La tragedia
Il brigidino, storia e segreti di un dolce nato per sbaglio e oggi nel gotha dei sapori toscani
A Lamporecchio sono tre i produttori e una settantina gli ambulanti che, ogni anno, ne “sfornano” oltre 200 tonnellate
LAMPORECCHIO. Il gastronomo Pellegrino Artusi inserì la cialda croccante tipica di Lamporecchio, in provincia di Pistoia, nel suo libro di ricette per eccellenza (“La scienza in cucina”). E la definì – già nel 1891 – «un trastullo speciale della Toscana». Un dolce per sbaglio, nato da un errore nel preparare l’impasto, diventato delizia. Dalla mano delle suore devote a Santa Brigida – narra la tradizione – che producevano le ostie per la comunione. Quella volta, però, aggiunsero nuovi ingredienti e fu l’inizio di tutto.
Storia e presente
Più di 130 anni dopo, quell’ostia dorata è stata riconosciuta tra i prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) toscani. Una sorta di carta d’identità che la piazza di diritto nel Gotha dei sapori. E a ragione. Il Brigidino non è solo un dolce. No. È un misto tra leggenda, storia e passione. Oltre che una parte significativa del tessuto economico di Lamporecchio: tre sono i produttori, una settantina gli ambulanti che, ogni anno, ne “sfornano” oltre 200 tonnellate. Ma è anche quell’odore di anice che si diffonde nell’aria, il rumore della macchina a stantuffo (la cosiddetta “giostra”) che li produce in sottofondo. In mezzo alla folla, tra la confusione. I bambini si avvicinano ai banchi, attratti dal loro profumo. Ed eccoli, con il sacchetto in mano, durante la fiera di Lamporecchio. Altro che zucchero filato, molto meglio delle caramelle. Una tradizione che si rinnova ogni anno. Anche questo, alla fiera di Lamporecchio, dal 1° al 6 agosto.