Agguato al bus di Pistoia, l’autocanestro del governo del basket che ha deciso di giocare
Il consiglio federale ha punito solo la squadra di Rieti quando poteva essere il momento giusto per fermarsi come aveva chiesto il presidente della società toscana
Il governo del basket italiano nell’azione più importante della sua storia recente ha fatto un autocanestro clamoroso. Che rischia di far perdere al movimento una partita decisiva, quella della dignità agli occhi di addetti ai lavori, tifosi e appassionati, creando uno spiacevole precedente, capace di innescare ricadute e un senso di impunità diffuso.
Il consiglio federale straordinario convocato all’indomani dell’omicidio di Raffaele Marianella, l’autista toscano ucciso con una sassata mentre era a bordo del pullman che riportava i tifosi di Pistoia a casa dopo la trasferta di Rieti, infatti, non è nemmeno riuscito a partorire un topolino, ma uno sgorbio. Al termine della riunione la decisione è stata tra il democristiano e il cerchiobottista: annullata l’amichevole tra la nazionale e Rieti, la Sebastiani giocherà le partite casalinghe a porte chiuse fino a data da destinarsi e nel prossimo turno minuto di silenzio e lutto su tutti i campi, come succede, con tutto il rispetto, quando se ne va un’ex stella del basket.
Tutto qui? Sì. Come a voler confinare il germe della follia criminale attorno al PalaSojourner, il palasport reatino. Magari fosse così semplice. Non lo è, e non doveva essere questo il messaggio. Purtroppo anche il basket, l’unico sport che eleva verso il cielo – ripeteva Bergoglio – farebbe meglio a tenere i piedi per terra. E a non voltarsi dall’altra parte per non rischiare di sprofondare, come accaduto altrove, in primis nel football. Perché gli episodi di violenza negli ultimi anni – seppur non estremi, ci mancherebbe – ci sono stati anche sotto le plance: Roseto, Varese, Bologna sponda Fortitudo, Rimini, Forlì, Livorno, Scafati. La lista abbraccia mezza Italia.
Dunque il delitto di Rieti poteva essere il momento giusto per fermarsi per una giornata, come aveva fatto intendere il presidente di Pistoia. E riflettere insieme per far capire che il problema riguarda il movimento. Un passaggio giusto per lanciare un messaggio forte e creare anticorpi più resistenti. Invece poco o niente: dopo il silenzio, domenica la palla rimbalzerà come sempre. Dando una cattiva lezione e facendo emergere la distanza enorme tra la base e il vertice, tra educatori e gestori.
Eppure per fare la scelta giusta bastava andare in una qualsiasi palestra e assistere a un allenamento, fa lo stesso se di minibasket o di una squadra di Eurolega. Quando in campo un giocatore sbaglia e danneggia col suo atteggiamento la squadra, il bravo allenatore non punisce il responsabile ma anche i compagni. «Via i palloni, tutti sulla riga di fondo», è la frase che segna il confine tra pazienza e sanzione, tra tolleranza e lezione. Ma più che la punizione – correre toccando le linee del campo – è il messaggio l’obiettivo: siamo una squadra, se uno sbaglia pagano tutti. Così ogni giocatore viene responsabilizzato, portato a crescere, a maturare e quando un compagno farà una cavolata che può mettere a repentaglio il gruppo, sarà la squadra a intervenire prima. A correggerlo. Ecco perché i vertici del basket andrebbero messi sulla riga di fondo. Sperando che poi non facciano un altro autocanestro.
