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Flotilla, il racconto dello skipper toscano: «Trattati come terroristi dalla polizia israeliana»


	Alcune delle barche della Flotilla e lo skipper Cesare Tofani
Alcune delle barche della Flotilla e lo skipper Cesare Tofani

Cesare Tofani, 71 anni, di Lari, attivista di una Ong tedesca, ha partecipato a varie missioni in mare per salvare i migranti. Dopo l’arrivo a Istanbul ha fatto ritorno a casa: «Partito quasi per caso, sorpreso dall’energia e dalla collaborazione»

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CASCIANA-TERME LARI. «Siamo stati trattati malissimo: poca acqua e poco cibo. Siamo stati trattati come terroristi. Il peggio è iniziato quando siamo arrivati in porto, dove l’esercito israeliano ci ha consegnati alla polizia. A Istanbul siamo stati invece assistiti e ci hanno consentito anche di chiamare i familiari». Cappello in testa, kefiah al collo, Cesare Tofani, 71enne di Lari, comandante dell’Otaria, una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, ieri – dopo il trasferimento prima a Istanbul e poi l’arrivo all’aeroporto di Fiumicino – è rientrato a casa insieme ad altri 17 componenti italiani della spedizione umanitaria diretta a Gaza e fermata dall’esercito israeliano. «Il peggio è iniziato quando è uscito di scena l’esercito e quando i soldati ci hanno consegnato alla polizia israeliana», racconta a Il Fatto Quotidiano Tofani subito dopo essere arrivato a Istanbul. «Eravamo in mare, ormai non lontanissimi da Gaza – racconta –. È arrivato all’improvviso un gommone, le luci “sparate” verso la nostra imbarcazione (sulla quale, in totale, erano presenti sei persone, tutte italiane, ndr). Siamo rimasti fermi, abbiamo spento il motore e abbiamo atteso i soldati a bordo che poi hanno preso il controllo dell’imbarcazione. Siamo stati perquisiti e abbiamo anche collaborato per arrivare tranquilli in porto. Il peggio è arrivato dopo. Arrivati in porto, è entrata in gioco la polizia israeliana alla quale l’esercito ci ha consegnati. Siamo rimasti su una banchina per tanto tempo, a terra, seduti sul cemento».

Skipper, da qualche anno in pensione, Tofani è attivista per i diritti umani. “Collabora” con una Ong tedesca e ha all’attivo varie missioni nel Mediterraneo, dove con un’imbarcazione di medie dimensioni ha contribuito a salvare decine e decine di migranti. Volontario della Misericordia di Lari, sulla Flotilla è finito quasi per caso.

«Sono entrato in contattato con loro e mi hanno chiesto di portare una barca di quindici metri da Punta Ala fino ad Augusta. Lì, nel porto, ho visto la grande collaborazione e l’energia dei tanti che partecipavano all’organizzazione della spedizione: sono rimasto sorpreso. Il caso ha voluto che il traghetto che mi avrebbe dovuto portare indietro è stato improvvisamente cancellato. I treni erano tutti pieni e ho passato la notte in una stazione deserta in attesa di una soluzione. Il giorno dopo sono tornato al porto per partire con gli altri attivisti». Una missione fermata dall’esercito israeliano, con i componenti delle barche arrestati dalla polizia e poi – in gran parte – rilasciati. «Siamo stati trattati malissimo, come loro trattano i terroristi. Eravamo tutti insieme, con poco cibo e la sola acqua del rubinetto. Ci sono state delle angherie. A Istanbul, invece, siamo stati accolti bene», conclude Tofani prima di far rientro a casa. 

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