Il Tirreno

Pistoia

Un tifoso sfegatato che di nome fa Roberto Maltinti

di Elisa Pacini
Un tifoso sfegatato che di nome fa Roberto Maltinti

Il presidente di Pistoia Basket ha ricevuto a Reggio Emilia il premio quale miglior dirigente della scorsa stagione

4 MINUTI DI LETTURA





PISTOIA. Tutto iniziò con il nome Maltinti scritto sulla schiena delle canotte da basket, perché la famiglia pistoiese nota per la fabbricazione delle cucine veniva dal ciclismo dove lo sponsor deve essere ben in vista quando gli atleti sono ricurvi sulla bicicletta.

Gli anni Settanta, con il suo fiume di contraddizioni, animavano l’Italia e a Pistoia uno sport di nicchia stava per sbocciare e prendere in scacco il cuore della città. Di sicuro prese in ostaggio l’anima passionale di quello che da 40 anni è, giustamente, considerato “il” presidente dello sport cittadino e non solo perché è stato l’unico ad esserlo sia del basket che del calcio. Ma perché Roberto Maltinti, il vulcanico numero uno del Pistoia Basket, che ieri pomeriggio riceverà il prestigioso «Premio Reverberi» come miglior dirigente del 2014, lo ha fatto con la sua travolgente passione. Un entusiasmo che ci ha regalato anche in quest’intervista.

Presidente, quanti anni sono che rappresenta il basket a Pistoia? Come iniziò tutto?

«Erano gli anni ’70, a Pistoia c’erano due squadre. Iniziammo come sponsor dell’AICS che giocava contro la Libertas di Marino Cappellini. Eravamo anche sponsor di una squadra di ciclismo e da “come eravamo polli”, mettemmo lo sponsor “Maltinti” solo dietro le maglie come nel ciclismo. Poi intorno al 1975 Piero Becciani mise insieme le due società e nacque l’Olimpia di cui sono stato sponsor fino al 1988 (la squadra era arrivata in A2, ndr). Lì ho smesso per sei anni in cui mi sono dedicato alla Pistoiese».

Fino a tornare nel basket proprio 10 anni fa, dicembre 2005, Pistoia Basket faticosamente tornato in B1 dopo il fallimento dell’Olimpia. Chi la convinse a tornare in prima linea?

«Sempre Piero Becciani ma devo dire che il basket è sempre stato nel mio cuore, l’ho sempre seguito anche quando io non ero presidente. In tre giorni mi convinse. A farmi scattare la molla decisiva fu una cena al Ristorante Manzoni dove conobbi per la prima volta Antonio Caso, un giovane imprenditore che era presidente del Candeglia, squadra di calcio Uisp. Mi disse: se entri te, entro anch’io. Mi lusingava esser visto come un punto di riferimento. Mi decisi a rientrare, anche se pensavo di aver già dato tanto. Tanto tempo, tanto impegno…».

E invece c’era ancora molto da dare e da avere da questo sport, tanto che va a ritirare un premio…

«Da quando siamo tornati in serie A, penso ogni giorno di vivere un sogno e ho paura che arrivi qualcuno a darmi un pizzicotto e mi svegli. Invece è una realtà e i 12 pullman già pieni per seguire la squadra a Bologna, mi fanno dire che abbiamo il pubblico più bello d’Italia».

A proposito di pubblico: lei è sempre stato il presidente- tifoso, quello che fino a qualche anno fa seguiva le gare in curva e che all’occorrenza ha risposto a viso aperto alle critiche dei tifosi…

“Nei primi anni ero molto scatenato, ho disfatto mezzo Auditorium a forza di cazzotti sulle balaustre. Ora sono più tranquillo come tifoso, siedo in tribuna, sa la vista cala (ride, ndr) ma il dialogo con la gente non l’ho mai trascurato, anzi».

Tanti anni al timone della società, vuol dire il confronto con tanti allenatori e tanti giocatori…con chi è rimasto più legato?

«Innanzitutto sono legato a tre grandi figure di dirigenti come Piero Becciani, Valente Palandri e Mario Carrara. Poi sono contento che i nostri primi tifosi siano i “miei” ragazzi, quelli dell’Olimpia promossa in A2 nell’87 come Vito Fabris ed Andrea Daviddi, di cui sono stato testimone di nozze come di Fiorello Toppo. Nomi ne potrei fare altri mille ma invece voglio fare un po’ di polemica: vorrei vedere al palazzetto quei ragazzi che giocavano nel Pistoia Basket in C2 l’anno della ripartenza. Gli vorrei dire che se siamo in serie A è anche merito loro e sogno di fare una grande partita del cuore con tutti gli ex».

In questi anni ha mai pensato veramente di lasciare il ruolo di presidente?

«Spesso. Mi sembrerebbe anche giusto che ci fosse un presidente che conosce l’inglese e che non deve farsi tradurre anche “come stai”. Ho pensato di lasciare quando ho visto dei nostri tifosi che litigano tra loro, ma anche quando da presidenti si lotta con i soldi, con la puntualità dei pagamenti che a volte non riusciamo a fare. Sono anche molto contento della nascita del consorzio, perché penso che avvicinerà davvero il basket alla città».

E per questa stagione quali sono le sue speranze?

«Sono i ragazzi dell’ Academy, in testa a tutti i campionati a cui partecipano. Affacciarsi anche quest’anno alle finali nazionali per noi sarebbe una grande cosa. Poi spero che la squadra continui a divertire, che difenda il suo campo come ha fatto nelle ultime settimane entusiasmando i nostri tifosi. L’allenatore e i giocatori stanno dimostrano il loro valore e se non arriva quel fischio dubbio nel finale con Milano».

Primo piano
Il caso

Pistoia, autista invia messaggi al cellulare mentre guida l’autobus: la foto choc e la denuncia

di Tiziana Gori
Economia
Toscana

Meeting della nautica, Marco Massabò (l’ad Cantieri di Pisa): «Il Canale dei Navicelli ora deve crescere»