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Mostro di Firenze, il giornalista Rinaldi: «Processo da ripetere, ma così arriverebbe assoluzione dei “compagni di merende”»

Mostro di Firenze, il giornalista Rinaldi: «Processo da ripetere, ma così arriverebbe assoluzione dei “compagni di merende”»

Il cronista di nera racconta perché quella degli omicidi toscani è “una storia incredibile” ancora senza una soluzione

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“Per chi fa la cronaca nera il caso del Mostro di Firenze è la tesi di laurea. Se lo posizionassimo sul piatto di un’ideale bilancia, dall’altra parte dovresti metterci i delitti di Erba, Arce, Garlasco e di Yara Gambirasio. A quel punto, forse, compenseresti il peso del mostro”. Giuseppe ‘Pino’ Rinaldi ricorre a una metafora efficace per raccontare il fascino oscuro che dopo tanti anni ancora esercita il più noto, e misterioso, dei serial killer italiani, autore della serie di efferati omicidi che hanno insanguinato i dintorni del capoluogo toscano in un lasso di tempo compreso tra il 1968 e il 1985. Al mostro, Rinaldi - tra i più importanti cronisti di nera del nostro Paese con una lunga militanza su ‘Chi l’ha visto’ e oggi conduttore di ‘Ignoto X’ su La7 - ha dedicato anni di studi e ricerche per andare oltre esiti processuali mai del tutto convincenti.

Si arriva così a ‘Il Mostro di Firenze, la verità nascosta’, scritto con Nunziato Torrisi ed edito da Mursia. Un libro che riprende il lavoro del precedente ‘Il Mostro è libero (se non è morto)’, ampliandolo e approfondendolo. “Rispetto al primo libro ha cinque capitoli in più - racconta a LaPresse – e approfondisce una serie di cose della parte pre-esistente". La domanda da cui Rinaldi parte è: le condanne di Pacciani, Vanni e Lotti hanno chiuso il cerchio? La risposta del giornalista è no.

Un processo da rifare

“Partiamo da un dato – afferma – la sentenza ha riguardato quattro dei sette duplici delitti, ciò significa che tre rimangono irrisolti. E si tratta di una decisione che non sta in piedi, basata sulla testimonianza di un collaboratore di giustizia che racconta la sua verità. Ma ai tempi faceva comodo a tutti risolvere il caso arrivando a una condanna”. Ora, prosegue, “è stata presentata in Cassazione l’istanza di revisione del processo ai ‘Compagni di merende’. Mi sembra ormai accertato che il Mostro non sia quell’essere a tre teste formato da Vanni, Pacciani e Lotti, ma bisognerà vedere se ci sarà il coraggio: ripetere il processo significherebbe arrivare all’assoluzione dei ‘Compagni di merende’. Di conseguenza la procura di Firenze dovrebbe riaprire le indagini su un mostro che non è mai stato preso”. Un cold case nel senso vero del termine che, dopo tanti anni, continua a esercitare interesse giornalistico e giudiziario. E questo perché, osserva Rinaldi, “rappresenta un unicum a livello criminale, investigativo, processuale, di depistaggi e di scontri nella magistratura. E’ una storia incredibile”.

La cronaca nera in televisione

Di casi irrisolti, o su cui le domande continuano a superare le risposte, Rinaldi si occupa anche in ‘Ignoto X’, che si inserisce in un mercato televisivo dove la nera continua ad andare per la maggiore. “Tanti programmi di cronaca? Penso di essere un decano del settore – afferma – quando gli altri neanche sapevano cosa fosse io facevo confessare Ferdinando Carretta. Ho inziato con ‘Chi l’ha visto?’ nel 1990 e ci sono stato per tanti anni. Poi ho fatto altri percorsi, raccontando la cronaca in modo diverso. Come facciamo su ‘Ignoto X’, dove non ci sono liti o spettacolarizzazione ma si ragiona e si cerca di far capire cosa sta accadendo”. Il format, aggiunge, “partiva con difficoltà oggettive perché a La7 la cronaca non era mai stata fatta in modo continuativo come stiamo facendo e anche la fascia oraria non era semplice. Ora stiamo conquistando sempre più pubblico e tutti sono molto contenti”. llm/sid

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