La guerra cambia il volto del mondo
ATLANTE. L’Europa prenda nelle sue mani la bandiera del multilateralismo democratico
Sono trascorsi quattro mesi dall'inizio della guerra in Ucraina. E tutti gli assetti geopolitici e geoeconomici del pianeta sono sottoposti a radicali cambiamenti.
Con la contrapposizione Russia-Occidente vengono messi in mora gli Accordi di Helsinki che nel 1975 definirono un sistema paneuropeo di sicurezza, fondato su principi - il non uso della forza, l’intangibilita dei confini e della sovranità di ogni Stato - che proprio l’aggressione russa ha clamorosamente violato.
Il sistema multilaterale - già lesionato dalle politiche di Trump - subisce un ulteriore vulnus e Mosca, oltre a rafforzare i suoi legami con Pechino, non nasconde l’ambizione di aggregare intorno ai Brics - Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica - un campo politico, economico e monetario alternativo all’Occidente, in una sfida che al multilateralismo fondato sull’universalità delle istituzioni internazionali contrappone un multipolarismo fondato sulla volonta di potenza di singoli Stati. E in questo scenario rilancia il proprio ruolo di potenza regionale la Turchia.
La guerra ridisegna gli equilibri anche nel Mediterraneo dove la Russia è presente in Siria, Libia, Sahel e con storiche relazioni con Egitto e Algeria.
Cambia anche lo scenario in cui si collocano le sfide globali. Il blocco delle esportazioni di gas russo sottopone a tensione le economie dei paesi europei e obbliga a rimodulare modalità e tempi della transizione ecologica. Il blocco delle forniture di grano acuisce il divario nord/sud ed espone molti paesi ad una condizione di penuria e indigenza che a loro volta trovano sfogo in nuovi flussi migratori.
La guerra ha fatto emergere come anche intelligenza artificiale e tecnologie digitali possano dilatare i conflitti e la loro invasività.
Anche l’utilizzo dello spazio si trasforma, da luogo di cooperazione a luogo di competizione e potenziali conflitti.
Così come l’Artico che, in conseguenza del surriscaldamento climatico, è divenuto punto di transito strategico tra est e ovest e giacimento di materie prime strategiche. E in questo contesto di generali cambiamenti la Cina rafforza la sua ambizione di leader del mondo globale e di competitore sistemico.
Peraltro la invasione russa dell’Ucraina rende ancor più evidente quanto il diffondersi di autocrazie rappresenti un’insidia per le democrazie e lo stato di diritto, sollecitando le nazioni democratiche a rinsaldare l’azione comune per la affermazione di insopprimibili valori di libertà. E in ciò funzione centrale è chiamata a svolgere l’intesa tra Stati Uniti e Europa.
Con il riconoscimento dello status di candidati a Ucraina e Moldavia e l’impegno assunto dal Consiglio europeo ad accelerare l’integrazione dei Balcani, l’Unione europea riprende un percorso di allargamento, fondato sulla consapevolezza che la integrazione di quelle regioni è leva essenziale per garantire la sicurezza loro e del continente intero. Scelta a cui si accompagna la duplice decisione europea di dar vita ad un proprio sistema di difesa, complementare alla Nato, e di assestare gradualmente al 2% le spese europee per la difesa.
Muovono nella stessa direzione l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia e i nuovi indirizzi strategici definiti al vertice di Madrid, non solo per il contenimento della minaccia russa in Europa, ma per sedare i molti conflitti che percorrono il Mediterraneo. Una Nato “globale” che - in una vera e propria “Alleanza degli oceani” - si mette in relazione con altri scenari strategici regionali, a partire dalla regione indopacifica, come dimostrano la presenza a Madrid di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud e il rilancio delle relazioni tra Nato e Aukus, l’alleanza tra Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Insomma non è più solo la globalizzazione economica a determinare la geopolitica. Il mondo cambia con un profilo sempre più plurale, rimescolando protagonisti, collocazioni internazionali e alleanze, ponendo con forza l’urgenza di ricostruire un ordine mondiale. E l’Unione europea forte dell’essere - come la definì Delors - una “federazione di minoranze” deve sentire la responsabilità di prendere nelle sue mani la bandiera della costruzione di un multilateralismo democratico cui ogni nazione e popolo possa riconoscersi sentendosi libero e sicuro.
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