Mamma Ebe condannata a sette anni
Il Pm ne aveva chiesti dieci. Quindici gli imputati
"Mamma Ebe', all'anagrafe Gigliola Giorgini, 74 anni, nata a Bologna e conosciuta come la 'santona di Carpineta', era stata rinviata a giudizio insieme a un'altra quindicina di persone tra cui il marito Gabriele Casotto, 52 anni. Gli imputati erano accusati di una serie di reati tra cui, a vario titolo, associazione a delinquere per la commissione di esercizio abusivo della professione medica, somministrazione di medicinali pericolosi, falso ideologico in ricetta, truffa ai danni dell'Ausl di Cesena (che si è costituita parte civile), sequestro e maltrattamenti di bambini, «per motivi abbietti in danno di persone 'sofferenti' nel corpo o nell'anima».
Il Pm Filippo Santangelo, che ha depositato una memoria di 380 pagine per ripercorrere le accuse, nella requisitoria aveva chiesto dieci anni di reclusione per la donna (oltre a una sanzione di 10.000 euro), due anni per il coniuge e fino a sei anni e mezzo per gli altri imputati.
Mamma Ebe si era presentata a fine gennaio davanti alla Corte confermando di aver fatto applicazioni con le mani ai 'pazienti' e di aver impartito la 'benedizione di san Michele Arcangelo', ma di non aver mai prescritto ricette o farmaci. «Non so nulla», aveva detto sulla provenienza di un miliardo di vecchie lire trovato sul suo conto. Da alcuni anni il suo quartier generale si era trasferito dalla lussuosa villa di Carpineta, sulle colline cesenati, a S.Baronto di Lamporecchio, nel pistoiese, meta dei 'pellegrinaggi della speranza'.
I collaboratori, secondo l'accusa, mantenevano attivo tutto l'apparato della guaritrice: chi metteva a disposizione locali e abitazioni (una sede fu scoperta anche a Morlupo, in provincia di Roma), chi trasportava i pazienti negli ambulatori, chi acquistava medicinali, chi seguiva aspetti economici e beni immobiliari, chi si occupava di organizzare riti spirituali. C'era anche un medico, oggi cinquantenne, che per anni aveva vissuto nella sua comunità e che con le sue ricette riforniva l'associazione dei farmaci (utilizzati in campo psichiatrico) necessari alle 'cure', che venivano rivenduti a prezzo maggiorato perchè 'benedetti' dalla santona. Secondo le indagini condotte dalla polizia, i 'pazienti' venivano trattati con questi psicofarmaci e, indotti in soggezione, per poter essere 'efficacemente curati' dovevano privarsi dei propri beni e darli alla 'santona'.
Mamma Ebe - fondatrice dell»Opera di Gesù Misericordioso" un mix tra religione e medicina, cura del corpo e dello spirito - era finita in carcere nel gennaio 2002 ed era stata nuovamente arrestata due anni dopo nella sua abitazione-studio toscana. Ma i suoi primi guai con la giustizia risalgono al 1980. La sua figura ispirò anche un film al regista Carlo Lizzani, che lo presentò nell'85 alla Mostra del Cinema di Venezia.