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Luciano Spalletti e l’esonero dall'Italia: la frase simbolo, l’addio da signore e il ritorno alla Rimessa di Montaione

di David Biuzzi

	Luciano Spalletti
Luciano Spalletti

Gli amici: «Tornerà a casa con la morte nel cuore». E guai a pensare che questo brutto passo falso possa essere anche la fine della sua lunga carriera

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C’è una frase che Luciano Spalletti, ormai ex condottiero dell’Italia, ripeteva come un tormentone quando, 30 anni fa, aveva appena iniziato la sua (straordinaria) carriera da allenatore esattamente dove aveva chiuso quella (ordinaria) da calciatore, cioè a Empoli: «Il calcio ti dà il pane e la sassata». Già, stavolta è arrivata la seconda. Sì perché Luciano non aveva la minima intenzione di gettare la spugna. Lo ha detto lui stesso, annunciando la decisione del presidente Gravina di sollevarlo dall’incarico dopo la sfida di stasera con la Moldova: «Non avevo nessuna intenzione di dimettermi».

Parole, anche queste, che la dicono lunga su chi è il tecnico di Certaldo e come ha vissuto il punto più alto del suo percorso professionale. Ovvero impegno totale, dedizione assoluta, senso di responsabilità. Lo stesso che la scorsa settimana, prima di iniziare le qualificazioni ai Mondiali col fatale rovescio di Oslo, lo aveva portato a ricordare ai suoi giovanotti, i convocati, che avevano il compito di far vedere l’Italia nella competizione più importante ai bambini che, causa due mancati accessi di fila, finora non avevano e non hanno potuto farlo. La commozione con cui ha bruscamente interrotto l’incontro con la stampa, d’altra parte, la dice lunga su come stia vivendo questo momento non semplice. D’altra parte all’azzurro dell’Italia, partendo da quello dell’Empoli, ci è arrivato costruendo la sua carriera pezzo dopo pezzo. Passi falsi inclusi.

Perché il calcio, appunto, ti dà il pane e la sassata e le prime per Spalletti arrivarono con gli esoneri di Genova (fronte Sampdoria) e Venezia subito dopo aver lasciato il punto di partenza (dalla C alla A in due anni e la salvezza come ciliegina sulla torta) . Fine di una carriera? Macché, Spalletti non è un fuoco di paglia e se la ricostruisce da Udine, con un rapido passaggio ad Ancona dove salva la squadra del Conero dalla discesa in C, salendo poi ai piani nobili del pallone con Roma, Zenit San Pietroburgo, Inter. Anche lì, in nerazzurro, finisce male nel 2019, con l’esonero ufficializzato pochi giorni dopo la scomparsa dall’amato fratello Marcello, ma dietro l’angolo c’è il Napoli. Che guida dal 2021 vincendo lo scudetto al secondo tentativo. È il maggio del 2023 e l’Italia è letteralmente ai piedi di Spalletti.

Ma lui diventa un novello Cincinnato, l’uomo (non a caso si chiamava Lucio) che Roma eleggeva dittatore per farsi tirare fuori dai guai e che poi puntualmente tornava all’agricoltura, e sceglie di mollare. Torna a Montaione, nella tenuta (La Rimessa Experience) di circa 50 ettari dove passa il suo tempo libero lasciando che la connessione con la natura faccia fermentare le idee. Vorrebbe staccare, rilassarsi. Ma lo chiama la Figc, lasciata a piedi dall’inatteso addio di Mancini, e Spalletti non è tipo da dire di no. Non all’Italia. D’altra parte per chi, come lui, è partito dal basso rifiutare la Nazionale non si può. È il momento più alto di un carriera vissuta sempre con grande passione, con tanti luci e anche quella inevitabile ombra. Arriva a toccare le stelle, insomma, l’uomo nato a Certaldo e cresciuto a Empoli, vissuto in una famiglia operaia con la passione per il lavoro e il tempo libero da sempre trascorso immerso nella natura. Ora è tornato alle stalle, invece, e forse non è solo un semplice modo di dire.

Il buon ritiro di Montaione, infatti, lo aspetta con i suoi campi e i suoi animali da curare. «Lo farà con la morte nel cuore», certificano anche gli amici che ieri lo hanno sentito, perché lui ad andarsene a metà del percorso non ci avrebbe mai pensato. Nel suo lavoro e nell’Italia ci credeva e ci crede. Anche se ora gli tocca bere l’amaro calice (e l’immagine dell’allenamento degli azzurri di ieri a Coverciano con lui a testa bassa in mezzo al campo sono eloquenti in questo senso) e ingoiare un boccone che non sarà semplice e veloce da digerire. Voleva scrivere un’altra storia con l’Italia, ma non è stato possibile.

Se ne va da signore, comunque, perché passata la sfida con la Moldova rescinderà il contratto lasciando le mani libere alla Figc. E guai a pensare che questo brutto passo falso possa essere anche la fine della sua lunga carriera. Certo, ora dovrà raccogliere i cocci, ma se è vero quello che ripeteva sempre da giovane e rampante tecnico, allora anche per Spalletti, metabolizzato il dolore per questa sassata, può tornare il tempo del pane...

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