Pisa, il fratello del parà ucciso in caserma: «Finalmente è stata fatta giustizia»
L’emozione di Francesco Scieri dopo la condanna definitiva dei due commilitoni per l’omicidio di Emanuele alla Gamerra nell’agosto del 1999: «Grazie alla comunità pisana per il sostegno di questi anni»
PISA. «È stata una liberazione. Il dolore non guarirà mai, ma dopo anni di sacrifici e sofferenze è stata finalmente fatta giustizia». A parlare è Francesco Scieri, il fratello di Emanuele Scieri, 26enne siracusano ucciso nella caserma Gamerra di Pisa nella notte tra il 13 e il 14 agosto 1999 e trovato senza vita il 16 agosto ai piedi della torre di asciugatura dei paracaduti. Emanuele stava svolgendo il servizio di leva obbligatorio nella Folgore ed era a Pisa per un corso di addestramento. Oggi avrebbe 53 anni, circa il doppio di quelli che aveva quando morì e di quelli passati prima che la giustizia italiana accertasse una volta per tutte che a ucciderlo furono gli atti di "nonnismo" dei commilitoni.
La sentenza e le varie tappe
Respingendone i ricorsi, con la sentenza di martedì la prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva la penale responsabilità degli ex caporali della Folgore Alessandro Panella (22 anni di reclusione) e Luigi Zabara (9 anni 9 mesi e 10 giorni), accusati di omicidio volontario in concorso.
La sera del 13 agosto 1999, i due imputati - inizialmente era coinvolto un terzo, assolto con rito abbreviato in primo grado e poi in appello il 28 febbraio 2024 - dopo aver fatto spogliare Emanuele Scieri e averlo picchiato, lo obbligarono a salire sulla torre di asciugatura. E facendo pressione con gli scarponi sulle nocche delle sue dita, causarono al 26enne la caduta che gli procurò la morte, di lì a qualche ora. Questo è quanto ricostruito dalla Procura di Pisa, che riaprì il caso nel 2017 col dottor Alessandro Crini, a seguito anche del lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel 2015.
L’emozione della famiglia
Anni di battaglia legale hanno poi portato alla sentenza definitiva che Francesco Scieri, fratello di Emanuele, descrive come «una liberazione». Per lui e per la madre, Isabella Guarino, che per motivi di salute non era presente in aula ma in questi 26 anni e due mesi non è mai mancata, simbolo di forza e dignità nel chiedere verità e giustizia per suo figlio. «L’emozione è stata grande - commenta Francesco, medico urologo che vive e lavora a Monza - eravamo angosciati dalla paura che finisse con un nulla di fatto, invece è andata bene. L’unico rammarico è che papà non è in vita e non ha potuto assistere a questa pronuncia».
Papà Corrado è mancato nel 2011, è stato sepolto accanto a Emanuele, nel cimitero di Noto (Siracusa). Tenere duro e non mollare per tutti questi anni è stato faticoso, ma naturale. «Lo dovevamo a Emanuele - dice il fratello - un ragazzo laureato in legge, cresciuto coi valori della verità e della giustizia. Io con lui ci parlo tutti i giorni, è sempre accanto a me, mi dà forza e sostegno. Spero che anche lui possa essere contento: i suoi assassini sono responsabili in via definitiva e sconteranno la pena che meritano».
I ringraziamenti
Francesco non dimentica i ringraziamenti. «Ai nostri legali, a tutti coloro che hanno contribuito alla commissione parlamentare d’inchiesta, al procuratore di Pisa Crini e ai suoi collaboratori, a tutti coloro che in questi anni ci sono stati vicini - dice - compresa la comunità pisana e l’amministrazione, che ha intitolato il giardino a Emanuele proprio vicino alla caserma».
La legale
«Era l’esito in cui speravamo e confidavamo - il commento dell’avvocata Alessandra Furnari, legale della famiglia Scieri assieme a Ivan Albo - pur nella tensione inevitabile, in cuor nostro eravamo certi della responsabilità penale degli imputati. Aver ottenuto la verità dopo 26 anni di battaglia e sofferenze è una grande emozione, malgrado il dolore per la perdita di Emanuele continui ogni giorno. Adesso nessuno può azzardarsi a dire che è morto suicida o che è scivolato. Voglio sottolineare la forza immensa di questa famiglia che ha sopportato anche la riesumazione del corpo, una famiglia che con la sua compostezza e dignità ha sempre chiesto che venisse fatta giustizia e non vendetta».
L’amico
Sono parole dense di significato anche quelle che arrivano da Carlo Garozzo, amico di Emanuele e presidente dell’associazione "Giustizia per Lele". «È un risultato importante che va oltre la condanna in sé e che racchiude un senso profondo di appartenenza della collettività siracusana e pisana in particolare, che mai hanno dimenticato Emanuele stringendosi a fianco della famiglia Scieri. Grazie a tutti coloro che hanno creduto in questo percorso di verità e giustizia, grazie a nome della gente di Emanuele».