Il Tirreno

Toscana

Il ricordo

Venticinque anni senza Fabio Danti, grande campione della montagna pistoiese

di Cristiano Marcacci

	Fabio Danti
Fabio Danti

Il 3 giugno 2000, durante la Caprino-Spiazzi, moriva in gara il pilota. Un sopraffino talento del volante a cui la “sua” montagna pistoiese deve molto

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PISTOIA. Il talento raffinato e affinato che accompagna alla perfezione e che arriva a sfidare le insidie e i rischi connessi all’automobilismo, che continua ad essere, in tutte le sue forme e discipline, uno degli sport più pericolosi al mondo.

Era questo Fabio Danti, a cui le quattro ruote e la sua montagna pistoiese tributano doverosamente un inchino nel giorno in cui ricorre il venticinquesimo anniversario della morte in gara (a soli 32 anni), tra le lamiere accartocciate di un prototipo rivelatosi improvvisamente traditore lungo una di quelle salite che al passaggio del campione di Cutigliano sembravano quasi farsi d’un colpo dei rettilinei, senza curve a gomito, senza tornanti, senza dossi, come volessero rispettare il transito del migliore.

Nessuno lo avrebbe mai detto. Nessuno lo aveva pensato. Danti, nel pieno della sua maturità umana e agonistica, si stava cucendo addosso il vestito dell’invincibilità e fu proprio questo che un destino maledetto e beffardo volle subito sporcare e lacerare. È trascorso un quarto di secolo, ma quella giostra fatale di telefonate con grida, urla disperate, lacrime e singhiozzi che cominciò a fare il giro delle famiglie di mezzo Appennino sembra risalga a ieri. Oggi si celebrano anche le nozze d’argento della convivenza di tanti con un cuore ferito destinato a non guarire mai più. I sogni, la simpatia, l’arguzia, la disponibilità verso il prossimo: tutto si spezzò alle 17,18 del 3 giugno 2000 (era un sabato) in provincia di Verona, in occasione della cronoscalata Caprino-Spiazzi, valida quale prova del campionato italiano di specialità. La storia del campione amico di tutti si disintegrò nel giro di una manciata di secondi, vittima di un dramma che si consumò a 100 metri dallo striscione del traguardo, e per giunta sotto gli occhi del costruttore Enzo Osella, colui cioè che aveva affidato proprio a Danti il suo nuovo prototipo e colui che negli anni successivi evitò sempre di affrontare l’ipotesi secondo cui l’incidente fosse stato causato o “agevolato” da un guasto meccanico o da un cedimento strutturale.

Cosa successe lo sa solo Fabio e la verità l’ha portata con sé. È certo che Danti, già pluricampione italiano ed europeo, stesse rincorrendo la sua ennesima vittoria. E per farlo, come sempre gli capitava, non faceva alcuno sconto al contachilometri. Imboccò a fortissima velocità (fu calcolato che in quel punto i bolidi raggiungessero anche i 240 orari) l’ultima curva del tracciato. La impostò da maestro, con l’intenzione ovviamente di sfruttare tutto l’asfalto a disposizione, ma l’auto si scompose. C’è chi disse per colpa di un problema meccanico, chi perché Danti commise l’errore di mettere le ruote di sinistra sul prato. La tragedia, comunque, ebbe inizio da lì: nonostante Fabio le provò tutte per cercare di ricomporre la traiettoria della sua Osella, non ce la fece e si trasformò nel prigioniero di una bara che si schiantò prima nel guard-rail a bordo strada, abbattendolo, poi contro un albero. Un sipario di colore nero andò così a chiudersi sulla Caprino-Spiazzi, che venne subito sospesa, sulla diciottesima edizione del Rally degli Abeti a San Marcello Pistoiese, i cui piloti, in segno di cordoglio, decisero di concludere la gara in anticipo e sulla straordinaria favola del campione dal sorriso sempre pronto e coinvolgente.

«Mi ricordo ancora benissimo – racconta Giuseppe Montagna, sindaco del Comune di Abetone dal 1999 al 2009, anno in cui lasciò lo scranno di primo cittadino a Giampiero Danti, il padre di Fabio – quel maledetto pomeriggio. Ero in Comune e mi trovavo nel mio ufficio. Mi chiamarono in diversi per dirmi cos’era successo da poco in provincia di Verona. Fu un vero e proprio choc, unito a un’ondata di incredulità. Non ce la feci a rimanere in municipio, presi la borsa e me ne andai. Proprio pochi mesi prima, nel 1999, ebbi l’onore, in qualità di sindaco “fresco” di elezione, di dare il via alla gara automobilistica di velocità in salita “Lima-Abetone” e Fabio era tra i partecipanti. Nell’abitacolo di un’auto era un’autentica forza della natura, sulla neve poi era impossibile tentare di stargli dietro. Un gran bravo ragazzo, dinamico, sempre cordiale. Ci manca».

«Ripensando a Danti – afferma Graziano Nesti, il quale nel giugno 2000 era il sindaco del Comune di Cutigliano – il primo ricordo che mi viene in mente è quando Fabio vinse il primo titolo europeo di salita. Come amministrazione comunale facemmo affiggere dei manifesti “Bentornato campione”, lui non se l'aspettava. Mi venne a ringraziare in Comune quasi incredulo. Per me era il minimo che potevamo fare. In seguito lo premiammo per i suoi straordinari successi». Quando cominciò a correre anche con la Skoda ufficiale, aveva il problema di provare e mettere a punto le macchine. «Fu così – ricorda sempre Nesti – che concordammo la chiusura di un tratto di strada della Doganaccia in orari particolari per dargli questa opportunità. Questo contribuì, penso, a fargli conoscere e guidare quella vettura in modo migliore. Un altro ricordo è legato alla mia rielezione a sindaco nel secondo mandato, allorché ricevetti un biglietto di congratulazioni inaspettato da Fabio con bellissime parole di stima e affetto. Ora, che per volontà della famiglia, ho l'onore di presiedere l'associazione “Fabio Danti Asd”, tanti sono i ricordi dei suoi successi e delle sue straordinarie qualità».

Ed è proprio l’associazione “Fabio Danti Asd” che domenica 8 giugno, dalle 9 in poi, in ricordo del campione di Cutigliano, organizza la prima edizione del Memorial Fabio Danti (un raduno di auto storiche e sportive moderne) nel piazzale a lui intitolato a Ponte Sestaione, a pochissime decine di metri dalla casa di Fabio, quella dove tuttora abitano i suoi genitori, straordinarie persone che rispondono ai nomi di Giancarla e Giampiero. Che questi ultimi abbiano sempre la consapevolezza dell’orgoglio di cui possono fregiarsi per aver messo al mondo un campione capace di rendere partecipi tutti delle emozioni rincorse, costruite e godute.




 

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