«Meno operai e più specializzati»
Si teme il contraccolpo occupazionale. Il prof. Fantoni: «Le chance sono per tutti»
PONTEDERA. «Da qui al 2020 nel mondo si perderanno 7,1 milioni di posti di lavoro a cui faranno da contrappeso la nascita di altri 2,1 milioni di posti di lavoro più specializzati». È la prospettiva ipotizzata nel rapporto “Future Jobs” nel corso del World Economic Forum 2016 a Davos legata all’industria 4.0. Un quadro che ha già cominciato a spaventare i sindacalisti che, in molte parti della Toscana, sentono parlare di automazione e robotica nelle fabbriche, senza sentir parlare di adeguati ammortizzatori sociali o di salvaguardia dei posti di lavoro già esistenti. «Effettivamente i numeri possono essere giusti – dice Gualtiero Fantoni – ma c’è da capire dove si perderanno i posti di lavoro».
Le parole del professore di processi di produzione innovativi e sviluppo di nuovi prodotti alla facoltà d’ingegneria dell’Università di Pisa aprono uno spiraglio di luce sullo scenario di grande difficoltà che si prospetta. Fantoni è anche autore di una pubblicazione sull’argomento, “Industria 4.0 senza slogan”. «La sfida è far entrare nel mondo del lavoro persone non asservite ai robot, ma che li governino e che sappiano operare meglio di quanto non accada oggi. Possono essere giovani preparati da anni di robotica sui banchi di scuola o operai cinquantenni intelligenti e pronti ai cambiamenti». Come dire, non è detto che ci sarà per forza “un’epurazione” di chi occupa oggi i posti nelle fabbriche e nelle officine.
«Il contesto che si sta intravedendo in questa fase e che sarà realtà a breve – riprende il docente – è di un mondo del lavoro che ha bisogno di personale con alte competenze. Nei giorni scorsi sono stato al consorzio Certema di Cinigliano, nel Grossetano, dove si producono macchinari per l’industria 4.0. Ebbene, molti imprenditori dicevano di avere bisogno di ingegneri, periti e tecnici con determinate caratteristiche che, però, non si trovano. Per cui, attenzione a ipotizzare il rimpiazzo degli uomini con i robot».
Anche perché, come sottolinea il professor Paolo Dario, direttore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna, «già oggi si tolgono posti di lavoro utilizzando semplicemente un’applicazione di uno smatphone. Ma si pensa ai cali occupazionali solo quando si parla dei robot. In realtà, per l’Italia questa è una sfida da cogliere. Noi dobbiamo diventare costruttori di robot che poi aiuteranno il lavoro nelle fabbriche, facendo diminuire i carichi per gli addetti, rendendo gli ambienti più puliti e aumentando la produttività. Sarà come in una cucina di un ristorante stellato con l’uomo nella parte dello chef e i robot a svolgere i compiti di aiutanti». Già, però questo significa comunque minor umanità in un ambiente di lavoro. «Ok – dicono i due esperti – ma poniamoci una domanda. È possibile evitare l’industria 4.0? Assolutamente no. E allora è meglio essere protagonisti di questo cambiamento epocale».