Il Tirreno

Toscana

Il personaggio

Paola Turci e la sorpresa nel carcere femminile di Sollicciano, il concerto improvvisato poi il messaggio: «Cantate per regalarvi un pezzo di felicità»

di Cristiano Marcacci
Paola Turci durante il concerto improvvisato e nella foto di gruppo con le detenute di Sollicciano
Paola Turci durante il concerto improvvisato e nella foto di gruppo con le detenute di Sollicciano

La visita della cantante e attrice: «Qualunque cosa accada, amatevi lo stesso»

31 gennaio 2024
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SOLLICCIANO (FIRENZE) La leggerezza che s’inerpica fino a diventare consistenza e robustezza. Con l’aiuto della musica, del canto e delle parole conquista quella profondità capace di entrarti dentro, di farti svoltare la giornata e di farti riacquisire la fiducia nel futuro. La canzone che abbatte i muri della reclusione, che scioglie come acido le sbarre di un presente che ti soffoca, ti annienta.

Può essere racchiuso in queste poche parole lo straordinario regalo che la cantautrice Paola Turci, già protagonista nelle settimane scorse del concerto pro-alluvionati organizzato al Tuscany Hall da Stefano Massini, Piero Pelù e Fiorella Mannoia, ha voluto fare a una parte delle detenute del carcere femminile di Sollicciano a Firenze, dove si è presentata in compagnia di Enzo Brogi, ex consigliere regionale ed ex sindaco di Cavriglia, promotore dell’evento nella casa circondariale, e della chitarra sua partner fissa da ben 24 anni. «Mi ha accompagnato per due volte in Vietnam – ha raccontato Paola –, a Lourdes e in varie occasioni ad Haiti, tra i luoghi del mondo dove imperversa di più la miseria. E poi è stata con me già una volta qui, in carcere a Sollicciano. Era il 2015 se non ricordo male. Mi sembra ieri, ma sono passati già diversi anni».

Non è facile strappare sorrisi e applausi alla vita in quella stanza dove il quotidiano riesce a farsi straordinario per un paio d’ore. Ma Turci è una delle poche che può riuscirci, e infatti ci riesce. Il suo mini concerto in carcere non può che aprirsi con “Il cielo in una stanza” e con quell’armonica pronta a vibrare. Ed emozioni e sensazioni non si fanno attendere e cominciano a vibrare senza un attimo di tregua. «Per tutti, e anche per voi in questa situazione – sottolinea Turci – è fondamentale cantare, non solo parlare. Tutti sanno cantare, ricordatevelo. Si può essere più o meno intonati (questa è un’altra cosa), ma tutti sappiamo, e dobbiamo, cantare. Perché cantare fa bene, ci fa andare incontro a spaccati di felicità».

Tra battute, interconnessioni con le detenute e con le agenti di polizia penitenziaria questo insolito primo pomeriggio tra le pesanti mura di Sollicciano, a cui Il Tirreno ha avuto il privilegio di assistere grazie alla disponibilità della direttrice dell’istituto Antonella Tuoni, sembra volar via in un battito d’ali. E Paola canta appunto “Volo così” (“E mi riprendo i sogni, le speranze, le illusioni, tutto quel che sai di me...”), il brano con cui la cantautrice si è psicologicamente affrancata dalle conseguenze del pauroso incidente stradale in cui rimase seriamente ferita il 15 agosto del 1993. E poi la mitica “Bambini” (1989), “Fatti bella per te” e “Questione di sguardi”. Una rapida carrellata di successi che accompagnano pian piano a conoscere Turci e a svelare la sua nuova dimensione, che ora è anche quella di attrice. «Prima dell’incidente – confessa – volevo fare l’attrice, poi per alcuni anni ho desistito. Ma ora ce l’ho fatta, finalmente». Il riferimento è a “Mi amerò lo stesso”, «il monologo che a volte vorrebbe essere un dialogo con cui in questa fase della mia carriera sto girando i teatri».

Un monologo sincero e divertente in cui alla realtà si mischiano i sogni e nei sogni entra la vita. Il tutto legato da alcune canzoni che hanno fatto da colonna sonora ad ogni tappa della sua esistenza. Il messaggio che risuona nei teatri è il medesimo di Sollicciano: «Qualunque cosa accada, amatevi lo stesso».
 

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