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Calzaturificio chiude dopo 50 anni, la "convocazione" e l'annuncio: in 15 si ritrovano senza lavoro

di Andreas Quirici

	L’esterno della palazzina in cui si trova l’azienda del settore calzaturiero Altalena
L’esterno della palazzina in cui si trova l’azienda del settore calzaturiero Altalena

Il sindaco di Castelfranco di Sotto, Fabio Mini: «Preoccupazione per la tenuta economica della zona». Nei giorni scorsi era esplosa la situazione della conceria Pegaso di Fucecchio

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CASTELFRANCO. “Presentatevi il 4 settembre in azienda per comunicazioni”. Suonava più o meno così la convocazione ai dipendenti per ieri mattina, giovedì 4 settembre, fatta dai responsabili del calzaturificio Altalena di Castelfranco di Sotto con cui è stato spiegato ai 15 lavoratori l’intenzione di cessare l’attività che andava avanti da oltre 50 anni.

Una fine annunciata da qualche giorno di ritardo nei pagamenti degli stipendi a luglio e dal mancato versamento delle retribuzioni ad agosto.

Poi l’invito a radunarsi in via Macchiavelli, una traversa di viale Italia, a ridosso del centro del paese, dov’è arrivata la doccia fredda per uomini e donne di età compresa fra i 30 e i 60 anni. Per ora i dipendenti dell’azienda si sono rivolti a un avvocato per cercare di capire quali strade poter intraprendere allo scopo di salvare il salvabile. Ma è l’ennesimo caso in cui la crisi del settore della moda mette in difficoltà imprenditori e, soprattutto, lavoratori.

Che, nel caso dell’Altalena, non sono di lungo corso. Il più “vecchio” ha dieci anni di servizio, gli altri hanno accumulato fra i cinque e i due anni. In passato il calzaturificio ha prodotto scarpe per grandi firme della moda. Negli ultimi tempi si era concentrato su commissioni legate a brand con un nome da costruire nel campo internazionale della moda ma con prezzi al dettagli piuttosto alti. Ma ieri mattina è scoppiato il problema.

Secondo quanto appreso, ci sarebbero state difficoltà nel farsi pagare dai committenti e, di conseguenza, nel portare avanti l’attività dal punto di vista finanziario. Tanto che ai dipendenti è stata sottoposta la lettera di licenziamento da sottoscrivere. Una situazione comune a molte aziende che ruota attorno al tema della liquidità. E che, in molti casi, obbliga gli imprenditori a gettare la spugna. Soprattutto in momenti come quello attuale in cui le prospettive non sembrano rosee e i mesi trascorsi tra una crisi geopolitica e l’altra, aggravati dal rincaro dei costi energetici.

«Ho saputo quanto accaduto al calzaturificio nella traversa di viale Italia, quando sono stato informato dell’assembramento dei lavoratori, dove mi sono personalmente recato per capire la situazione – racconta il sindaco di Castelfranco, Fabio Mini –. Questa notizia mi preoccupa particolarmente, in primo luogo per i lavoratori che ora dovranno ricollocarsi al più presto, per loro e per le loro famiglie. Fin da ora mi metto a disposizione dei lavoratori per quanto possibile, anche in termini di mediazione in un eventuale trattativa sindacale con la proprietà. In secondo luogo manifesto tutta la mia preoccupazione per la tenuta del tessuto economico castelfranchese, questa è un’altra ditta che chiude con tutte le conseguenze del caso e su questo tema penso si debba iniziare a riflettere con tutti i soggetti del mondo economico».

Nei giorni scorsi è esplosa la situazione della conceria Pegaso di Fucecchio con 42 dipendenti messi a casa nel giro di poche ore. Dal tavolo istituzionale in Regione è stata chiesta la possibilità di attivare la cassa integrazione a cui il curatore fallimentare ha risposto con un’apertura. L’incontro si è tenuto il 25 agosto. E ora si attendono sviluppi in un contesto di assoluta difficoltà per enti pubblici, aziende, sindacati e mondo del lavoro in genere. 

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