Da ricordare
Prato, la truffa sui fondi europei: condannati sei imprenditori
Hanno incassato i finanziamenti senza aprire le attività: la Corte dei conti ha emesso una raffica di sentenze contestando il dolo ai richiedenti
PRATO. «I giovani pratesi hanno risposto nella miglior maniera possibile al nostro arrivo in città e hanno dimostrato che, una volta ottenuti i mezzi per realizzare le proprie idee, niente ha potuto fermarli dall’entrare nel mondo dell’imprenditoria». Così, il 16 maggio 2019, l’allora presidente di Debut Italia srl, Francesco Di Gennaro, magnificava parlando con la Nazione le opportunità di investimento dei giovani imprenditori grazie ai fondi europei procacciati dalla sua società di consulenza finanziaria con sede in via Traversa Fiorentina.
In realtà qualcuno che poteva fermare questi giovani dall’entrare nel mondo dell’imprenditoria c’era: la guardia di finanza e ora la Corte dei conti, che nel solo 2025 ha emesso sei sentenze di condanna nei confronti di altrettanti ex clienti della Debut Italia. Dovranno restituire i finanziamenti ottenuti perché le attività grazie alle quali hanno preso i soldi non sono mai partite, mentre il denaro è sparito.
Potrebbe essere la classica punta dell’iceberg, perché in una di queste sentenze si spiega che la guardia di finanza, nel corso delle indagini, ha trovato ben 122 smartcard (la Carta nazionale dei servizi, un certificato digitale che serve per accedere da remoto ai servizi dello Stato), anche se non è detto che tutti o gran parte dei clienti della Debut Italia abbiano fatto carte false per ottenere finanziamenti a babbo morto.
Le sentenze della Corte dei conti
Nelle sentenze della Corte dei conti, tutte riferite a persone che dichiaravano di voler aprire attività in provincia di Prato, si spiega il meccanismo della truffa. «Secondo l’accusa – scrivono i giudici contabili – sarebbe emerso un sistema collaudato mediante il quale i responsabili della società (la Debut Italia, ndr) avrebbero agevolato i propri clienti nell’ottenimento dei fondi pubblici, attraverso la redazione di documentazione solo apparentemente regolare, in taluni casi falsa, comunque idonea a eludere i requisiti del bando». Il bando in questione si chiamava “Creazione d’impresa giovanile, femminile e dei destinatari di ammortizzatori sociali», uno strumento finanziario europeo gestito dalle singole Regioni italiane per promuovere sviluppo, competitività, innovazione, sostenibilità ambientale e coesione sociale, finanziando progetti per imprese, ricerca e territorio, con fondi UE, statali e regionali, seguendo le priorità stabilite per il periodo di programmazione, in questo caso dal 2014 al 2020. E la società di consulenza pratese si intascava il 10% dei finanziamenti ottenuti dai clienti.
Le cifre
In tutte le sei sentenze pronunciate dalla sezione regionale della Corte dei conti compaiono le stesse cifre. La Regione ha erogato un anticipo di 19.600 euro su un finanziamento totale di 24.500 euro e nel termine di 9 mesi il beneficiario del bonifico avrebbe dovuto rendicontare spese per 35.000 euro. Le somme sono state regolarmente accreditate, ma i rendiconti non sono arrivati e i soldi non sono stati restituiti. Per questo è partita la segnalazione della guardia di finanza alla Procura presso la Corte dei conti.
Alcuni dei beneficiari, come per esempio Barbara Bracciali di Vaiano, già titolare della “Estetica Barbara”, hanno dato la colpa alla società di consulenza e al Covid. La sua attività, cancellata il 26 luglio 2021, aveva sede all’ospedale Santo Stefano e a partire dal 2020 si è trovata in difficoltà. Inoltre l’imprenditrice, che ha restituito poco più di 3.000 euro, ha sostenuto di «essere stata vittima di un raggiro orchestrato dalla società di consulenza, che aveva predisposto pratiche formalmente corrette ma in realtà fraudolente per ottenere fondi pubblici». Dice anche «di non essere stata consapevole che il finanziamento ricevuto fosse legato a uno specifico bando regionale e di aver ritenuto la provvigione pagata alla società come la parcella di un professionista». La Corte dei conti le ha dato torto e l’ha condannata a restituire altri 18.000 euro.
Stesso discorso per gli altri cinque: Alberto Raul Ciardi, titolare dell’omonima attività di ristorazione; Giada Arlotta, titolare della “Arlotta solutions” di piazza Mercatale, che proponeva “l’avvio di nuovo locale di cocktail a tema in Prato”; Ervis Ballhysa, titolare dell’omonima ditta individuale (anche questa cancellata il 25 febbraio 2022); Gabriel Baudo, titolare del Gasoline Monkey Pub Grill di Campi Bisenzio; Leon Ballhysa, che voleva aprire un’impresa edile, la Edileon. Tutti e sei ora, in base alle sentenze, dovranno restituire quanto hanno percepito.
La Debut Italia srl ha iniziato l’attività nel 2017 e l’allora giovanissimo presidente Francesco Di Gennaro nel 2018 spiegava di aver messo a frutto l’esperienza maturata quando aveva aperto Frites Maison, un negozio di patatine fritte in via Ricasoli. «Nell’ultimo anno e mezzo – spiegava a Pratosfera – Ho incontrato tanti ragazzi con il desiderio di aprire un’attività propria e tutti o quasi scoraggiati per la complessità delle procedure per l’ottenimento di fondi regionali e europei. Allora mi sono detto che avrei potuto mettere al loro servizio l’esperienza maturata per aprire “Frites Maison”. Vorrei far capire a tanti giovani come me che è possibile emanciparsi da certe dinamiche lavorative e riuscire a camminare con le proprie gambe». Un libro dei sogni che è stato chiuso dalle Fiamme gialle.
