Prato, tre indagati per violenza e sfruttamento: perquisizioni nei dormitori della stireria Alba srl
La Procura di Prato indaga sull’aggressione agli operai di Montemurlo: sequestri e controlli nei capannoni dove vivevano i lavoratori
PRATO. La storia dell’operaio picchiato davanti alla stireria L’Alba non è rimasta solo un video virale. È diventata un’inchiesta giudiziaria che scava dentro il cuore del distretto tessile pratese, tra turni estenuanti, dormitori nascosti nei capannoni e contratti che si dissolvono con un cambio di ragione sociale.
Oggi, lunedì 6 ottobre, la Procura di Prato, guidata da Luca Tescaroli, ha fatto un passo avanti: tre persone risultano indagate per violenza privata, lesioni personali, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. L’inchiesta è nata dopo l’aggressione del 16 settembre, quando un operaio straniero venne colpito durante un picchetto sindacale organizzato dal Sì Cobas davanti alla sede dell’azienda, in via delle Lame a Montemurlo. Fra gli indagati, la moglie del titolare e titolare di fatto, il fratello e un’altra persona: tutti e tre per aver partecipato al pestaggio.
Questa mattina gli investigatori hanno eseguito perquisizioni e sequestri in alcune ditte riconducibili al gruppo e in immobili utilizzati come dormitori per i lavoratori. Dentro, gli agenti della Digos, i carabinieri del Nucleo investigativo e i tecnici del Dipartimento di prevenzione della Asl hanno trovato otto operai, tutti non iscritti al sindacato, e stanze adattate a spazi di vita e lavoro: letti accanto ai tavoli da stiro, cucine improvvisate in magazzino, bagni condivisi con gli ambienti produttivi.
Durante le operazioni sono stati sequestrati documenti cartacei e dispositivi informatici. Il materiale finirà sul tavolo degli inquirenti insieme agli altri atti raccolti nelle scorse settimane, tra testimonianze, filmati e verbali ispettivi. L’obiettivo è ricostruire la rete di rapporti che legava L’Alba srl alle altre aziende del distretto e alle imprese committenti.
«Un intervento tempestivo – ha dichiarato il procuratore Tescaroli – per reprimere ogni forma di violenza, soprattutto se rivolta a persone in condizioni di vulnerabilità». La Procura, come già annunciato dopo i fatti di settembre, intende estendere le verifiche anche al funzionamento dell’intera filiera del tessile, per accertare eventuali responsabilità lungo la catena degli appalti.
L’episodio dell’aggressione – una delle titolari che colpisce con calci e pugni un gruppo di manifestanti – aveva scatenato indignazione e proteste, spingendo sindacati e istituzioni a chiedere controlli capillari sulle condizioni di lavoro. Nelle ore successive erano già scattate ispezioni e acquisizioni di documenti nella sede dell’azienda.
Da allora, il destino della stireria si è intrecciato con quello dei suoi operai. Dopo lo sfratto esecutivo per morosità, il capannone di via delle Lame è stato chiuso, ma il presidio dei lavoratori non è stato sciolto: cartelli, tende e bandiere restano davanti ai cancelli. Il sindacato ha promesso che la mobilitazione proseguirà “fino al riconoscimento dei diritti violati”.
Intanto gli investigatori proseguono con i controlli nei capannoni di Montemurlo e Prato, dove le linee della produzione si confondono con i luoghi di vita di chi lavora.
È in questi spazi che si cercano le prove di un sistema che, dietro la patina scintillante della moda “Made in Italy”, continua a reggersi su turni infiniti, salari minimi e alloggi di fortuna.
L’inchiesta sull’Alba non si ferma al pestaggio di settembre: per la Procura è diventata un caso simbolo del nuovo sfruttamento industriale, dove la violenza fisica è solo l’ultima, più visibile, delle ferite.