Il Tirreno

Pisa

Traffico di mezzi militari dall'Italia alla Somalia: tra gli arrestati il titolare di una grande officina

I mezzi militari dismessi venivano verniciati e poi inviati, in alcuni casi come pezzi di ricambio, in Somalia
I mezzi militari dismessi venivano verniciati e poi inviati, in alcuni casi come pezzi di ricambio, in Somalia

I mezzi militari venivano smontati e le singole parti fatte passare per pezzi di ricambio, per poi essere assemblate nuovamente in Somalia

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PISA. Sgominata un'organizzazione criminale specializzata nel trasferire mezzi militari dismessi dall'Italia alla Somalia, senza rimuovere le dotazioni belliche.
 
Arrestati, a seguito di misura cautelare disposta dal gip Mario Profeta su richiesta della Dda fiorentina, quattro somali e un italiano, accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di materiali di armamento. I quattro in carcere sono: Salah Farah, 38 anni, e Mehdi Abderahman, 33, entrambi residenti a Montopoli Valdarno (Pisa); Mohammed Issa, 33 anni, residente a Pontedera; Ammed Omar, 37 anni, residente a Signa (Firenze) ma domiciliato a Montopoli. Agli arresti domiciliari per il reato di esportazione illecita di armamenti Denis Nuti, 45 anni, di Santa Maria a Monte, titolare di una grande officina indagata dalla polizia stradale anche con sorvoli aerei. Qui, in parte, sarebbero avvenuti gli smontaggi dei veicoli militari in pezzi poi da imbarcare su container e navi con destinazione finale Mogadiscio.
 
L'organizzazione criminale operava grazie all'aiuto di una rete di complici, italiani, che risultano indagati, tra i quali autodemolitori, trasportatori e spedizionieri, attivi in Toscana, Campania, Calabria, Emilia-Romagna e Sicilia. Il gruppo criminale riusciva ad acquistare veicoli dell'Esercito fuori uso e a trasferirli in Somalia, aggirando la normativa italiana che parifica i veicoli militari a materiali di armamento - vietandone la cessione e l'esportazione in assenza di apposite autorizzazioni ministeriali -, e violando le normative internazionali internazionali che hanno disposto l'embargo verso la Somalia.
 
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Secondo quanto accertato nel corso delle indagini, coordinate dal procuratore capo della Dda di Firenze Giuseppe Creazzo e dalla pm Giuseppina Mione, i mezzi trasferiti in Somalia non venivano demilitarizzati, ossia non erano privati delle caratteristiche per essere usati in uno scenario di guerra, come la torretta per il fuciliere, le luci oscurate, le gomme adatte ai terreni impervi e la vernice speciale che li rende invisibili di notte. Inizialmente venivano caricati su container e poi inviati in Somalia via mare, poi, per eludere i controlli, il gruppo ha cambiato strategia. I mezzi venivano smontati e tagliati in pezzi. Le singole parti venivano poi fatte passare per pezzi di ricambio e spedite, corredate di false fatture o false dichiarazioni di avvenuta bonifica ai fini ambientali, per poi essere montate insieme di nuovo al loro arrivo. In altri casi i veicoli venivano riverniciati per nasconderne la natura militare.
 
Poiché l'imbarco dall'Italia era diventato sempre più difficile per i controlli, nell'ultimo periodo i malviventi avevano deciso di usare il porto di Anversa in Belgio, dove i veicoli venivano portati via terra a bordo di tir con rimorchi telonati. 

 

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