Olio in Toscana: raccolta in anticipo, il “novo” è già in tavola. «Così la qualità è più alta»
Raccolta e frangitura non si fanno più all’inizio di novembre, frantoi tutti (o quasi) operativi: «I primi? Quelli sulla costa»
Sempre un po’ prima. Sono lontani i tempi in cui la raccolta e la frangitura delle olive si svolgeva fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Almeno una ventina d’anni. In Toscana, adesso, i frantoi sono tutti, o quasi, operativi perché la raccolta la si con almeno un mese di anticipo.
«Abbiamo sei frantoi e di questi quattro sono già aperti mentre gli altri due saranno operativi da questa settimana», dice Massimo Carlotti, presidente della cooperativa “Terre dell’Etruria” che, con i suoi circa 2.500 soci olivicoltori, è uno dei principali riferimenti del mondo dell’olio toscano. «Per primi sono partiti quelli più vicini alla costa, ossia Donoratico e Riparbella, perché nella zona litoranea la stagione inizia sempre un paio di settimane in anticipo rispetto alla Toscana interna – continua -. Poi è stata la volta dei frantoi di Montiano, nell’entroterra maremmano, e Vignale, sulle colline livornesi, e questa settimana entreranno in funzione anche quelli di Vinci e Montepulciano».
Discorso simile, a Cerreto Guidi, sulle colline fiorentine. «Pure noi siamo già aperti da qualche giorno, anche se per adesso non lavoriamo ancora a pieno regime, almeno un paio di settimane prima rispetto all’inizio tradizionale della stagione della raccolta che, in questa zona, di solito, comincia a metà ottobre», spiega Stefania Ancillotti del frantoio omonimo.
Funziona così dall’inizio degli anni Duemila. Praticamente da quando gli olivicoltori della regione hanno cominciato a puntare con forza più sulla qualità che sulla quantità grazie alla Igp dell’olio toscano, la denominazione ottenuta nel 1998 e che oggi, da sola, copre il 15% degli oltre 180 milioni di euro generati dall’impatto economico delle 32 produzioni certificate dello Stivale. Un risultato arrivato grazie ad un disciplinare stringente e al lavoro del Consorzio per la tutela dell’olio extravergine d’oliva toscano che ha indotto tanti olivicoltori del territorio regionale interessati ad ottenere la qualifica di Igp ad anticipare di qualche me settimana la raccolta: è vero, infatti, che ad inizio novembre i costi del frantoio, dove il prezzo è determinato dal peso delle olive, sono un po’ più bassi perché i frutti sono più piccoli, e dunque meno pesanti, ma l’olio prodotto è di minore qualità e può faticare a rispettare i parametri del disciplinare. Per altro la qualità sarà uno dei ponti di forza anche della stagione olivicola 2025, almeno stando alle previsioni degli addetti ai lavori.
«Le prime spremiture sono incoraggianti – riconosce anche la presidente regionale di Coldiretti Letizia Cesani -: le rese, infatti, sono di un paio di punti superiori alla media, al momento tra l’11% e il 12% e questo è un elemento determinante in una stagione in cui sulle piante ci sono meno olive rispetto all’anno scorso che, però, fu un’annata straordinaria». Non è un dettaglio quello sottolineato dalla numero uno della storica associazione degli agricoltori: la resa, infatti, è data dall’olio prodotto da un determinato quantitativo di olive. Se è al 12% vuol dire che, consegnandone un quintale al frantoio, si ottengono 12 litri di prodotto.
«In effetti nel 2024 la produzione fu straordinaria, di almeno un terzo superiore alla media, ma la resa è stata piuttosto bassa se è vero che non si è arrivati neppure al 10%», conferma Stefania Ancillotti. «È presto per fare previsioni perché abbiamo fatto pochissime frangiture, ma da queste emerge che, rispetto al 2024, la produzione è in calo di circa il 40%, ma la resa è superiore, in media di almeno un 1, 5 punti percentuali».
Il 2025 stata una stagione a luci e ombre. «È iniziata bene perché, grazie alle piogge di aprile e maggio, la fioritura è stata buona, ma il caldo di giugno ha seccato i germogli» spiega Ancillotti. «E ad inizio luglio è arrivata anche la mosca olearia, a causa dell’umidità del periodo» aggiunge Carlotti. I rimedi, però, ci sono: sia per le produzioni biologiche che per quelle tradizionali. «Chi è intervenuto preventivamente per la difesa delle coltivazioni si è salvato e avrà una produzione di qualità – conclude il presidente di “Terre dell’Etruria -: c’è un bisogno crescente di un’olivicoltura attenta nella difesa delle piante e dei frutti e nei concimi. Spesso fa la differenza».