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Telefonate moleste

Chiamate moleste, salta il regolamento che le blocca

Ilaria Bonuccelli
Chiamate moleste, salta il regolamento che le blocca

Il governo annuncia in aula: non c’è accordo fra Agcom e Garante Privacy. «Forse conviene rimandare tutto in aula e rimettere mano alla legge-scudo»

04 novembre 2021
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Ci aspettano ancora tanti mesi di telefonate commerciali moleste. Forse anni. Il governo a ottobre non ha approvato il regolamento di attuazione della legge che avrebbe impedito ai call center di continuare a telefonarci sui cellulari senza la nostra esplicita autorizzazione. Lo ha confermato alla Camera il 22 ottobre, due giorni dopo che Il Tirreno ha spiegato perché, a distanza di quattro anni dall’approvazione, la legge scudo contro il telemarketing selvaggio è ancora lettera morta. E proprio in parlamento, il governo è stato invitato (da M5s) a rimandare ancora l’approvazione di questo regolamento. Magari con un altro passaggio in aula. O con un altro passaggio in commissione e l’inserimento, al volo, nel decreto Concorrenza.

I PREFISSI IGNORATI

Senza regolamento, la legge 5 del 2018 – approvata grazie alla campagna de Il Tirreno – non ha quasi efficacia. L’unica norma utile ed efficace viene ignorata: i call center dovrebbero chiamare gli utenti usando il prefisso 0844 per rendere riconoscibili le chiamate commerciali, in modo da lasciare liberi i titolari di cellulari se rispondere o meno. In alternativa – secondo quanto prevede il regolamento europeo della Privacy – i call center che non usano il prefisso di riconoscimento, devono usare un numero richiamabile, con segreteria telefonica attivata che precisa la società che sta chiamando e per quale scopo promozionale. Questo non avviene (quasi) mai. La conseguenza è che la legge-scudo contro il telemarketing selvaggio (approvata in via definitiva il 22 dicembre 2017 in commissione Lavori pubblici al Senato) e diventata esecutiva il 4 febbraio 2018 è inattuata.

LA VENDITA DEI DATI

Il danno vero, però, non è il fastidio delle chiamate sui cellulari, a qualunque ora: è la vendita dei nostri dati. Numeri di telefono, abbinati a carte di credito, Iban, indirizzi, numero cliente di contatori di luce, gas. Quanto più questi dati sono “profilati” – definiti, ritagliati su misura – tanto più valgono. Il valore di questo commercio è di alcuni miliardi di euro l’anno. Soprattutto, il traffico di questi dati, quando utilizzati senza il nostro consenso (nella maggior parte dei casi) porta anche a truffe: attivazione di contratti non richiesti, ad esempio.

Eppure, il regolamento di attuazione della legge non viene approvato. Servirebbe a riformare il Registro delle opposizioni, per consentire l’iscrizione in questo elenco di circa 78 milioni di cellulari che oggi sono senza alcuna protezione rispetto al telemarketing selvaggio. E anche all’iscrizione di 6,5 milioni di numeri fissi riservati, non pubblicati negli elenchi.

AUTORItÀ in lite

Una decina di giorni fa, Il Tirreno ha spiegato che il regolamento è pronto da tempo. Ma c’è un “contenzioso” fra due enti dello Stato che hanno espresso parere su questo regolamento. Il contenzioso è concreto: la legge 5 del 2018, infatti, prevede che l’iscrizione al Registro delle opposizioni comporti il divieto automatico di ricevere telefonate dai call center “con operatore”. In pratica chi ha un cellulare, se si iscrive al Registro delle opposizioni, non può essere più contattato dagli operatori di call center. Ma se il call center inviano un messaggio pubblicitario con telefonata registrata – una Robocall – questo divieto non vale. Lo stabilisce il regolamento europeo della Privacy.

Il Garante della Privacy, quindi, quando ha espresso parere sul regolamento è stato chiaro: va bene il regolamento di attuazione della legge scudo predisposto dal ministero dello Sviluppo economico, ma i call center possono continuare a contattare anche i cellulari iscritti nel Registro delle Opposizioni con le Robocall. Per dire no alle chiamate automatiche, serve un diniego espresso, ulteriore, dopo l’iscrizione al Registro delle Opposizioni.

Agcom, l’Autorità garante per le comunicazioni, invece, sostiene che “per estensione” il divieto di ricevere chiamate commerciali si possa applicare anche alle Robocall con la sola iscrizione al Registro delle opposizioni. Un’interpretazione che potrebbe comportare rischi di impugnazione della norma: con un regolamento non può prevedere una disposizione che non è contenuta nella legge di attuazione.

IL BLOCCO ANNUNCIATO

La questione è stata sollevata alla Camera il 22 ottobre, quando la deputata M5S Maria Barbuto ha presentato un’interrogazione sulla mancata attuazione delle legge contro il telemarketing selvaggio. Con molta chiarezza, la deputata ricostruisce le tappe fondamentali dei rinvii dell’applicazione della legge: pubblicata a febbraio 2018; regolamento approvato “in via provvisoria” dal primo governo Conte a gennaio 2020; licenziato di nuovo dalle commissioni di Camera e Senato competenti fra dicembre 2020 e gennaio 2021. E poi più nulla. Le risponde la sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico, Anna Ascani (Pd) – e precisa la cronologia dei pareri, oltre che l’iter in consiglio dei ministri: «Il Dagl (il Dipartimento generale degli affari legislativi di palazzo Chigi) invia al consiglio dei ministri il regolamento licenziato dal ministero dello Sviluppo economico il 30 luglio 2021. Ma fra luglio e settembre sorge la disputa fra AgCom e Garante privacy che conferma la contrarietà all’attuazione estensiva de regolamento. Di conseguenza – prosegue in aula Anna Ascani – il 6 ottobre il ministero dello Sviluppo Economico ha evidenziato al consiglio dei ministri le due posizioni contrapposte fra Autorità e ha proposto al governo di organizzare un confronto fra le due Autorità al fine di trovare una soluzione capace di riassume i contrapposti orientamenti per garantire una più ampia tutela dei dati o di approvare in via definitiva un regolamento più aderente al tenore letterale della legge 5». La sottosegretaria, però, non ha precisato la data dell’incontro.

RICOMINCIAMO

In compenso la deputata Mirella Liuzzi (M5s), già membro della commissione che alla Camera ha approvato la legge nel 2017, ex sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico prima di Anna Ascani, si dice soddisfatta di questa risposta anche se ammette che «i nostri cellulari continuano a squillare e che dovremo trovare una soluzione alla questione delle chiamate con messaggio automatizzato». Quindi conferma che la soluzione non c’è. Allora come fa a essere soddisfatta della risposta? Infatti aggiunge che «non so se la soluzione più idonea sia il confronto fra le due Autorità visto che ci sono già stati diversi tavoli potrà. Le opzioni, quindi – osserva – sono due: o andare avanti in un senso o nell’altro (seguendo Garante o Agcom, ndr), con pericolo di impugnazione dell’atto; oppure (ed è quella che sponsorizza) andare verso un altro passaggio che richiederebbe un po’ più di più tempo: rivedere il regolamento. Si può rivedere con un accordo con il parlamento e governo, inserendolo magari nel decreto concorrenza, con tempi più brevi. Ma con la revisione del testo, avremo una legge che è giusta e che andrà a tutelare i consumatori». Basterà aspettare ancora.


 

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