Il giallo
Maurizio Landini: «È questo modello di fare impresa a uccidere». Il segretario della Cgil attacca sistema e Governo
Il leader della Confederazione alla festa provinciale di Massa Carrara: «Stipendi fermi, pensioni insufficienti, mentre i profitti volano. La democrazia? È in crisi»
CARRARA. «Un modello di fare impresa che uccide». Non usa giri di parole il segretario generale della Cgil Maurizio Landini durante l’intervista con il direttore de Il Tirreno Cristiano Marcacci alla festa provinciale della Cgil di Massa-Carrara.
Un commento duro dopo l’ennesima strage di lavoratori, con tre operai morti nel Napoletano e un quarto nel Bresciano. «Stanno aumentando i morti sul lavoro, gli infortuni, le malattie professionali. Molti sono precari, in aziende in appalto o subappalto. Il sistema è fondato sul massimo ribasso, non si investe in salute e sicurezza che anzi viene considerata un costo. E quando la sicurezza è un costo, significa che stai mettendo in conto che qualcuno può morire».
In questa situazione per il leader della Cgil conta anche l’assenza di controlli: «Oggi abbiamo un numero di ispettori nel Paese tale che un’azienda viene controllata ogni 14 anni. E con questo governo si vuole che l’ispettore debba pure avvisare con 10 giorni d’anticipo. Sembra una barzelletta». Ma non è solo questione di controlli: «In Italia aprire un’azienda è facilissimo, ma in un sistema basato su appalti e subappalti le imprese serie vengono messe in concorrenza con i banditi. Noi chiedevamo la patente a punti: se hai troppi infortuni, non puoi continuare a lavorare. Invece si è introdotta l’autocertificazione».
Marcacci ricorda il caso in Toscana di un 76enne morto al primo giorno di prova. «È il paradosso di un Paese in cui si è poveri lavorando e si è costretti a lavorare anche dopo la pensione. Gli stipendi sono fermi, le pensioni insufficienti, mentre i profitti volano. Secondo Mediobanca, l’80% dei profitti aziendali dal 2019 non è stato reinvestito ma distribuito agli azionisti, spesso in speculazioni finanziarie o immobiliari. Questo crea ricchezza per pochi e povertà per tanti». Il segretario attacca anche sul fisco: «Un lavoratore dipendente paga più tasse rispetto a chi ha rendite immobiliari o finanziarie. Nel 2024, 17 miliardi di entrate in più vengono dall’Irpef, pagata da lavoratori e pensionati. Ma se aumenta il lordo, non è detto che aumenti il netto. Così si smonta il welfare e si spinge verso il privato». Non è solo una questione economica.
«C’è una crisi della democrazia: oltre il 50% non va a votare. Chi ha avuto governi di ogni colore e resta precario pensa che non cambi nulla. La destra sfrutta queste contraddizioni per rompere la solidarietà. Questo governo ha una cultura autoritaria senza precedenti: quando convoca i sindacati ne chiama 10, a prescindere dalla rappresentanza, delegittimando il sindacato confederale». Una visione autoritaria il leader della Cgil riscontra nella riforma della giustizia: «Il decreto Sicurezza colpisce chi protesta o sciopera. Se occupi la strada perché perdi il lavoro, rischi la galera. È un attacco ai diritti costituzionali. Berlusconi non era mai arrivato a tanto». Landini rivendica anche il senso politico dei cinque referendum sul lavoro, nonostante il mancato raggiungimento del quorum: «Dei 14 milioni di persone che hanno votato nessuno parla. Ma i giovani, tra i 18 e i 34 anni, sono stati la fascia più presente. Chi non ha capito il messaggio, non sono loro. In Emilia-Romagna, i sì al referendum sono stati più dei voti con cui il centrosinistra aveva vinto le regionali. Alla domanda su dove stia andando il Paese con le elezioni del 2027, Landini è netto: «La sanità va meglio? I salari sono migliorati? A me non pare. Aumenta la gente che non si sente più rappresentata». E in questo bacchetta il centrosinistra: «Serve tornare nei territori e parlare dei problemi veri: salario, sanità, casa, scuola».