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Aldo Agroppi, l’ora del disincanto: «Questo calcio mi deprime, non guardo più le partite»

di Maurizio Ceccarelli
Aldo Agroppi, l’ora del disincanto: «Questo calcio mi deprime, non guardo più le partite»

Lo abbiamo raggiunto in un giorno speciale, quello del suo compleanno: «Stare in panchina porta tanti soldi, ma anche pressione. Se non sai resistere ti arrendi»

15 aprile 2023
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PIOMBINO. Ha appena compiuto 79 anni e ha ancora tutta la voglia di dire quello che pensa, a voce alta, senza peli sulla lingua come ha sempre fatto nella sua vita. Aldo Agroppi è nato il 14 aprile del 1944 a Piombino, città di mare ma non di sabbia, di scoglio, come gli piace sempre specificare. Lo abbiamo raggiunto in un giorno speciale, quello del suo compleanno.

Come va la salute Agroppi?

«Da vecchiarello, combatto ogni giorno con le crisi di depressione».

Come ha festeggiato il suo compleanno?

«A casa con tutta la mia famiglia, con figli e nipoti, qualche giorno fa ho fatto anche 56 anni di matrimonio: con mia moglie Nadia ci siamo conosciuti che io avevo 16 anni lei 14, appena mi vide non si fece sfuggire l'occasione (sorride) e mi prese al volo».

Quanto le manca il calcio?

«Non mi manca affatto, perché se ci rientrassi tornerei a stare male come quando ho dovuto lasciare. Ero il più bravo di tutti, non credo di essere presuntuoso ma i miei colleghi me li mettevo tutti nel taschino e l' ho dimostrato nei miei anni da allenatore. Poi quando ho cominciato ad avere problemi con la depressione ho dovuto alzare bandiera bianca, il calcio non faceva più per me. Era un ambiente che mi piaceva, sapevo fare il mio lavoro, i primi anni non ho sbagliato niente fra settore giovanile e serie B dove ho vinto un campionato e poi anche alla Fiorentina. Fare l'allenatore è un mestieraccio o meglio è un bel mestiere perché guadagni un sacco di quattrini, ma c'è da resistere alle pressioni quotidiane e avere a che fare anche con giocatori che hanno poca intelligenza, non sanno parlare l'italiano, non sanno comportarsi e ti contestano se non li fai giocare».

Qual è stato nella sua carriera da allenatore il giocatore più difficile da gestire?

«Daniel Passarella, arrivò tardi al primo allenamento, non accettai le sue scuse e lo mandai a cambiarsi. Io ero un giovane allenatore e lui pensava di fare quello che voleva. Gli feci capire subito come stavano le cose, che non ero uno sprovveduto. Quando andò via mi abbraccio in lacrime dicendomi: ho imparato più in un anno con te che il tutta la mia carriera».

Si vedrebbe nel calcio di oggi ?

«Perché oggi c'è ancora il calcio? Esiste un campionato? Io non guardo più partite, solo il Torino, qualche volta, ma anche li non c'è più lo spirito granata, ci sono dieci stranieri, non conoscono la storia del Toro, quella di Superga».

Nella stagione 1975/76 lei passa al Perugia e il Torino conquista uno storico scudetto. Quanto le manca quel titolo?

«Io lo scudetto l'ho vinto, non c'ero ma c'ero, quando sono andato via da Torino mi si è spezzato il cuore. Nessuno mi avvisò del trasferimento a Perugia, bastavano poche parole, invece nulla. Il Torino pareggiò all'ultima giornata in casa con il Cesena, ma fu grazie alla nostra vittoria sulla Juve che vinse il campionato. Quindi quello scudetto è anche mio».

Qual è stato il giocatore più forte che ha affrontato in carriera?

« Rivera, era il mio punto di riferimento. Quando ci giocavo contro mi esaltavo».

Com'è stato il suo rapporto con gli arbitri ?

«Buonissimo, sono stato squalificato una sola volta in carriera dietro ad ordine ben preciso : la domenica successiva si giocava contro la Juventus. Se non ci fossero gli arbitri non ci sarebbe il calcio e io che cosa avrei fatto? Sarei andato a lavorare negli stabilimenti. I giocatori dovrebbero capirlo questo, perché se giocano al calcio e sono milionari è grazie agli arbitri».

Cos'è il Torino per Aldo Agroppi ? «La mia vita, la mia fortuna, un periodo fantastico della mia esistenza che mi ha permesso di costruire il mio futuro».

Oggi a 79 anni cosa chiede a Piombino, la sua città?

«Molte persone sono diffidenti ad avvicinarmi, poi quando mi conoscono cambiano idea. Sono Aldo Agroppi, nato in via Pisa fra le ciminiere,orgoglioso di essere piombinese. Quando siamo partiti fa con mia moglie Nadia ci dicemmo: da qui si parte e qui si torna. Ed eccoci qua».

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