Maria, colpita dalle manganellate a Firenze: «Venti giorni di prognosi ma non mi zittiranno, torno in piazza»
La ragazza fiorentina, simbolo della protesta e delle cariche violente agli studenti, sabato tornerà a manifestare: «Vogliamo denunciare ciò che succede a Gaza»
FIRENZE. Le hanno dato una prognosi di 20 giorni, ma Maria è tornata in piazza. L’ha conosciuta tutta Italia, tutto il Paese ha visto il volto rigato dal sangue di questa ragazza. Eppure è tornata in piazza. Ci tornerà. E dice di farlo per «i palestinesi» prima di tutto. Non tanto e solo per rivendicare il diritto a dire la sua. La giovane, rimasta colpita da un manganello durante la manifestazione pro-Palestina del 23 febbraio, durante l’assemblea pubblica in Santissima Annunziata parla al megafono insieme ad altri studenti che, come lei, hanno a cuore la causa palestinese. Nonostante il dolore, i segni ancora evidenti sul viso, in lei c’è la voglia di ritornare a far sentire la sua voce. Ad un patto, però. «Il mio caso non è il primo, purtroppo. Ma dobbiamo continuare a parlare di quanto sta accadendo al popolo palestinese, dobbiamo fermare il genocidio. Spero che alla manifestazione di sabato ci saranno molte più persone rispetto a quella passata». Certo, quegli scontri, i manganelli usati dalla polizia a Pisa e a Firenze hanno fatto scalpore, perfino il presidente della Repubblica ne ha parlato come di un «fallimento» dello Stato. Proprio ieri da Roma è arrivata la notizia di una dirigente di polizia a capo di un reparto mobile fiorentino impegnato nella gestione dell’ordine pubblico trasferita ad altro incarico. E sebbene Viminale e questura smentiscano un collegamento con la vicenda di Pisa, i ragazzi sanno che è impossibile non leggerla come una mossa politica, riparatrice.
«Non sarà un manganello e qualche denuncia a fermare la nostra voce, per questo ci troveranno sotto il consolato Usa», dice Maria, che invita studenti e studentesse, nonché lavoratori, a partecipare ancora una volta al presidio che si terrà sabato 2 marzo, alle 18, proprio davanti al consolato americano sul lungarno Vespucci, «perché non può vincere la paura. Non possono vincere i manganelli. Perché di fronte all’orrore che quotidianamente si consuma a Gaza sentiamo dentro di noi il dovere di non rimanere indifferenti. Perché di fronte alle violenze della polizia di Firenze e di Pisa rivendichiamo il diritto di manifestare, di esprimerci, di protestare». Dopo Maria, tante altre persone prendono la parola. Da alcuni studenti e studentesse appartenenti al collettivo del liceo Machiavelli-Capponi, tra i primi istituti ad esporsi dopo i fatti («abbiamo attaccato foto di Gaza che mostravano la distruzione e la morte di quei luoghi, preside e vicepreside hanno dato l’ordine di staccare e buttare tutto»), fino ad alcuni alunni dell’Università di Pisa, anche loro presenti. Ciò che accomuna il centinaio di studenti che hanno deciso di partecipare all’assemblea pubblica è la volontà di non accendere i riflettori solo sugli scontri con le forze dell’ordine. L’attenzione, secondo loro, deve rivolgersi alla causa palestinese. «In questi giorni ne abbiamo sentite di tutte. C’è chi strumentalizza e chi condanna, ma quel che ci preme è che le manganellate e le denunce non prendano il sopravvento su quanto ci interessa, ovvero la guerra», sottolinea un ragazzo venuto da Pisa. Gli studenti sono arrabbiati e amareggiati, ma non vogliono fare un passo indietro. Il manganello fa ancora male sul volto di Maria. Ma nemmeno lei dice che si lascerà intimidire. «Sabato io torno in piazza».