Paolo Crepet dopo la morte di Martina: «Vi spiego tutti gli sbagli dei genitori, vengono ai miei spettacoli per pulirsi la coscienza»
Lo psichiatra, sociologo, saggista e volto tv non fa sconti a nessuno, nemmeno a se stesso. «Quelli bravoni, i cervelloni, dicono che sono un boomer, io me ne sbatto e continuo a dire le cose che penso». La differenza tra i social e i Lego
«Se ho speranza nel futuro? Non molta, ma un po’ ancora sì. Altrimenti non girerei l’Italia con il mio spettacolo “Mordere il cielo” sgolandomi ogni sera, non mi incazzerei al telefono con lei parlando dell’ennesimo orrore. Me ne sbatterei e a 74 anni starei nella mia comfort zone, come fanno tanti ragazzi e ragazze. Però non ci prendiamo in giro: il problema dei giovani nel nostro Paese esiste e va affrontato, ma sul serio, altrimenti tra 20 anni saremo allo stesso punto di oggi, che è lo stesso di 30 anni fa quando l’Italia rimase scioccata, almeno a parole, dall’omicidio di Erika e Omar a Novi Ligure». Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, saggista e volto tv, non fa sconti a nessuno, nemmeno a se stesso. «Quelli bravoni, i cervelloni, dicono che sono un boomer, io me ne sbatto e continuo a dire le cose che penso».
Professore, quando si parla di femminicidi sembra di parlare delle morti sul lavoro. Ogni volta si dice mai più, si fanno iniziative e poi accade di nuovo, magari anche con tragedie peggiori della precedente...
«Mio padre faceva il medico del lavoro quando ogni anno in Italia morivano migliaia di persone. Lo sa perché succedeva? Perché di quelle persone non importava nulla a nessuno. Lo stesso succede ore con gli incidenti stradali e i femminicidi. Ci lamentiamo di cose che abbiamo creato noi. Se costruisci una macchina dove mentre guidi hai uno schermo dal quale puoi chiamare, guardare la tv, inviare mail, messaggi è ovvio che ti distrai. Noi allo stesso tempo diamo l’opportunità ai figli di crescere con Tik-Tok e uscire da soli la sera a 12 anni. Le pare possibile? ».
Ma così non si colpevolizzano le vittime?
«Purtroppo qui siamo tutti vittime e assassini. Moralmente dico. Poi ci sono le sentenze del tribunale e quello è un altro piano».
Dunque che fare?
«Cambiare tutto, e lo dice uno che non è Vannacci, sia chiaro. Ma purtroppo dietro ci sono interessi biechi. I cento trimilionari cosa vogliono? Che Tik-Tok si allarghi. È il mercato rispetto al quale ci siamo genuflessi. Ha visto che fine ha fatto la flat tax? Sparita. Eppure basterebbe poco: basta fare come in Francia dove lo Stato ha deciso di disciplinare la scuola: fino alla terza media non si usano i cellulari così eviti di diventare un idiota».
Se fosse tutta colpa dei social...
«Se uno ha un profilo social a 11 anni c’è un problema. Non prendiamoci per i fondelli, perché di fronte a una morta ammazzata almeno la dignità di non raccontarci le balle tra noi. Una ragazzina a 13 anni è una bambina e un ragazzino è bambino. Dicono che non è più così? Portatemi una tac. Il problema è che se uno va sui social è figo, se gioca con i Lego è sfigato. Invece è il contrario, perché usando quei mattoncini crei dei mondi colorati e sempre nuovi. È uguale a scrollare su uno schermo?».
Non è che tutti quelli che usano i social poi uccidono..
«Certo che no. Ma è un problema di educazione. A 13 anni la sera si sta a casa. A 14 non ci si ubriaca o si fumano le canne, con i genitori che sono ad aspettare i figli a 400 metri di distanza. Io se a 13 anni fossi uscito di casa da solo di notte adesso non sarei qui».
Quindi è colpa dei genitori?
«I genitori di oggi tra 40 e 50 anni sono i peggiori. Li vedo ai miei spettacoli dove dico queste cose: si siedono, applaudono e il giorno dopo fanno peggio. Mi chiedo: cose sei venuto a fare? A ripulirti la coscienza? Sto generalizzando, perché poi qualcuno mi scrive o magari cambia atteggiamento, ma sono una minoranza».
Ma nel concreto dove sbagliano?
«Ai figli hanno creato una comfort zone da 0 a 60 anni sperando poi di risolvere la situazione economica con l’eredità dei nonni. Così non devono studiare e non devono impegnarsi. Invece c’è un’alternativa: ho conosciuto le ragazze di Luna Rossa, giovani donne che girano il mondo in barca a vela, che hanno passioni, che sanno cosa sia la fatica. Loro si troveranno meglio, sono un esempio».
C’era l’idea di inserire a scuola le lezioni di emozioni per combattere le violenze. Cosa ne pensa?
«La scelta giusta per uscire dal dramma senza sensi di colpa. Cosa abbiamo fatto oggi? Tre ore di lezione d’amore. Così ci laviamo la coscienza. Basta, finiamola. Che facciamo, l’ennesima fiaccolata? Rispetto per chi non c’è più. Abbiamo celebrato la serie “Adolescence”, ma nessuno ha però ragionato sul suo significato, sulla storia. Siamo in un baratro per puro egoismo, per pace sociale, perché non vogliamo sentire il peso di tutta questa cosa. Questa sera decine di migliaia di ragazzine a 13 anni usciranno, non alle nove, a mezzanotte. Non ho mai conosciuto un padre che si mette davanti alla porta. Anzi, quel padre o quella madre non solo aprono la porta e gli dicono “Divertiti”, ma gli danno pure 100 euro. La colpa è di chi sceglie di star zitto, di far l’indifferente, di chi sceglie di dire: “Ah, ma chissà da quale famiglia è venuto fuori quello lì, noi siamo un’altra cosa”. Non abbiamo ascoltato Pasolini 40 anni fa, quando parlava del Circeo e adesso siamo qua».