Prato, auto di lusso importate senza Iva: scoperta maxi frode da 43 milioni tra Italia e Germania
La Guardia di Finanza di Prato, sotto il coordinamento della Procura europea di Bologna, ha smantellato una rete italo-tedesca che importava Ferrari, Lamborghini e Porsche eludendo l’Iva. Sequestrati beni, conti e 41 supercar per oltre 3,5 milioni di euro
PRATO. C’è una Ferrari rossa parcheggiata in un capannone alla periferia di Prato, un cofano che luccica sotto la luce fredda dei neon. È uno dei simboli di un lusso apparente, quello che per anni ha coperto un ingranaggio perfetto di frode fiscale.
Un sistema che oggi la Guardia di Finanza smonta pezzo dopo pezzo, come un motore da revisionare: 43 milioni di euro evasi, 1.700 auto di alta gamma importate dalla Germania e immatricolate in Italia senza pagare un centesimo di Iva.
L’operazione, coordinata dalla Procura europea (EPPO) di Bologna, ha portato a sequestri per decine di milioni e a perquisizioni in sei province. I decreti firmati dai tribunali di Ferrara e Trani hanno congelato 8 società, 7 terreni, 3 immobili residenziali, un concessionario d’auto, 41 vetture di lusso – tra cui Ferrari, Lamborghini e Porsche – e oltre 50 conti correnti con più di 1,2 milioni di euro in liquidità. Un colpo inferto a una rete di imprese che per anni ha fatto viaggiare in parallelo i sogni dei clienti e i profitti illeciti di chi le vendeva.
La prima denuncia
L’inchiesta nasce da una denuncia banale. Un acquirente si rivolge alla Finanza di Prato: aveva comprato un’auto usata di fascia alta da un concessionario multimarca, ma l’immatricolazione si era arenata tra carte mancanti e documenti opachi. Gli investigatori scavano e trovano una catena che collega concessionarie compiacenti in Italia e grossi rivenditori tedeschi. In mezzo, una ragnatela di società di comodo, intestate a prestanome stranieri, create solo per far transitare le fatture.
Il meccanismo
Il trucco era raffinato, ma non nuovo. Le auto partivano dai piazzali di Monaco o Stoccarda come “beni intracomunitari”, formalmente destinate a società estere. In realtà, arrivavano direttamente negli showroom italiani, dove venivano messe in vendita a prezzi ribassati. Il segreto del listino così competitivo era semplice: l’Iva non veniva versata. Gli indagati si erano spinti oltre, escogitando un meccanismo di “rinascita fiscale”: chiudevano periodicamente le partite Iva delle aziende coinvolte e le riaprivano sotto lo stesso nome commerciale, nella stessa sede, così da mantenere visibilità e clienti, ma cancellare le tracce contabili.
Dietro ogni targa, una falsa fattura. Dietro ogni fattura, un passaggio di denaro che attraversava conti in Germania, Olanda, Croazia. Le intercettazioni telefoniche, le indagini bancarie e la cooperazione con le autorità tedesche hanno permesso di ricostruire l’intero circuito: una catena transnazionale che operava “in parallelo al sistema”, capace di muovere milioni senza mai comparire nelle statistiche ufficiali del commercio Ue.
La Procura europea di Bologna, istituita proprio per colpire le frodi fiscali di scala comunitaria, ha definito la rete «altamente organizzata e strutturata su più livelli». Al vertice, imprenditori con esperienza nel settore automobilistico; alla base, un sistema di intermediari che curava la documentazione, le pratiche di immatricolazione, le finte comunicazioni tra aziende. Tutto orchestrato per dare l’impressione di una filiera regolare.
«Il risparmio fiscale illecito – si legge nell’ordinanza – costituiva la base per una politica di prezzi aggressiva, in grado di alterare la concorrenza sul mercato nazionale dell’auto di lusso». In altre parole, le Ferrari e le Porsche vendute a metà del valore di listino erano l’esca perfetta per chi voleva il sogno senza attendere.
Le Fiamme gialle hanno seguito le tracce fino in Puglia e Calabria, con il supporto dei reparti di Ferrara, Bologna, Andria, Trani, Molfetta e Crotone. Oltre 15 perquisizioni simultanee, tra case, aziende e uffici di pratiche auto. In alcuni casi, gli stessi indagati avevano esibito targhe e documenti intestati a società ormai cessate, mentre le vetture venivano rivendute come “a chilometro zero”.
Dietro la freddezza delle cifre – 43 milioni evasi, 3,5 milioni di beni sequestrati – c’è l’ennesimo frammento di un fenomeno diffuso: le frodi sull’importazione di auto di lusso, che negli ultimi anni hanno assunto dimensioni sistemiche. L’Italia è un mercato di sbocco perfetto: alta domanda, normative complesse, controlli a maglia larga.
Sistema a fisarmonica
A Prato, gli investigatori parlano di un «sistema a fisarmonica»: società che si aprono e si chiudono, targhe che cambiano proprietario in poche ore, auto che attraversano l’Europa con documenti perfettamente in regola. Almeno fino a quando qualcuno, un cliente insospettito, decide di chiedere spiegazioni.
Oggi quelle stesse auto sono chiuse nei depositi giudiziari, con i sigilli della Guardia di Finanza.