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Superbonus: eliminati gli intoppi. Ma le imprese: «Soluzione a metà»

Mauro Zucchelli
Superbonus: eliminati gli intoppi. Ma le imprese: «Soluzione a metà»

Crediti da rimborsare: cancellato il limite temporale del 1° maggio, un passo avanti. Ma il guaio-base resta nell’ingranaggio bancario: lì non è stato posto rimedio

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Il superbonus 110% in edilizia è apparentemente una cuccagna: presto la mia casa allo Stato e alle banche – ma solo per un attimo, senza ipoteche né gravami – ed ecco che me la ritrovo messa a nuovo. Senza che io debba tirar fuori un euro: il meccanismo della cessione del credito consente all’ingranaggio di girare senza che io debba far nulla se non metter lì il mio muro scalcinato.

Benché il governo sia caduto e si vada verso le elezioni anticipate, il Parlamento ha messo mano allo sblocco di un impasse che finora, nel susseguirsi di giri di vite a partire dal decreto anti-frode del novembre scorso, a colpi di circolari, “faq” e correzioni di rotta, aveva impedito l’eliminazione dello sbarramento temporale del 1° maggio 2022 per la cessione dell’ampia sventagliata di bonus edilizi. A cominciare ovviamente dal superbonus 110% che fin dall’inizio ha calamitato l’attenzione di imprese e professionisti ma anche di un larghissimo fronte di proprietari di immobili, che si tratti di edifici condominiali o case unifamiliari.

Finalmente sanato un guaio

Colpa del fatto che, al momento di allargare questo versante alla possibilità di cessione del bonus a partite Iva (imprese e professionisti), non era stato modificato il limite temporale relativo al fatto che tanto gli sconti in fattura come le cessioni di crediti avrebbero avuto come sbarramento la comunicazione agli uffici della Agenzia delle Entrate a partire dal primo giorno di maggio. Tradotto: tutto questo aveva messo nel freezer i crediti anteriori a quella data-limite incastrandoli in un ingranaggio ingrippato.

Ben venga che anche in un periodo così politicamente turbolento, con la campagna elettorale a un passo dal via, si sia riusciti a metter mano a questo correttivo: si toglie di mezzo un impedimento che blocca il pieno dispiegarsi della logica degli incentivi.

Nomisma: gli effetti positivi

Si tratta di agevolazioni talmente importanti che Nomisma, un pool di “cervelli” che sa guardare lontano dal punto di vista delle strategie del sistema Paese, ha dato i numeri degli effetti del superbonus: 1) sarà di mezzo migliaio di euro il risparmio medio in bolletta per ciascun proprietario con l’agevolazione; 2) l’impronta ecologica degli immobili è stata contenuta in misura rilevante con un taglio di quasi 980mila tonnellate di anidride carbonica che vale una riduzione del 46,4% saltando tre classi energetiche; 3) il superbonus ha raggiunto un valore economico che sfiora i 125 miliardi di euro l’equivalente di sette punti e mezzo di Pil, a fronte di una spesa di 38,7 miliardi, dunque generando un vantaggio triplo rispetto a quanto investito in soldi pubblici. Tutte cose messe nero su bianco nell’ultimo report dal titolo “C’è transizione senza superbonus?”.

E ora si va al Senato

Non è finita, sia chiaro. Adesso, dopo l’ok di Montecitorio, il provvedimento passa all’esame del Senato per ricevere l’ultimo via libera. Era in questo senso che nell’ultimo intervento a Palazzo Madama, preannunciando quel che avrebbe fatto nell’esercizio degli affari correnti, il premier Mario Draghi aveva preannunciato di voler risolvere l’intoppo che bloccava i crediti del superbonus per dare ossigeno a una vasta galassia di imprese e impedire che precipitino nel baratro del patatrac.

Agevolazioni da ridurre

In realtà, forse il discorso del presidente del consiglio aveva un raggio un po’ meno circoscritto, e non solo perché non risulta abbia fatto esplicito riferimento al superbonus 110%: nelle dichiarazioni si parla di intenzione di prendere di petto «le criticità nella cessione dei crediti fiscali», aggiungendo però che sarà ridotta l’ampiezza dei contributi. Ce la farà il governo dimissionario mentre tutti i partiti vanno a caccia di voti?

Il punto riguarda l’esborso per le casse dello Stato: è andato al di là delle previsioni. Ma anche un meccanismo che inneschi un contrasto di interessi fra proprietario-committente e la catena successiva: «Se invece di questa selva di bonus con percentuali diverse e magari pure differenti a seconda degli anni, l’intestatario dell’appartamento o della villetta avesse un bonus unificato diciamo al 75% – queste le parole di Maurizio Paolini, geometra – avrebbe un bel vantaggio ma dovrebbe metterci del suo e diventerebbe parte di chi tiene gli occhi aperti contro magheggi e furbate. Invece qui si crea una babele inestricabile, sempre con il timore che poi un foglio sia sbagliato e tu debba pagare tutto». Come dire: è un controsenso creare incentivi-bazooka per poi gridare che se c’è una virgola fuori posto arriveranno guai e castighi catastrofici. D’altronde, tutto era nato quando in autunno per l’allarme degli investigatori: troppe fatture fasulle, troippi bonus per lavori inesistenti. Risultato: il furbetto la fa franca e il contribuente normale si ritrova alle prese con un mare di carte.

«Ok ma non basta davvero»

«Meglio che nulla, va bene anche questo ma non illudiamoci che così si sblocchi l’impasse e tutto fili liscio». A dirlo è Stefano Frangerini, titolare di una storica impresa, ex presidente dei costruttori confindustriali toscani e ora nella “squadra” nazionale di Ance come tesoriere. Nel mirino quel che si è fatto per correggere il tiro rispetto alla fase iniziale in cui le cessioni dei crediti potevano essere infinite: non ci si può limitare al terzo soggetto perché la banca altrimenti si ritroverebbe in mano il credito senza poterci fare pressoché nulla, si è arrivati a prevedere anche una quarta cessione ma il meccanismo che è stato messo a punto in realtà non è cambiato, dunque per Frangerini ci ritroveremo «semplicemente con un impasse spostato altrove, ma l’impasse resterà almeno per gran parte».

«I continui aggiustamenti alla normativa stanno rendendo la vita complicatissima a cittadini e imprese», parola di Ilaria Niccolini, coordinatrice di Cna Costruzioni e Impianti. Il Decreto Aiuti puntava a allargare la platea dei potenziali acquirenti di crediti d’imposta, ma con un comma-hakariki che metteva il limite del 1° maggio 2022: «Così si erano lasciati al palo una enormità di crediti maturati prima e che stanno facendo soffrire le imprese».

«Quanti guai per i troppi crediti»

Bene, perciò questo sblocco che risolve il problema di quelli comunicati all’Agenzia delle Entrate prima di quella data. Per Gianluca Botta presidente di Cna Costruzioni Livorno, è «un passo in avanti». Ma non ci gira intorno: «Non è affatto detto che basti per sbloccare il mercato: le aziende che hanno fatto lo sconto in fattura, adesso si trovano nel paradosso di avere i cassetti fiscali pieni di crediti d’imposta, e zero liquidità in cassa, non potendo cedere i crediti per trasformarli in denaro». E aggiunge: «Le imprese vere i lavori li hanno fatti e hanno sostenuto le spese per i materiali: questo rischia di portare le aziende al fallimento non per debiti, ma per eccesso di crediti».

Ora dal fronte degli artigiani si spera che l’allargamento della platea per la cessione del credito porti gli istituti bancari a sbloccare, «in tempi brevi», i crediti incagliati così da garantire maggiore liquidità alle aziende. «Resta ancora da risolvere – dice Botta – la problematica che, come denunciato da Cna a inizio giugno, rischia di portare al fallimento 33mila imprese artigiane e alla perdita di 150mila posti di lavoro».l

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