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La dote

Può essere chiesta la restituzione dei soldi donati per il matrimonio

Può essere chiesta
la restituzione dei soldi
donati per il matrimonio

In caso di divorzio o annullamento: i consigli dell'avvocata Giulia Orsatti

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Buongiorno, in vista del mio matrimonio, mio padre ha versato un bel po' di soldi al mio promesso sposo. Purtroppo, dopo qualche anno, ho spiacevolmente scoperto che il mio coniuge aveva una seconda famiglia. Pensavo fossero cose che succedevano solo nei film. Chiaramente ho chiesto immediatamente il divorzio. È successo che tempo fa, rimettendo a posto dei documenti, ho trovato per caso la ricevuta del versamento che fece mio padre ed ho scoperto che come causale c’è scritto espressamente “Dote matrimoniale”. Mi si è accesa una lampadina nel cervello dei miei studi a Giurisprudenza e mi sembra che forse sono soldi che potrebbero essere recuperati. È corretto?

La dote, pur essendo un istituto oggi abrogato e non più vigente nel nostro ordinamento, ha comunque inciso profondamente sulla struttura del diritto di famiglia per molti anni. Si definiva “dote” quel complesso di beni o di crediti (cosiddetta “res uxoria”), che la moglie o la sua famiglia conferiva al marito al momento della celebrazione delle nozze tra i due nubendi ed era strettamente vincolata alla sorte del matrimonio.

La ratio dell’istituto, infatti, era quella di permettere alla moglie o alla famiglia della sposa di contribuire in qualche modo alle spese che sarebbero derivate dalla vita matrimoniale.

Si noti, invero, che la formulazione dell’articolo 177 del Codice civile , ante-riforma del 1975, sanciva nel nostro ordinamento il vecchio sistema patrimoniale legale della famiglia, ossia il sistema dotale. La dote era definita come segue: “consiste in quei beni che la moglie o altri per essa apporta espressamente a questo titolo al marito per sostenere i pesi del matrimonio”.

Si deve pensare, in proposito, che il matrimonio era visto come un contratto: alla moglie, all’epoca, solitamente non era permesso di lavorare all’esterno delle mura domestiche, né quindi, di percepire un proprio stipendio e di contribuire così al sostentamento materiale della famiglia con i proventi di una professione, dovendosi limitare alla gestione della casa familiare, all’accudimento del marito e all’educazione della prole. Al marito, viceversa, spettava l’obbligo e l’onere di proteggere e di mantenere economicamente la moglie e i figli che sarebbero nati dal matrimonio. La dote, pertanto, affermava e rendeva possibile la sinallagmaticità dello scambio che il contratto matrimoniale sanciva tra i due coniugi.

Ecco che, in un simile contesto, la dote era vista come un elemento necessario ed anzi, la storia e la letteratura ci insegnano come lo stesso istituto del matrimonio, il più delle volte, dipendeva proprio dalla consistenza del corredo dotale della futura sposa.

Prima del 1975, per altro, era possibile chiedere la restituzione dell’intero compendio dotale donato allo scopo di contribuzione e a condizione dell’esistenza del matrimonio stesso in caso di mancata celebrazione delle nozze, non esistendo ancora l’istituto del divorzio così come introdotto solo con la riforma predetta, momento stesso nel quale è scomparso l’istituto della dote.

Pertanto, posto che non potrebbe esistere, fortunatamente, la donazione definita come vera e propria “dote”, in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le somme regalate possono comunque essere richieste indietro poiché prive di scopo.

Inoltre, l’art. 785 c.c. dispone che “L'annullamento del matrimonio importa la nullità della donazione” e, con ciò, è possibile affermare che il denaro donato dal padre della sposa potrà comunque essere recuperato se il matrimonio venisse annullato.

Dato quanto precede, a seconda dell’interpretazione e del convincimento del giudice adito, è possibile che la somma donata con lo scopo di contribuzione della vita matrimoniale della figlia potrà essere restituita al donante nel caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio di cui si tratta, sia a seguito di divorzio, sia in conseguenza del relativo annullamento per accertata bigamia del coniuge-donatario.

Un limite che potrebbe essere incontrato nel caso qui esaminato, potrebbe astrattamente essere l’intervenuta interpretazione della donazione in parola come una cosiddetta “obbligazione naturale” che, per sua natura e regolamentazione ex art. 2034 c.c., non può essere richiesta in restituzione.

Servizio sportello legale: Il Tirreno si avvale della competente e qualificata collaborazione dello studio legale Depresbìteris-Scura. I professionisti di questo studio rispondono settimanalmente ai quesiti che arriveranno a sportellolegale@iltirreno.it.

 

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