Ripartire dalla bellezza
“Il Tirreno”, una grande storia e un futuro avvincente
A Livorno c’è sempre una “bella aria” – come ricordava spesso Carlo Azeglio Ciampi. Le persone sono franche, aperte, il libeccio spazza via i pensieri, il carattere smorzato dal salmastro è sornione ma può fare balzi e sorprendere, l’ingegno è vivace. I contenitori al porto? «In qualche modo si farà, voleranno» diceva il vecchio console dei portuali Italo Piccini. E volavano davvero. La Madonna sorveglia dal colle di Montenero, protettiva, avvezza a concedere grazie.
Questo per dire che accolgo la nomina a direttore del Tirreno con una certa levità, nonostante sia l’incarico più gravoso che mi sia capitato nei miei 36 anni di giornalismo. So che tutti insieme faremo del nostro giornale un’ammiraglia dei quotidiani locali e regionali.
C’è un peso, il peso della storia. Ma non opprime, semmai è uno stimolo venire dopo i grandi direttori che si sono succeduti alla guida del giornale nei suoi 148 anni di vita.
Giuseppe Bandi, primo direttore del “Telegrafo” che è l’antesignano del Tirreno, nel numero d’esordio il 29 aprile 1877 scriveva: «Questo giornale narrerà le battaglie, i fatti d’arme, le avvisaglie, i diavoletti e tutto quanto avvenga di clamoroso in questo povero trambasciato mondo». Ma, avvisava, «non si ristringerà a occuparsi a rigor di termine solo delle cose che accadono in lontananza, perché ogni sera farà così, di volo, un breve cenno alle faccende di casa, dicendo ciò che si fece e ciò che non si fece intramurae».
Non era già questo il manifesto di quel neologismo coniato un secolo e passa dopo, “glocal”, per descrivere un fenomeno che è allo stesso tempo globale e locale?
E non è stato un livornese, Mario Lenzi, a inventare i giornali “glocal”, partendo proprio dal Tirreno, un secolo dopo Bandi? Giornali nati da geniali intuizioni e ancora attuali. «È l’ invenzione del giornale locale a misura di una idea di Italia più moderna: locale, senza esser strapaesano. Locale, di servizio ma completo: era la scuola di Paese Sera della quale Lenzi era stato vicedirettore» spiegò l’avvocato Giuseppe Angella, a lungo amministratore delegato del Tirreno.
Entro nella stanza dei direttori «in punta di piedi» come scrisse Luigi Vicinanza, «col rispetto che merita questo giornale» annotò Luciano Tancredi. Per Bruno Manfellotto era «un po’ come tornare a casa», perché già a “Paese Sera” era circondato da livornesi e toscani. Il compianto Omar Monestier, da alpino ossequioso, definì il Tirreno «un’Istituzione», Fabrizio Brancoli «una comunità» e «la mia seconda famiglia». Sandra Bonsanti pur venendo da una prestigiosa storia professionale salì i gradini della scala elicoidale di viale Alfieri con «deferenza» e «imbarazzo» (anche perché temeva che le nuocessero i suoi natali pisani… come confidò a Cristiano Marcacci). Roberto Bernabò si insediò poche ore dopo lo scoppio del treno alla stazione di Viareggio, la sua città. L’editoriale d’esordio più bello fu il suo: la battaglia che ingaggiò quotidianamente per rendere giustizia alle 32 vittime della strage. Stefano Tamburini chiosò sulla «necessità vitale di informare», senza compromessi. E poi Luigi Bianchi, Ennio Simeone, Carlo Lulli, Lenzi…. Quanti Maestri sono passati da queste stanze…
Queste sono le nostre radici, da cui trarre la linfa per disegnare un futuro. Sembra un’ovvietà, ma sappiamo tutti già adesso – senza che ci siamo nemmeno parlati in redazione - che non dobbiamo fare altro che… essere il Tirreno. Pervasivi e capillari nelle nostre città e nei nostri territori. Protagonisti e animatori delle comunità. Critici quando serve, con quello spirito garibaldino che ci viene dal nostro fondatore ottocentesco. Autorevoli, come deve esserlo un giornale che è leader in mezza Toscana. Identitari, perché veniamo da una storia, abbiamo una matrice: il rispetto dei valori costituzionali e il rifiuto di ogni forma di fascismo o sopraffazione.
Marco Fortis è un economista che leggo sempre volentieri perché propone una lettura dei fatti economici e sociali diversa, confutando il disfattismo imperante e portando alla luce una realtà migliore della sua percezione. Fortis ha paragonato l’Italia al calabrone che, secondo la leggenda, in base alle sue caratteristiche fisiche non dovrebbe essere in grado di volare, eppure vola.
Ecco, così come l’Italia che - in questo “mondo trambasciato” (per citare Bandi) da Trump, Putin, la minaccia dei dazi, la crisi dell’Europa, l’apocalisse climatica, le migrazioni epocali, le disuguaglianze crescenti - comunque “vola”, noi ci sentiamo un po’ quel calabrone. Un giornale che innova, sperimenta, si avventura in territori inesplorati. Forte di una storia che è garanzia di autorevolezza, di notizie verificate prima di essere scritte, di immagini vere e non frutto dell’intelligenza artificiale. Scuola2030, Tirreno Blu, Appennino Green, Campioni sono i progetti con cui andiamo a rafforzare l’attività tradizionale del quotidiano d’informazione. Il digitale proseguirà il suo impetuoso sviluppo, andando a sperimentare nuovi linguaggi e piattaforme social e a migliorare numeri già da primato. E presto ci vedremo nelle città toscane con un ricco programma di eventi per ricreare “un rapporto sentimentale” tra i lettori e il loro giornale. Qualcosa che va oltre l’acquisto di una copia in edicola o di un abbonamento sul web.
Ringrazio l’Editore per la fiducia che mi ha accordato: insieme abbiamo definito un piano di sviluppo editoriale che traccia la rotta perché il giornale sia sempre più radicato e forte in Toscana. Davanti a noi abbiamo una regione straordinariamente bella da raccontare, ascoltare, capire. La bellezza, quella “terribile bellezza” di cui parlava Salvatore Settis per i 140 anni del giornale citando Yeats. Che è anche la bellezza di scrivere, di leggere, di informarsi, di vivere nella regione più bramata e cliccata al mondo.
Con il vicedirettore Cristiano Marcacci, da cui ricevo il testimone e che stimo per la competenza e la passione che mette nel giornale, con i capiredattori, la redazione, i collaboratori, i fotografi e i poligrafici ripartiremo proprio dalla bellezza di questo mestiere.