Aggredita dall'ex nel parcheggio a Prato, il giovane che l'ha salvata: «Ho fatto una cosa normale» – Video
Mostafà Dawoud, 26enne egiziano, da 13 anni in Italia, stava lavorando nel vicino autolavaggio quando si è accorto di cosa stava succedendo: «Le aveva messo un sacchetto di nylon in testa e aveva anche un coltello»
PRATO. «Ho sentito gridare aiuto, aiuto, molto forte. Mi sono girato mentre stavo lavorando e ho visto che nel parcheggio dietro l’autolavaggio stava accadendo qualcosa dentro un’auto ferma. Mi sono messo a correre e sono arrivato lì, girando la recinzione saranno un centinaio di metri da qui. La signora era nel sedile posteriore dell’auto, lo sportello era aperto e quel signore la picchiava in modo forte al volto e le aveva messo un sacchetto di nylon alla testa e continuava a picchiare e a brandire anche un coltello. È stato tutto un attimo, di pochi secondi. Mi sono avventato da dietro sul signore, l’ho tirato fuori dall’auto e buttato a terra. La signora era piena di sangue in volto e allora l’ho messa al riparo dietro di me. Lui ha indietreggiato per fuggire. Poi è arrivata la polizia»: una scena da film, come dice lui stesso, di quelli però che quando diventano realtà si trasformano in un vero e proprio terribile choc. Una settimana dopo è Mostafà Dawoud, 26 anni, egiziano, partito da Il Cairo 13 anni fa da solo per raggiungere l’Italia, il piccolo grande eroe che martedì scorso (anche se la notizia è stata rilasciata dalla procura solo il 24 maggio ndr) ha salvato, nel parcheggio di Parco Prato, una 52enne dal suo aggressore, un uomo poco più che trentenne col quale aveva avuto una relazione.
Mostafà, una settimana fa come ora, era la suo posto di lavoro nell’autolavaggio della stazione di benzina che costeggia la tangenziale di Prato e dà le spalle alla Multisala Omnia center del Centro commerciale. Mostafà ricorda tutto con lucidità. «È stato martedì mattina, sul presto. Posso dire che era davvero come una scena da film, di una violenza assurda e con la gente che a pochi metri guardava senza muovere un dito. Io mi sono messo a correre e senza pensarci un secondo ho preso l’aggressore e l’ho buttato a terra. Non so, sarà stata la mia forza del momento, la mia decisione, ma lui si è impaurito ed è scappato. Con me è corso un altro ragazzo marocchino, ma a bloccare l’aggressore sono stato io», ripete Mostafà che racconta anche parte della sua vita. La partenza da Il Cairo due anni dopo la “primavera araba” egiziana, l’adolescenza sognando l’Italia e l’Europa, il desiderio oggi di crescere un figlio e due gemelli in arrivo come cittadini italiani. «Sono venuto via a 13 anni dall’Egitto, la mia vita è qui in Italia. Abito a Quarrata con la mia famiglia, cerco casa a Prato ma non riesco a trovare mai niente perché non sono considerato italiano. Vorrei chiedere la cittadinanza, io e la mia famiglia stiamo qui. I bambini cresceranno qui». spiega Mostafà mentre saluta vecchi e nuovi clienti dell’autolavaggio.
Qui al lavoro ci sono solo giovani stranieri. Mostafà si avvicina a un auto mentre viene lavata da un collega e mima di nuovo la scena di quello che una settimana fa si è trovato davanti. «Quel signore picchiava con violenza, con forza senza fermarsi», e mostra i pugni che si muovono per far capire quanta fosse la carica di odio. «Io non sono stato a pensare al pericolo, l’ho preso e buttato a terra. E intorno c’era gente ferma a guardare, davvero come se fosse stato un film. Incredibile. Tutti a guardare. Se continuava a picchiare e nessuno lo fermava, avrebbe ucciso quella povera donna. Non ho mai visto una cosa del genere su una donna. Per me è stato normale fare quello che ho fatto. Molti mi hanno ringraziato, ma è stato normale. Non si può rimanere fermi davanti a una scena del genere». All’autolavaggio continuano ad arrivare auto, in fila. Molti lo conoscono da tempo e lo salutano, e adesso anche chi non lo conosceva sa di che pasta è fatto.