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Il dopo Francesco

Tanti “bergogliani” ma non monolitici e il sud del mondo peserà: perché l’esito del Conclave non è scontato

di Evaristo Sparvieri
La Cappella Sistina
La Cappella Sistina

Nella Cappella Sistina si ritireranno i 135 cardinali elettori per la scelta del nuovo pontefice: i possibili outsider

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Gli occhi del mondo sul Vaticano, con oltre 2000 media accreditati. E tutto il mondo cattolico chiuso nella Cappella Sistina, dove 135 cardinali elettori sceglieranno il futuro pontefice, successore di Francesco, il Papa venuto dalla fine del mondo che ha lasciato un segno indelebile nella Chiesa Cattolica. Continuità? Oppure un cambio di rotta verso un pontificato più conservatore?

La geografia

Di certo il prossimo conclave, che si terrà fra il 5 e il 10 maggio, sarà uno dei più rappresentativi dal punto di vista delle diverse culture all’interno della Chiesa: 135 i cardinali elettori, 108 dei quali indicati come “bergogliani”, provenienti da 71 diversi Paesi del mondo. Sono 53 i cardinali elettori europei, seguiti dai 16 dell’America del Nord, 4 dall’America centrale, 17 dall’America del Sud, 18 dall’Africa, 23 dall’Asia e 4 dall’Oceania. L’Italia, con 17 cardinali elettori, sarà il Paese più rappresentato, aumentando la suggestione di un Papa italiano, seguito dagli Stati Uniti (10) e dal Brasile (7).

Ma dietro ai numeri e alla geografia, in realtà, si celano pensieri, riflessioni, affinità e una strada da tracciare per la Chiesa del domani, all’insegna di un magistero fatto di teologia, spiritualità e “affinità politiche” vaticane sui temi che da sempre caratterizzano la religione cattolica nella sua storia bi-millenaria. È sulla convergenza verso queste prospettive che si nasconde la scelta del futuro pontefice. E sarebbe un errore pensare che la pattuglia dei “bergogliani” rappresenti un gruppo monolitico, senza contare che spesso le minoranze si organizzano per tempo per tentare “ribaltoni”. E senza dimenticare che, come fu in parte per lo stesso papa Francesco, ci sono outsider pronti a raccogliere consenso. Un peso non indifferente lo potranno avere i cardinali del cosiddetto sud del mondo: Asia, Africa e, in parte minore, America Latina, i cui cardinali sono saliti al 50% rispetto al 36,5% del conclave del 2013, quello in cui venne appunto eletto Bergoglio. Nel nominare i “suoi” cardinali, papa Francesco sembra inoltre avere avuto un indirizzo preciso, prediligendo profili pastorali e vescovi periferici, piuttosto che teologi e canonisti. Una direzione che non gli ha risparmiato critiche feroci all’interno della Chiesa e che ora, nella scelta del suo successore, potrebbe avere un suo peso.
Per avere il nuovo Papa, in ogni caso, serviranno i 2/3 dei voti. Con 135 cardinali elettori il quorum è di 90 (in realtà il cardinale arcivescovo emerito di Valencia, Antonio Canizares, non parteciperà «per ragioni di salute», ha reso noto l’Arcivescovado di Valencia). Quanto ai nomi, al momento il ventaglio sembra ampio e si resta nel campo delle suggestioni, sebbene è innegabile che le manovre, anche lontano dal Vaticano, siano iniziate.

Tra i cosiddetti “papabili” il primo nome che viene in mente è quello di Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede dal 2013, considerato progressista e molto vicino a Papa Francesco, che ha svolto un ruolo cruciale nel ristabilire il contatto diretto tra la Santa Sede e Pechino nel 2005. Fra i conservatori, invece, un nome in grado di attirare consensi è quello cardinale Raymond Burke, esponente della frangia più ortodossa e intransigente. Un Papa Nero? Su questo versante si fa strada il nome del 65enne Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa noto per essere promotore delle politiche per i poveri in opposizione al presidente Félix-Antoine Tshisekedi Tshilombo. Posizioni differenti, invece, per Robert Sarah, guineano, figura conservatrice di spicco, già prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino.
Spostandosi in Asia, molti pensano al cardinale di Manila, Luis Antonio Gokim Tagle, da molti acclamato come “il Francesco asiatico”. Fra gli italiani, di certo un nome di spicco è quello del cardinale Pierbattista Pizzaballa, bergamasco oggi arcivescovo di Gerusalemme, così come quello di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, presidente della Conferenza episcopale italiana e vicino alla Comunità di Sant’Egidio.

Ma i nomi in ballo sono tanti: Philippe Aveline, arcivescovo di Marsiglia; Mario Grech, maltese; il portoghese José Tolentino de Mendonça; Péter Erdo, 72 anni, arcivescovo di Budapest e primate d’Ungheria; Reinhard Marx, 71 anni, arcivescovo di Monaco e Frisinga, scelto da Francesco come consigliere chiave nel 2013; Marc Armand Ouellet, 80 anni, canadese, ha guidato l'influente ufficio vescovile del Vaticano per oltre un decennio.
Guardando agli Usa, ci sono Wilton Gregory, arcivescovo di Washington, e Blase Cupich, arcivescovo di Chicago. In quota Sud America non si escludono le candidature di Sérgio da Rocha, arcivescovo di San Salvador de Bahia, e Leonardo Steiner, arcivescovo di Manaus. E se fosse un giovane? Il l più giovane cardinale creato da Francesco è l’ucraino Mykola Bychok. Classe 1980, a 45 anni è diventato cardinale nel Concistoro del 7 dicembre 2024, sottraendo al cardinale Giorgio Marengo il titolo di cardinale più giovane nella storia della Chiesa Cattolica.

Quel che è certo è che, una volta entrati i cardinali elettori nella Cappella Sistina, la porta verrà chiusa e nulla arriverà al mondo esterno se non la “fumata” dal comignolo. Extra omnes. Dopo l’elezione il prescelto sarà chiamato ad accettare, quindi avverrà la proclamazione, con il ritiro nella “Stanza delle lacrime”, la sacrestia della Cappella Sistina, per indossare per la prima volta la talare bianca e i paramenti, con i quali si presenterà in pubblico dalla Loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro, da 267esimo pontefice e vescovo di Roma. In attesa del celebre Habemus Papam.

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