C’è lo Yemen in crisi, le azioni degli Houti, anche il Sudan in difficoltà. Il trasporto marittimo è minacciato gravemente. La regione è in fermento e le onde del Mar Rosso non devono venire agitate ulteriormente. Con la Nuova Via della Seta - aggiunge - la Cina si è focalizzata sulle infrastrutture, senza le quali non può esserci sviluppo economico. Costruisce strade, porti, aeroporti, ponti, dighe, tutte cose di cui l’Africa ha bisogno e che i cittadini vedono crescere giorno dopo giorno. Per questo l’Occidente sì, fa bene a occuparsi di democrazia e diritti umani, ma dovrebbe scommettere anzitutto sulla sicurezza alimentare e sull’energia, e anche aiutarci ad accedere ai finanziamenti per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico". Quanto alla Russia, dice ancora, "mi preoccupa soprattutto che per la sicurezza faccia uso di attori non statali come la Wagner, un po’ come facevano gli Usa con la Blackwater in Iraq". E riguardo la guerra contro i jihadisti di Al Shabaab, il presidente somalo spiega che "finora è stata di natura militare, ovviamente, ma abbiamo anche sfidato la loro propaganda religiosa e siamo riusciti a colpire le loro fonti di finanziamento. Questa triplice strategia ha funzionato, e ora sono ancora una minaccia ma non come un anno fa. Erano arrivati a pochi chilometri da Mogadiscio, e oggi sono a 800-900 chilometri. Forse per sconfiggerli ideologicamente ci vorrà un po’ di più, ma militarmente vinceremo sicuramente. Da 16 anni siamo in guerra con loro e quest’anno, il primo dicembre, finalmente la missione di sicurezza africana si potrà concludere. Così la Somalia prenderà totalmente su di sé la propria sicurezza, e avrà bisogno del sostegno dell’Italia. Dobbiamo concentrarci sull’economia, per evitare che i nostri giovani fuggano all’estero o che trovino più conveniente essere pagati per imbracciare un’arma". Parlando ancora degli Houthi, Mohamud conclude che "sono una minaccia, è vero. Quando i tuoi vicini sono instabili, anche la tua casa è instabile. Qualche anno fa abbiamo avuto i pirati somali, che minacciavano il trasporto marittimo internazionale, e fermarli è costato molto. Oggi ci sono gli Houti. I nuovi pirati vengono dalla terra e non dal mare. E quindi il problema va risolto sulla terra, in Yemen. Servono Paesi stabili su tutti e due i lati del Mar Rosso. E c’è bisogno di una soluzione politica e diplomatica globale, su cui si mettano d’accordo i Paesi della regione e le potenze più influenti, a partire dall’Occidente e dalla Cina, che hanno un mutuo interesse economico a una soluzione nel Mar Rosso".
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