Cucina italiana patrimonio Unesco, il re della “ciccia” toscana: «Viva i piccoli borghi e viva la francesina!»
Dario Cecchini commenta il riconoscimento arrivato ieri: È una vittoria della cultura contadina e della genuinità
Dario Cecchini, lei è l’ambasciatore della ciccia toscana nel mondo. Quanto ha contribuito la sua bistecca al riconoscimento Unesco alla cucina italiana?
«Ma che ambasciatore! Io sono il macellaio di Panzano in Chianti (ride, ndr). In questo Paese è meglio non avere troppe cariche ...»
È felice del riconoscimento?
«Molto. È un riconoscimento importante che premia la nostra tradizione e la nostra qualità. E soprattutto premia il lavoro di tanti artigiani che, senza essere famosi, portano avanti le nostre tradizioni culinarie, che è la cosa più importante. Per questo credo che ora si debbano aiutare i villaggi, i piccoli borghi, perché senza di loro noi non avremmo la cucina e la qualità che possiamo vantare».
Una vittoria della cultura contadina?
«Esatto. Se io avessi fatto il macellaio in una grande città forse non sarei riuscito a creare quello che ho creato. Perché in una grande città ci sono troppe attività, ci sono le persone che vanno e arrivano velocemente, magari si fermano a mangiare un kebab... E ci sono troppi costi sugli affitti e le tasse. Invece in un piccolo paese, in un villaggio un’attività come la mia, un’attività artigianale fa la differenza, e può aiutare anche il villaggio a farlo vivere e prosperare».
Ci spiega la sua teoria?
«È semplice. Sono nate così le stelle Michelin, le stelle della fabbrica francese delle gomme: una stella quando valeva la pena di fermarti perché il locale si trovava sulla tua strada; due stelle perché il ristorante valeva la sosta; tre stelle perché il ristorante valeva anche fare un’ inversione del cammino: era un posto in cui programmare un viaggio... Quando in un villaggio c’è un’attività di eccellenza, di qualità, richiama i visitatori e quindi i clienti. Contribuisce alla ricchezza del posto. È per questo che bisogna aiutare i villaggi a vivere, sennò puoi fare la pappa al pomodoro più buona del mondo ma se non si ferma nessuno non puoi lavorare e non puoi andare avanti... Io ho proseguito l’attività dei miei genitori che mi hanno lasciato le mura di una macelleria di 39 m², ma vivendo in un villaggio ho portato avanti la mia tradizione e la qualità e sono cresciuto».
Pensa che questo riconoscimento aiuterà la tradizione italiana a consolidarsi?
«Certo, penso proprio di sì. Basta che il riconoscimento non sia un quadretto da attaccare al muro; bisogna continuare a lavorare ricercando sempre la massima qualità. E la nostra differenza che nasce dalle origini contadine».
Qual è il piatto che secondo Cecchini rappresenta la Toscana nel mondo?
«Guardi, non ho dubbi: la francesina, il lesso rifatto con le cipolle. Se si va all’inferno, e noi toscani ci si va tutti all’inferno perché ci piace di vivere come si vuole, l’importante se ci danno un piatto solo da mangiare è che sia sempre la francesina: viva la francesina, viva il lesso rifatto patrimonio dell’Unesco!».
