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Pistoia

Il caso

Pistoia, violentata nel vicolo buio: no al “patteggiamento” che avrebbe evitato il carcere alla promessa del calcio

di Massimo Donati

	Il palazzo di giustizia di Firenze<br />
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Il palazzo di giustizia di Firenze
 

In due erano stati individuati come gli autori dello stupro, avevano anche ripreso la ragazzina allora 17enne

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PISTOIA. Se i giudici avessero prestato il loro consenso, avrebbe evitato il carcere, grazie ai benefici che la legge prevede per gli imputati con meno di 21 anni all’epoca del reato contestato. Ma così non è stato. Dopo averlo già fatto nella precedenza udienza, il 2 dicembre, ieri mattina i giudici della corte d’Appello di Firenze hanno respinto per la seconda volta la richiesta di concordato (una sorta di patteggiamento in sede di processo di secondo grado) presentata, in accordo con la procura generale, dagli avvocati difensori di uno dei due presunti autori dello stupro subito, nel 2020, in un vicolo del centro di Pistoia, da una ragazza di 17 anni, poi ripresa col cellulare seminuda mentre giaceva per terra.

Le condanne in rito abbreviato

I due erano stati condannati con il rito abbreviato dal gup di Firenze con l’accusa di violenza sessuale di gruppo e produzione di materiale pedopornografico (reato quest’ultimo di competenza distrettuale, motivo per cui la competenza del caso, avvenuto a Pistoia, fu spostata alla procura e al tribunale di Firenze): 3 anni e 2 mesi per uno, promessa del calcio, e 2 anni e 4 mesi per l’altro. Inoltre i due giovani erano stati condannati al risarcimento dei danni, con una provvisionale complessiva di 30mila euro.

Un altro no al concordato

Solo l’imputato con la pena più pesante ha poi impugnato la sentenza. Ieri mattina, i suoi avvocati, Cecilia Turco e Michele Passione, hanno presentato per la seconda volta la richiesta di concordato stabilita assieme alla procura generale, che prevedeva una riduzione della pena a 2 anni e 6 mesi e la sospensione condizionale. Lo hanno fatto in base a dei presupposti diversi rispetto a quelli elencati nella richiesta poi respinta: in particolare, la concessione delle attenuanti generiche, l’avvenuto risarcimento del danno alla parte civile, il fatto che l’imputato ha frequentato dei corsi a un Centro di ascolto per uomini maltrattanti. Ma il risultato è stato identico.

Di fronte al no dei giudici di appello, i legali hanno quindi sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa all’impossibilità anche per coloro che sono stati condannati per violenza sessuale di poter usufruire, in caso di pena inferiore ai 4 anni di reclusione, di forme alternative alla detenzione per l’espiazione. La corte ha accolto l’istanza: investirà della questione la Corte costituzionale. Il processo riprenderà perciò solo dopo che ci sarà stata la pronuncia.

Come detto, erano due i giovani condannati in primo grado. Quello che aveva ottenuto la pena più lieve non aveva presentato ricorso in appello, ma a farlo era stata la procura, chiedendo una condanna più severa. Ieri, facendo propria la tesi difensiva degli avvocati Andrea Mitresi e Gabriele Bordoni , la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile la richiesta (non si può inasprire una condanna di primo grado) e, di conseguenza, ha stralciato la posizione dell’imputato, chiudendola definitivamente.l


 

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