Cristiano Militello a Terricciola: «Nel 2004 la mia vita è cambiata con un sms» – E racconta lo striscione che fece “paura” a Mediaset
Nel paese della Valdera l’inviato del noto tg satirico si racconta alla rassegna Dialoghi in Borgo: «Non uso WhatsApp e ho un vecchio Nokia in bianco e nero. La mia è una scelta di vita»
TERRICCIOLA (PISA). “Chiamami. É urgente”. Un messaggio di due parole può cambiarti la vita. E può far decollare una carriera in tv. E se quel messaggio arriva proprio quando pensavi che non ce l’avresti mai fatta, allora la storia diventa da film. «Questa cosa la sanno veramente in pochi, ma in quell’estate del 2004 la mia vita ha svoltato in un attimo. E non ero più un ragazzino». Cristiano Militello si racconta a Terricciola. Oggi tutti lo conoscono come volto televisivo di Canale 5 e del noto tg satirico “Striscia La Notizia”, ma solamente 20 anni fa si esibiva ai matrimoni. «In qualche modo dovevo guadagnare e volevo uscire di casa, quindi accettavo ogni proposta», rivela nel cuore del paese del vino, sulle colline della Valdera, in occasione di “Dialoghi in Borgo”, la rassegna organizzata dal Tirreno insieme all’amministrazione comunale. In piazza XX Settembre il re degli striscioni –che ogni fine settimana raccoglie le scene più bizzarre e divertenti dagli stadi d’Italia e non solo per riproporle in prima serata e far ridere milioni di italiani – va oltre il personaggio e svela il dietro le quinte della sua vita. Partendo proprio da quell’sms sul telefonino, perché nel 2004 WhatsApp non esisteva. E a dirla tutta, per Militello, non esiste nemmeno oggi. «Ho un vecchio Nokia in bianco e nero che telefona e invia messaggi, niente tecnologia. Ho fatto una scelta di vita», è l’altra confessione che arriva dal cuore del borgo di fronte a centinaia di persone.
Proietti, Aria Fresca e le battute
Militello ha sempre sognato di riuscire a far ridere sul palcoscenico. Fin dai tempi dell’università, quando – grazie alle prime apparizioni nelle tv locali, comprese quelle ad Aria Fresca e Vernice Fresca con i giovanissimi Pieraccioni, Panariello, e Carlo Conti – i suoi esami radunavano folle di coetanei. «Ai miei orali venivano in tantissimi ad ascoltarmi, proprio perché in Toscana ero già abbastanza conosciuto. Una volta – racconta – alla fine di un esame andato particolarmente bene, come ultima frase al professore, mi lasciai inspiegabilmente andare con “Adesso possiamo mandare un contributo video dalla regia”. Non so perché lo dissi, giuro, ma l’aula scoppiò in un boato clamoroso». E pensare che la sua prima esperienza teatrale è stata da comparsa, con il maestro Gigi Proietti, a metà degli anni Ottanta. «Ero un ragazzino emozionato, vivevo tutto come se stessi viaggiando nel luna park dei miei sogni», ricorda. Arriva la laurea, continuano i monologhi nelle tv locali toscane, e gli amici di sempre “esplodono” nel mondo dello spettacolo. «Pieraccioni, Panariello, Conti, tutti piano piano presero il volo. Ma io no – continua Militello – e mi barcamenavo tra reti locali ed eventi privati. Nel frattempo avevo superato i 30 anni e iniziavo a chiedermi se anche io prima o poi avrei trovato la mia dimensione. Una volta una signora mi fermò per strada e mi disse una frase che per me fu una specie di coltellata: “Bravo Militello, ti guardavo sempre in televisione ed eri bravissimo. Ora vedo tutti gli altri, ma te non ti vedo più. Come mai non ti chiamano?”. Lei lo disse in buona fede, ma di fatto, seppur inconsciamente, mi dette per finito». Poi, nell’estate del 2004, nella vita artistica di Cristiano Militello – che tra le mille esperienze coltivate ha anche svolto per due stagioni il ruolo di autore allo Zecchino d’Oro, scrivendo monologhi e battute di Topo Gigio – si apre davvero il sipario della grande occasione.
Vietri, la tacca e la televisione
Militello accetta tutto. «Sagre, feste, eventi. Andavo ovunque – racconta dal salotto di Terricciola – anche perché avevo una situazione sentimentale un po’ burrascosa e quindi, sono sincero, mi allontanavo volentieri da casa. Mi facevo pagare per esibirmi, sia chiaro, ma non erano i soldi il mio pensiero principale». E così succede che tra gli impegni in agenda finisca anche un matrimonio a Vietri sul Mare, in provincia di Salerno. «Un posto bellissimo – torna indietro col pensiero Militello –, in cui però non c’era linea per il cellulare. Trovai un angolo in cui magicamente il mio telefonino prendeva appena una tacca di segnale e lo lasciai lì per tutta la sera. Dopo l’esibizione tornai a prenderlo e c’era un messaggio di un mio grande amico che mi chiedeva di richiamarlo subito. Mi disse che avevano accettato la mia proposta a Striscia La Notizia e volevano incontrarmi». A dire il vero non era la prima volta che Militello aveva a che fare con Striscia, ma le prime due volte era stato salutato con il più classico dei “Grazie, le faremo sapere”, senza essere mai più contattato. «Molti pensano che abbia scritto i libri sugli striscioni più assurdi e simpatici delle tifoserie italiane dopo essere diventato famoso in televisione, ma in realtà è l’esatto contrario. Striscia mi ha chiamato dopo che avevo scritto il mio primo libro sugli striscioni», rivela il pisano che ha conquistato Mediaset. Al terzo tentativo Striscia La Notizia non lo lascia scappare e per lui inizia la carriera da inviato all’esterno degli stadi.
Striscioni e personaggi
A Terricciola Militello racconta tutti gli striscioni più coloriti e simpatici osservati in carriera. «Oggi grazie ai social arrivano un sacco di segnalazioni, ma prima c’era un lavoro di ricerca più artigianale e complesso. L’idea di intervistare i personaggi all’esterno degli stadi nasce da un format che facevo in una televisione locale toscana e che poi ho riproposto, con successo, anche su Canale 5». Per un servizio di 6-7 minuti c’è un lavoro di due giorni tra scelta del materiale, montaggio e doppiaggio. E poi il confronto con gli autori. Se necessario anche direttamente col padre di Striscia, Antonio Ricci. E come ultimo aneddoto prima di concedersi a foto e autografi, Militello dalla piazza di Terricciola ricorda quella volta che uno striscione sul Papa divenne un dubbio amletico nelle alte stanze della tv di Berlusconi. «Allo stadio Olimpico di Roma era apparso uno striscione su un medico della Roma all’epoca indagato per un presunto caso di doping. Lo striscione parlava anche di Papa Wojtyla, che non stava molto bene di salute in quel periodo. Praticamente si ironizzava sul medico, sul doping e si tirava in ballo la salute del Papa. Lo striscione – ricorda Militello – faceva davvero ridere, ma Antonio Ricci temeva di scatenare l’ira del Vaticano e dei credenti se lo avessimo mandato in onda. Dopo mezz’ora di riunione negli studi Mediaset decidemmo di inserirlo nel servizio e nessuno di lamentò. Per la prima volta in tv sdoganammo, con garbo e ironia, senza mancare di rispetto, la figura del Papa. E tra i miei successi, sicuramente, appunto anche questa medaglia».