Il Tirreno

Festa del papà: la storia

Luca, super babbo viareggino con sette figli: «Vi racconto come vive una famiglia numerosa e quella regola fondamentale...»

di Cristina Bulgheri
Un selfie di famiglia: Luca è il primo da sinistra
Un selfie di famiglia: Luca è il primo da sinistra

46enne, geometra, si divide tra i suoi bimbi e il volontariato: «È bellissimo: non faccio rinunce, è un’esperienza che invito a provare»

19 marzo 2024
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Sette figli per un papà. Potrebbe essere il titolo di un film nel giorno della Festa del Papà, 19 marzo: una di quelle commedie iperboliche con un giovane ragazzo alle prese con sette marmocchi mocciosi e dispettosi che rendono la vita impossibile. E invece no: è semplicemente la fotografia di una “normale” famiglia numerosa e di un “ragazzo”, come tanti, che ha scelto di mettere la paternità al primo posto della sua scala di valori.

Luca è un geometra viareggino, di 46 anni, sposato da 23 con Rachele Sagramoso. Si sono conosciuti a Viareggio, ad un corso di volontariato. Lei arrivava dalla Lombardia, lui faceva l’istruttore sulle ambulanze: galeotto fu il reciproco bisogno di dedicarsi agli altri. L’incontro, la frequentazione e la vacanza sulle Dolomiti: la montagna un’altra passione comune. Oggi, nonostante il lavoro e una famiglia cospicua sulle spalle, Luca continua a coltivare le sue passioni: continua a fare il volontario alla Croce Rossa, ma quando è libero dal lavoro e dai turni con l’associazione, s’inerpica su qualche sentiero lungo le pendici delle Apuane oppure prende il largo sulla sua barca, in compagnia della sua canna da pesca; talvolta si cimenta anche con le arrampicate. Un modo per sfuggire al bazar di casa? Un escamotage per trovare un peraltro legittimo momento di solitudine? No, al suo seguito ha sempre qualcuno dei suoi sette figli, che condividono con lui il tempo libero. Sette, in un range di età che va dai quasi 23 anni di Rebecca, la primogenita, ai quasi quattro di Marta, l’ultima nata nel maggio 2020 in pieno Covid. Nel mezzo ci sono Davide (20 anni) , Anna (15) , Simone (13) , Francesco (9) e Pietro, poco più di 6. Abbastanza per formare una squadra, ma abbastanza anche per “dover fare squadra”.

Organizzazione e gestione: un affare da supereroi? Luca, in una società formata da famiglie mononucleari o poco più, essere padre di sette figli per l’opinione pubblica è “roba da supereroi”: si sente tale?

«No, sono semplicemente un papà. Quando sei padre che tu lo sia di uno, due, tre o sette figli cambia poco. La sostanza è la stessa: sei padre. Le problematiche sono le solite: non è un peso che si somma, ma nel caso che si distribuisce, perché cambiano le età. Le difficoltà magari della primogenita non sono quelle dell’ultima bimba. Anzi, mano a mano che le risolvi, sei sempre più preparato e aumenta la capacità genitoriale. Impari a far tesoro delle esperienze vissute con i primi figli per comportarti nel modo migliore con i successivi».

Da sempre avevate deciso di mettere su una super famiglia?

«In realtà no, come tante coppie, dopo il secondo figlio, pensavo che andasse bene così. Già crescere due figli senza aiuto da parte dei rispettivi genitori – o perché lontani o perché impegnati nel lavoro – ci sembrava abbastanza. Noi stessi avevamo la nostra professione: io lo studio di geometra e Rachele, dopo la laurea, l’impegno come ostetrica. Andava bene così, se non che nel 2008 improvvisamente è venuta a mancare mia madre e questa perdita ha cambiato la mia prospettiva. Così abbiamo scelto di rispondere al lutto e alla morte con la vita. Ed è stata una decisione vincente».

Voi siete anche una famiglia cattolica, praticante: quanto ha influito questa dimensione di fede sulla vostra scelta?

«Nel senso che dicevo prima, di scommettere sulla vita. Ci siamo fidati e affidati e tutto è venuto da sé. Nei momenti di difficoltà abbiamo sempre pensato che la Provvidenza ci avrebbe dato una mano. E così è stato».

Una delle prime questioni che vengono in mente riguarda la gestione economica: come si fa a tirar su sette figli con un solo stipendio?

«La prima regola è cercar di far capire ai ragazzi che, nonostante la società consumistica in cui siamo immersi, si può fare anche a meno del superfluo».

È capitato di dover dire dei no: della serie “Questo non si può, non serve”?

«Sì, è capitato. A volte hanno fatto fatica ad accettarlo quel no, ma quando ne capiscono le ragioni, è per noi un bel valore aggiunto. Succede ogni tanto però anche di accontentarli, approfittando magari di un evento, una ricorrenza».

Voi fate parte dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, quale è l’impegno?

«Con l’Associazione cerchiamo di mantenere viva l’attenzione sulle necessità di chi come noi ha scelto di volere molti figli: non si tratta solo di bisogni economici, bonus, aiuti, convenzioni, ma spesso anche di semplici, ma fondamentali, direi indispensabili, questioni pratiche, come ad esempio gli orari di uscita da scuola, dove anche cinque minuti cambiano tutta l’organizzazione familiare».

E in questa organizzazione, quale è il ruolo di Luca e quale quello di Rachele?

«Diciamo che a me spetta la parte pratica e a Rachele, che ha anche ha una preparazione teorica di pedagogia (è peraltro autrice di un libro “Non aver paura, mamma. ”) quello dell’ascolto e del confronto. Ma la cosa fondamentale per noi è l’esempio: l’insegnamento dei nostri valori attraverso il nostro comportamento. Non possiamo dire: “Non si accende la tv appena si arriva a casa” o “Non si guarda il telefono mentre si cena” e poi essere i primi noi a farlo. E così per tutti i valori in cui crediamo, a partire dall’aiuto reciproco, che è quello che fa la forza della nostra famiglia. Ognuno dà il proprio contributo verso i fratelli e le sorelle».

Luca c’è un augurio che vorresti fare a tutti i papà oggi nel giorno della loro festa?

«Sì, vorrei dire di non privarsi di questa esperienza per timori vari: il lavoro, i soldi, la paura di non essere all’altezza. Non c’è un tempo giusto per diventare papà: papà si è sempre». Ed è il cuore l’unico superpotere.

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