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Può un marciapiede diventare “privato”? Il caso dell’imprenditore in Toscana e le regole che devono valere per tutti

di Paolo Nencioni

	Il marciapiede di via Udine di nuovo occupato dal materiale dell'azienda
Il marciapiede di via Udine di nuovo occupato dal materiale dell'azienda

Il braccio di ferro col Comune va avanti da mesi: non molla l’imprenditore multato e denunciato per aver sputato a un vigile urbano

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MONTEMURLO. La polizia municipale toglie le casse di filato dal marciapiede e il titolare dell’azienda ce le rimette. Una volta, due volte, tre volte. Lo strano caso di via Udine, a Montemurlo, si sta trasformando in una questione di principio che ha a che fare col principio di legalità, uno di cardini su cui si regge qualsiasi stato democratico.

Che cosa è successo? Da mesi Sauro Vignolini, il titolare dell’azienda che un tempo si chiamava Ritorcitura 2000, prima in via Boito a Oste, ora in via Udine, si ostina a mettere le casse di filato e anche uno dei suoi macchinari sul marciapiede davanti alla ditta. La polizia municipale gli ha detto che quelle casse e quel macchinario sul marciapiede non ci possono stare, ma lui non sente ragioni e continua a occupare il marciapiede.

Il marciapiede ambito

Alla metà di settembre si è scagliato contro una vigilessa che stava rimettendo i sigilli a un macchinario considerato insicuro che era stato rimesso in funzione senza il permesso. Poi ha nuovamente occupato il marciapiede, tanto che la Prefettura è stata costretta a emanare un’ordinanza di sgombero dei materiali che è stata eseguita martedì dalla Municipale insieme a Consiag Servizi Comuni. Lui, Vignolini, in quel momento non c’era, ma quando ha visto il marciapiede sgombro si è precipitato al Comando della Municipale in via Toscanini e, riferisce il Comune, ha sputato a un vigile. Poi ha sborsato 300 euro per riprendersi il macchinario rimosso e lo ha riportato sul famoso marciapiede insieme alle casse di filato.

Tre anni fa, quando stava ancora in via Boito, venne quasi alle mani coi sindacalisti del Si Cobas durante una vertenza per la regolarizzazione di tre dipendenti pachistani che denunciavano condizioni di sfruttamento. Per la storia delle casse sul marciapiede e delle intemperanze contro la polizia municipale si è già preso almeno un paio di denunce, ma non sembra abbia voglia di mollare. Stamattina, infatti, il marciapiede era ancora ingombro di materiali, in pratica un’estensione abusiva della fabbrica sul suolo pubblico.

Le regole valgono per tutti?

E allora lo strano caso di via Udine sta diventando qualcosa di più grande e se vogliamo di simbolico. La domanda è: può un imprenditore infischiarsene di leggi e regole come se lo spazio pubblico fosse cosa sua? Se passerà questo principio, se cioè il Comune, che ha strumenti in fondo limitati, non riuscirà a garantire il rispetto concreto delle regole, il caso di via Udine diventerà un precedente pericoloso che incoraggerà anche altri a infischiarsi delle regole. Ecco perché si sente il bisogno che qualcuno, in questo caso la Prefettura per mezzo degli strumenti più efficaci di cui dispone, trovi una soluzione definitiva. Via Udine, a Montemurlo, non può diventare un pezzo di Stato dove il principio di legalità è sospeso.

«Il Comune continuerà a vigilare sul rispetto dell’ordinanza prefettizia per la rimozione del materiale dal marciapiedi – assicura il sindaco Simone Calamai – Questo protrarsi della vicenda e il comportamento del titolare della ditta, in spregio a tutte le regole e le norme di convivenza civile, sono inaccettabili e valuteremo ulteriori azioni per la tutela della legalità e il rispetto delle norme di convivenza civile. Non ci fermeremo e andremo avanti fino al ripristino della piena legittimità».

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