Il Tirreno

Pisa

Il caso

I miliziani del generale libico Haftar addestrati dalla Folgore nella base militare pisana

di Danilo Renzullo

	Pisa, i militari libici dell’esercito di Haftar nella caserma Gamerra (Foto concessa da Il Post)
Pisa, i militari libici dell’esercito di Haftar nella caserma Gamerra (Foto concessa da Il Post)

Alla Gamerra le forze speciali dell’esercito non riconosciuto dall’Italia, dall’Ue e dall’Onu. Il ministero della Difesa: «Normali attività di formazione congiunta tra forze armate»

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PISA. L’addestramento sarebbe durato alcune settimane, tempo necessario per una cinquantina di militari di conseguire il brevetto di paracadutismo militare rilasciato al termine del corso e dopo aver svolto, alcuni mesi prima, addestramenti operativi in Sardegna, a Capo Teulada, nell’area di addestramento militare più grande d’Europa. A svolgerli sono stati i soldati libici al comando del generale Khalifa Haftar, alla guida del governo di Bengasi, non riconosciuto dalla comunità internazionale (l’Italia, l’Unione Europea e le Nazioni Unite riconoscono il governo di Tripoli che controlla la parte occidentale del Paese).

A rivelarlo è stata un’inchiesta del Post, entrato in possesso di una serie di foto – postate sui vari social dagli stessi militari – che mostrano decine di uomini durante le attività di “formazione” nel Centro di addestramento paracadutismo della Folgore e in quello di Capo Teulada. Alcuni hanno postato foto anche con il brevetto conseguito al termine degli addestramenti che, secondo quanto emerso, si sarebbero svolti tra la caserma Gamerra e l’aeroporto militare pisano.

A partecipare agli addestramenti sarebbero stati anche gli uomini dell’unità “Al Saiqa”, una brigata di élite del Libyan National Army, l’esercito nazionale libico fondato e comandato da Haftar. Uomini delle forze speciali insieme a quelli della 155esima brigata dello stesso esercito, affiancati dai militari italiani. I “corsi” sul territorio italiano si sarebbero svolti tra lo scorso anno e i primi mesi del 2025.

«In merito alla presenza di militari di forze armate straniere in basi italiane per fini addestrativi, tali attività rientrano nelle normali forme di addestramento congiunto tra forze armate – fa sapere al Tirreno il ministero della Difesa –. Tali collaborazioni con Paesi stranieri sono parte di una prassi consolidata nel tempo, hanno l’obiettivo di sviluppare relazioni di buon vicinato tra il personale militare, soprattutto nel Mediterraneo allargato, abilitando utili canali di dialogo e mirano a rafforzare la fiducia reciproca in un’area di rilevanza strategica per l’Italia». Un tentativo, quindi, di mantenere buone relazioni anche con Haftar, oltre al governo riconosciuto di Tripoli, con il paradosso però che i due eserciti potrebbero scontrarsi per allargare la propria area di influenza in Libia. «Si tratta di militari fedeli a un signore della guerra, accusato di crimini contro la popolazione civile e sostenuto da potenze straniere come Russia ed Emirati. Soldati che potrebbero trovarsi domani a combattere contro altri soldati, anche loro addestrati in Italia, in un conflitto per procura che ci coinvolge senza alcun mandato popolare né trasparenza istituzionale», accusano Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, e Ciccio Auletta, consigliere comunale di Diritti in comune.

E mentre il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, chiede al ministro della Difesa Guido Crosetto di riferire in parlamento per spiegare «su quali basi giuridiche si fonda l’accordo di addestramento di soldati con Bengasi, visto che non vi è un riconoscimento ufficiale del governo di Haftar» e spiegare «a cosa serve addestrare truppe che formalmente sono contro il governo riconosciuto di Tripoli con cui noi sigliamo accordi e protocolli», il Pd accusa: «Una macchia etica e politica».

«Le forze di Haftar sono direttamente coinvolte in crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani – sottolinea Enrico Bruni, consigliere comunale del Pd –. A Pisa abbiamo una lunga tradizione di impegno per la pace e la cooperazione internazionale. Non possiamo accettare che il nostro territorio diventi spazio di addestramento per attori coinvolti in crimini contro l’umanità». 


 

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