Prato, in classe erano 24 e solo 5 italiani. Un alunno dieci anni dopo: «È stata una ricchezza» – Video
Giovanni Silvetti oggi ha 19 anni: «A me quell’esperienza ha lasciato una grande facilità nei rapporti». L’assessore Ilaria Santi: «Ministro Valditara vieni a trovarci, da 30 anni abbiamo aule plurali. Si può fare»
PRATO. Sono passati dieci anni. Quei ragazzini, timidi o estroversi, esitanti o belli garosi, oggi sono al primo anno di università. Alcuni di loro perché di altri non si sa, se ne sono perse le tracce. Potrebbero essere a Prato, in un altro paese d’Europa o dall’altra parte del mondo. Di sicuro però ognuno di loro ha dentro il cuore quella classe, della scuola Cesare Guasti di Prato, in cui il mondo è andato direttamente a trovarli ed è stato il loro compagno di banco.
Il video di 10 anni fa
A raccontarcelo furono la documentarista Eleonora Orlandi e l’insegnante Maria Paglia che con un video portarono fuori dalle mura di quella classe, una delle tante nella Prato già multietnica, una storia di inclusione o semplicemente di amicizia tra ragazzini. In quella quarta c’erano 24 bambini, di cui solo cinque ”italiani”, se per italiani si intende con la cittadinanza. Gli altri erano figli di genitori stranieri nati in otto paesi diversi (Bangladesh, Pachistan, Romania, Cina, Marocco...) o loro stessi appena arrivati dall’altra parte del mondo.
Uno dei quegli alunni
Giovanni Silvetti oggi ha 19 anni, è iscritto al Dams a Bologna, ed è uno dei quei cinque bambini. Fa fatica a ricordare i suoi compagni di classe per nazionalità perché per lui, oggi come allora, erano semplicemente «i suoi compagni di classe».
«Ricordo che, grazie alle maestre, i rapporti erano molto sereni, facevamo lezioni interattive e ci vedevamo anche fuori: andammo insieme al Capodanno cinese e una volta, in piazza del Comune, a un evento con tutte le bandiere del mondo. A me quell’esperienza ha lasciato una grande facilità nei rapporti. Vivevamo esperienze che per noi erano scontate, non c’erano ostacoli nei rapporti. L’unica volta in cui mi feci delle domande fu quando in un video parlavano i nostri genitori, la telecamera entrò nelle nostre case: io pensavo che tutti avessero una cameretta come la mia e invece mi resi conto che non tutte le situazioni abitative erano uguali». Giovanni tornasse indietro, sceglierebbe di rifare quell’esperienza. «Alcuni amici li vedo ancora, due di loro con frequenza: uno è italiano, Alessandro, l’altro, Christian, è di origine nigeriana. I compagni cinesi invece non li ho rivisti».
L'appello dell'assessora
Le insegnanti, alle scuole medie, gli dicevano che era bravo nell’interazione con gli altri. «Lì la situazione era più complessa, non per i paesi di provenienza ma per le problematiche personali che alcuni compagni avevano». «La differenza la fa la lingua», commenta Ilaria Santi, assessora alla pubblica istruzione a Prato e anche lei insegnante. «Chiediamo al ministro Valditara, senza spirito polemico, di venire a trovarci. Noi ci confrontiamo da 30 anni con le classi plurali. I bambini che hanno cominciato le scuole qui sono italiani a tutti gli effetti. Ci sono difficoltà quando arrivano a metà anno senza conoscere la lingua. Per questo chiedo a lui, chiedo risorse umane, insegnanti di lingua che possano fare un lavoro di medicazione linguistica».
Certo non tutto è rosa. Lo dice Giovanni e lo ripete l’assessora. «Ma con la buona volontà tutto si risolve e senza pregiudizi tutto diventa facile da affrontare».