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L'omicidio

Ucciso ai giardini a Prato, svolta nelle indagini: fermato un diciassettenne

di Paolo Nencioni

	Il campo in via Corridoni a Prato in cui è avvenuto l'omicidio
Il campo in via Corridoni a Prato in cui è avvenuto l'omicidio

È accusato del delitto di Vladimir Lleshi. Il ragazzo era già stato sentito in Questura insieme a un amico subito dopo i fatti e poi rilasciato

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PRATO. È scattato nel primo pomeriggio di ieri il fermo di un diciassettenne albanese che è accusato di aver ucciso un connazionale di 37 anni, Vladimir Lleshi, giovedì sera nei giardini tra via Corridoni e via Baracca.

La svolta nelle indagini della squadra mobile non è un fulmine a ciel sereno, perché già poche ore dopo l’omicidio la polizia aveva rintracciato due giovani albanesi di 17 e 19 anni che erano stati coinvolti in una furiosa rissa ai giardini di via Corridoni.

I due, che sono entrambi ospiti di case famiglia per adolescenti non accompagnati o con qualche problema, erano tornati nei rispettivi alloggi con gli evidenti segni di un pestaggio e i responsabili dei centri di accoglienza li avevano convinti ad andare a farsi medicare all’ospedale Santo Stefano. Qui erano stati raggiunti dalla polizia e portati in Questura per essere sentiti insieme ad altri due presunti partecipanti alla rissa, anche loro albanesi.

L’interrogatorio dei due giovani era andato avanti per diverse ore nel corso della notte, alla presenza degli avvocati difensori Massimiliano Tesi e Roberta Roviello, ma venerdì mattina i due erano stati rilasciati e avevano potuto far ritorno a casa, indagati per omicidio e rissa aggravata insieme agli altri due.

Gli inquirenti però erano convinti che almeno uno dei due avesse sferrato, con un cacciavite trovato sul posto, i colpi che sono risultati fatali a Vladimir Lleshi. Così gli accertamenti tecnici sono proseguiti e ieri hanno fatto scattare il fermo del diciassettenne con l’accusa di omicidio volontario. Il ragazzo è stato prelevato dalla polizia e portato di nuovo in Questura, dove è stato sentito alla presenza del difensore Massimiliano Tesi.

Evidentemente gli investigatori si sono convinti che il cacciavite usato per l’omicidio fosse nelle mani del giovane, mentre l’amico diciannovenne ha detto di essersi portato dietro un trincetto ma di averlo gettato senza usarlo.

Alla decisione di procedere col fermo del ragazzo potrebbero aver contribuito anche i risultati dell’autopsia sul corpo di Lleshi eseguita sabato dal medico legale Luciana Sonnellini. Bisognava capire quanti colpi avessero raggiunto Lleshi, quali fossero mortali e soprattutto se il cacciavite sequestrato dalla polizia fosse compatibile con le ferite.

Giovedì notte, quando i due giovani albanesi sono stati sentiti in Questura, il diciassettenne ha raccontato una versione che non ha del tutto convinto la polizia e il sostituto procuratore Valentina Cosci. Ha detto che c’era da tempo un contrasto con un gruppo di suoi connazionali a causa di attenzioni non gradite nei confronti di una ragazza e che già un’altra volta era stato fissato un appuntamento col gruppo rivale per chiarire la questione, appuntamento al quale i due amici non erano andati. Poi c’è stato l’incontro di giovedì sera che si è subito trasformato in uno scontro.

A terra è rimasto Vladimir Lleshi, che poi si è scoperto essere un latitante. Era stato condannato a otto anni di reclusione per alcune rapine compiute in provincia di Pistoia, ma era evaso dagli arresti domiciliari e si era reso irreperibile. Proprio giovedì la Corte d’appello aveva confermato la condanna di primo grado.

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