Il Tirreno

Prato

Il personaggio

Rocco Tanica a Prato ci spiega che cosa è l’intelligenza artificiale e perché non averne paura

di Paolo Nencioni

	Sergio Conforti, in arte Rocco Tanica
Sergio Conforti, in arte Rocco Tanica

L’ex colonna portante degli Elio e le storie tese domenica 6 alle 21,30 a “Tipo”, il festival del turismo industriale

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PRATO. Chi teme l’intelligenza artificiale può togliersi la paura nel giro di un’ora, massimo un’ora e mezza. Basterà andare domani sera, 6 aprile, alle 21,30 all’ex Anonima Calamai di via Caboto, dove Rocco Tanica, alias Sergio Conforti, già colonna portante degli Elio e le storie tese, racconterà la sua esperienza nel corso di “Com’è umano l’AI”, uno degli appuntamenti del Tipo Festival 2025, il festival del turismo industriale (biglietti a 18 euro su ticketone.it con prenotazione obbligatoria) .

«Sarà una conversazione-presentazione della disciplina che mi occupa tempo e passione da qualche anno, all’incirca dall’epoca Covid – spiega lo stesso Rocco Tanica – Si parlerà dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni ludiche, il sollazzo personale e altrui applicato a diverse discipline: musica, scrittura, illustrazione e video».

Il pubblico non sarà un semplice spettatore ma contribuirà alla creazione di una storia, di un’immagine o addirittura alla composizione di un brano musicale, il tutto totalmente inedito.

Su questi temi lo stesso Rocco Tanica nel 2022 ci ha fatto anche un libro, “Non siamo mai stati sulla terra” (Il Saggiatore), il primo o uno dei primi libri scritti da un essere umano insieme all’intelligenza artificiale, in forma di dialogo. Dunque, pur non essendo un nativo digitale come quelli della sua generazione, Rocco è uno che se ne intende. Ma da lui ci si aspettano almeno altri due ingredienti che non guastano: il saperne parlare senza noiosi tecnicismi e una sana dose di ironia.

«L’intelligenza artificiale è una disciplina che certe volte intimidisce perché spalanca la finestra su panorami inesplorati – spiega Rocco Tanica – Io cerco di parlarne non da esperto tecnico ma da fruitore entusiasta. L’obiettivo di questi incontri è di far scoprire in tempo ridotto l’esatta sequenza dei contatti che ho avuto con questa materia, che altro non è che una branca dell’informatica che si propone di emulare di processi cognitivi del cervello umano. L’AI si nutre di miliardi di informazioni sotto forma di libri o singoli input. Va per associazioni d’idee e deduzioni, come il nostro cervello, con la differenza che l’intelligenza umana è pura, l’Ai non è intelligente, la macchina non capisce quello che noi stiamo chiedendo: associa le informazioni alle richieste».

Col rischio, si direbbe, di produrre una lunga serie di luoghi comuni. Su questo Rocco Tanica non è d’accordo. «Per staccarla dal luogo comune la devi nutrire con la tua scrittura e col tuo stile – spiega – Io ho fatto così. È come educare un bambino».

E dunque l’intelligenza artificiale è un bene o un male? È la stessa domanda che ci si faceva quando sono apparsi i telefoni cellulari oppure due secoli fa quando sono apparsi i primi telai a vapore. «Le auto sono un bene o un male? – si chiede Rocco Tanica – Un bene se le usi per spostarti da un posto all’altro, un male se investi una persona. Idem una lama o tante altre cose, come lo smartphone. L’intelligenza artificiale ruberà il lavoro di chi si rifiuterà di ammettere che l’intelligenza artificiale esiste».

Lui di certo non se lo fa rubare, ma anzi ne esplora le potenzialità. Per esempio, ha composto una partitura di musica classica per coro e orchestra (con l’intelligenza artificiale, ovviamente) che anche gli addetti ai lavori faticano a riconoscere come un prodotto dell’AI. «Io so guidare la macchina, non so programmarla – dice – La vivo come un nuovo Rinascimento. Capisco che qualcuno possa averne paura. È come affacciarsi su un burrone, c’è chi ha paura di caderci dentro e chi pensa sia un’occasione per librarsi nell’aria».

I bei tempi di Elio e le storie tese sono passati, ma Rocco Tanica giura di non averne nostalgia. «In tutta la mia vita ho sempre fatto tutto quello che volevo fare nell’attimo in cui mi sentivo di farlo – dice – Ho goduto del giro di giostra nell’attimo in cui le idee diventavano canzoni. I dischi più belli li abbiamo fatti dal debutto fino al 2007, poi le idee non erano più fresche, perché l’ispirazione non è eterna, questo è inevitabile».

E allora sotto con l’intelligenza artificiale, una delle tante vite di Sergio Conforti. Alla fine, sempre di tastiere si tratta. 

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