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Da Capannoli all’ateneo di Ferrara per studiare le lettere ai tedeschi di Primo Levi

Martina Mengoni
Martina Mengoni

Mengoni guida un team di ricercatori per i carteggi dello scrittore

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CAPANNOLI. È pecciolese, anzi di Ghizzano, residente a Capannoli la coordinatrice di un progetto di ricerca di grande prestigio che attingerà per la prima volta dall’archivio privato di Primo Levi, scrittore e partigiano superstite dell’Olocausto, per studiare i carteggi scambiati con interlocutori tedeschi e germanofoni e trarne una inedita edizione ad accesso libero su Internet.

È questo il cuore di LeviNeT, acronimo per The german network: Primo Levi’s correspondence with german readers and Intellectuals), che ha da poco preso il via al dipartimento di studi umanistici dell’Università di Ferrara con il coordinamento, appunto, di Mengoni, vincitrice del finanziamento. Il progetto, inizialmente finanziato per una sede non italiana e successivamente approdato a Ferrara, è stato selezionato nel dicembre 2021 su più di 4mila proposte e ha ottenuto il finanziamento di un milione di euro dell’European research council, grazie al programma Erc Starting Grant.

«Il dipartimento di studi umanistici è coinvolto in molteplici progetti di ricerca di caratura europea, ma quello della dottoressa Mengoni è il nostro primo programma Erc Starting Grant», dicePaolo Tanganelli, direttore del dipartimento.

Mengoni classe 1985, studiosa di Levi da oltre dieci anni, coordinerà il progetto che si svolge grazie alla collaborazione con il “Centro internazionale di studi Primo Levi” di Torino. «Subito dopo la pubblicazione di “Se questo è un uomo” in Germania ovest con il titolo “Ist das ein Mensch?” (Fischer 1961) – dice la ricercatrice dell’Alta Valdera – Primo Levi cominciò un’intensa attività di scambi epistolari con corrispondenti tedeschi e germanofoni che si protrasse dalla fine degli anni cinquanta alla fine degli anni settanta. Proprio il carteggio con il traduttore Heinz Riedt fu il primo di una serie di scambi epistolari con la Germania che Levi intraprese con lettori, intellettuali, studenti, storici, ex deportati e persino con un chimico che ad Auschwitz si trovava dall’altra parte. I “carteggi tedeschi”, più di trecento lettere, non soltanto costituiscono un patrimonio documentario di enorme importanza, ma rappresentano anche un caso di studio cruciale, uno spaccato di storia culturale europea che si è svolto per via postale: quello del dialogo tra un ex deportato e una serie di persone facenti parti, a titolo diverso, del popolo dei persecutori. Fu un tentativo, unico nel suo genere, non solo di «capire i tedeschi», come Levi stesso scrisse, ma anche e soprattutto di interrogarsi in forma dialogica su un evento storico di portata tragica enorme come quello dell’universo concentrazionario e dello sterminio, e su temi come la vergogna dei sopravvissuti, la colpa collettiva, l’elaborazione del passato, la giustizia retributiva, il rapporto tra memoria individuale e pubblica».

Martina Mengoni si è laureata all’Università di Pisa, perfezionandosi alla Scuola alti studi della Fondazione San Carlo di Modena e si è dottorata alla Scuola Normale di Pisa. Ha insegnato letteratura italiana agli studenti stranieri dell’ateneo pisano e ha svolto ricerca due anni all’Istituto di lingua e letteratura italiana dell’Università di Berna.

Collabora da più di dieci anni con il Centro internazionale di studi Primo Levi di Torino, e ha pubblicato svariati saggi sulla letteratura del novecento e su Primo Levi.

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