«Filiere più connesse»: i progetti di Confindustria col nuovo “consigliere” di Prato
L’imprenditore a capo del lanificio Bisentino è anche ingegnere: serve strutturarci dal punto di vista informatico
PRATO. Quando prese le redini del lanificio di famiglia, fu uno dei primi ingegneri a guidare un’azienda tessile pratese. Era il periodo in cui si parlava dell’esigenza di un cambiamento della gestione dei lanifici, dell’inizio di una trasformazione. E l’ingresso nel board del lanificio Bisentino di Giovanni Gramigni fu visto come il primo passo di un percorso che avrebbe contagiato altre aziende grazie all’ingresso delle nuove generazioni, con una formazione più alta, o attraverso l’assunzione di manager. Si diceva che da quel momento sarebbero stati gli ingegneri a guidare il tessile pratese. Gramigni è rimasto una “mosca bianca” ma oggi con il suo arrivo, come consigliere delegato per il distretto pratese in Confindustria, la sua formazione può essere messa a disposizione del distretto.
Quanto ritiene possa essere utile la sua formazione oggi?
«Da un punto di vista della gestione della produzione e della tracciabilità il mio percorso formativo oggi è più attuale di qualche anno fa. Tutta la parte della tracciabilità necessita di una strategia che collega la filiera ma anche di una gestione strutturata difficile senza una ingegnerizzazione importante delle aziende».
Si spieghi meglio?
«Quello che il mercato chiede, o sta per chiedere, non è solo un elenco di chi ha fatto cosa, un banale resoconto post produzione – per intendersi – ma una trasparenza completa ancor prima di cominciare la produzione. Dovremo essere in grado di spiegare come intendiamo produrre, farlo e certificarlo».
Questo porterà a un cambiamento dei rapporti di filiera?
«Come cambieranno non sono in grado di prevederlo. Dovremo essere molto più partner dei terzisti, e il rapporto tra cliente e fornitore strutturato in maniera più forte. Ai terzisti non basterà essere in grado di avere un prodotto, al prezzo giusto e trovarsi nel posto giusto. La filiera produttiva dovrà avere alle spalle la stessa gestione del cliente. Ci vorrà tempo per gestire l’organizzazione, per fornire dati di vario tipo, per raccoglierli e restituirli al cliente come li chiede. Un lavoro che, con le dimensioni aziendali medie distretto, comincia a essere problematico».
Come Confindustria state lavorando a collaborazioni interne alla filiera? Come?
«Sì, ci stiamo lavorando. Su diversi tavoli per favorire rapporti più stretti e cercando di ipotizzare quali debbano essere gli scenari su cui il distretto deve orientarsi».
Il suo lanificio è stato tra i primi, e forse l’unico, ad aprire temporary shop in città dei propri accessori. Cosa pensa dell’esigenza di Prato di rendere riconoscibili i propri tessuti. Manteco ad esempio “firma” i tessuti con cui vengono realizzati i capi di Zara.
«Le aziende di Prato non hanno mai avuto una sufficiente politica di branding che è molto distante da quello che siamo. La Manteco sta facendo un buon lavoro. L’esperienza del Bisentino con i temporary shop è stata carina, molto divertente. Ma è un altro mestiere. Serve ben altro per renderci riconoscibili».
Qual è il progetto per il distretto su cui ritiene di impegnarsi?
«Provare a rendere il distretto più collaborativo, digitalizzarlo e strutturarlo dal punto di vista informatico. Serve per essere pronti quando ci verranno chieste nuove cose senza subire i cambiamenti. Ho accettato questo incarico perché credo che Confindustria abbia un ruolo fondamentale affinché il distretto funzioni: le potenzialità sono enormi e dobbiamo sfruttarle».