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«Stiamo larghi con la testa», Bersani nel nome di Berlinguer

di Alessandro Pattume

	Bersani durante la mostra
Bersani durante la mostra

L’ex segretario dem al Mandela Forum benedice l’accordo per le Regionali in Toscana: «Lavoro e giovani le chiavi: basta ricatti, salario minimo e parità salariale»

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Pier Luigi Bersani arriva al Nelson Mandela Forum per l’incontro “Berlinguer, la società e la democrazia”, organizzato all’interno della grande mostra dedicata al leader del Pci scomparso nel 1984, e viene accolto da una platea gremita, pronta ad ascoltare quella che si rivelerà una lezione di storia della politica della sinistra italiana. Benedice il campo extralarge alle prossime elezioni regionali e detta la propria ricetta per un centrosinistra vincente, cui chiede il coraggio dell’ascolto e della mobilitazione. Soprattutto, però: «Stiamo larghi con la testa», dice Bersani spiegando ai presenti che le istanze e le coerenze che furono di Berlinguer non sono poi così diverse da quelle di cui ci sarebbe bisogno oggi.

Berlinguer e i giovani

È una lunga ricostruzione a ritroso quella che Bersani fa della politica della sinistra italiana partendo proprio da Enrico Berlinguer. Moderato dal direttore del Tirreno Cristiano Marcacci, e con il contributo del ricercatore Valerio Martinelli, l’incontro comincia dal successo della mostra (9000 visitatori in una settimana) e dall’attualità della figura di Berlinguer. È la domanda che si fanno tutti. Perché Berlinguer è così amato ancora oggi e anche dai giovani? «Secondo me, oltre a un’impressione sentimentale per la figura politica, c’è qualcosa d’altro – spiega – c’è un’idea di serietà e coerenza, di passione e anche un’intelligenza composta, di una politica che non sbraita, che ha il coraggio di guardare i fatti. È questo il messaggio che arriva». E da qui il primo spunto alla politica di oggi. «Non pensiamo mai che la nuova generazione voglia un partito sì accogliente ma insomma molto sfrangiato – dice – hanno bisogno di qualcosa di solido e di serio. Berlinguer trasmette questo, sostanzialmente. L’elemento della nuova nostalgia per una politica che non hanno visto. Dovremmo essere in grado di dargliene un po’di questa coerenza e di questa serietà. Bisogna che facciamo uno sforzo».

Una grande alleanza umanista

E come dargliela questa coerenza e questa serietà? Bersani cita “l’orecchio a terra” di Berlinguer, la capacità di intercettare le nuove istanze che emergono nell’atmosfera plumbea dell’Italia degli anni Settanta. «Se proviamo ad applicare quello sguardo lì alle cose di oggi verrebbe fuori che con la ripartenza delle politica di potenza, con il salto tecnologico, con la guerra, dovremmo fare una grande alleanza umanista, quella della sinistra, quella del personalismo delle religione e quello delle coscienze autenticamente liberali. Bisogna star larghi con la testa – dice – Non è tempo di pettinar le bambole con delle micragnerie da poco. Ci sono in gioco cose fondamentali».

Gaza e referendum

E con questo, più avanti, si aggancia all’attualità e tra Gaza e il referendum non le manda a dire. «Abbiamo passato un mese a dire la facciamo una manifestazione per Gaza? Ma via, vengono anche a piedi. C’è un popolo – sostiene Bersani – devi far capire che c’è un popolo. E non perdere l’attimo – aggiunge – abbiamo fatto un referendum e abbiamo perso ma non siamo coglioni, sapevamo che era scalare l’Everest e la gente sapendo che era l’Everest è andata lo stesso a votare. Dodici milioni e mezzo di persone sono una grande manifestazione virtuale sul mondo del lavoro. Ma la vuoi rilanciare il giorno dopo una piattaforma per il lavoro, farne il cuore dell’alternativa? Ci metti cinque o sei cose e fai una mega manifestazione. Il paradosso dei paradossi è che sono d’accordo sui temi Pd, Cinque Stelle e Avs. Cos’è che li trattiene? Pensare di portare a casa un punticino in più o in meno? Bisogna farsi guidare un po’dalla gente, provare a metterla in moto e vedere dove ti porta». Su alleanze e punticini tornerà ancora, spiegando che non c’è più tempo per tentennamenti e che bisognerà cambiare qualcosa anche a livello istituzionale perché le «concentrazioni di potere, oltre a deturpare la democrazia, alla lunga tirano la volata alla destra, perché loro la concepiscono bene la teoria del capo. Occupiamoci dei problemi strutturali».

Gli occhiali giusti e lavoro

Bisogna guardare nella giusta direzione e lottare per la chiave di volta. In due parole, giovani e lavoro. «Noi pensiamo che quando facciamo le cose i giovani non vengono a votare, ma poi all’ultimo referendum loro hanno votato di più – dice – Forse siamo noi che non andiamo da loro, forse non riusciamo a metterci gli occhiali giusti». Con gli occhiali giusti, bisogna rilanciare il tema del lavoro, il vero motore del popolo, della politica e della Costituzione italiana. «Bisogna farlo tornare soggetto – aggiunge – adesso è frantumato, massacrato, diviso in orizzontale e in verticale, ma nella nostra democrazia non possiamo fare a meno del soggetto lavoro». «Cominciamo a tirar via quelli ricattati e lottiamo per la parità salariale, per il salario minimo, per la formazione e la sicurezza. Ci vogliono delle norme, non possiamo chiedere ai sindacati di risolverla da soli, la legge sulla rappresentanza e contrattazione va fatta. Significherebbe tirare via milionate di persone dai ricatti lavorativi».

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