Castelli ci racconta la vera principessa Sissi
PISA. Il filosofo Alfred Tarscki sostiene: «Vi sono molte verità: quella vera, quella verosimile, quella falsa, che è la più comune». Con “La vera storia della Principessa Sissi e dell’anarchico che...
PISA. Il filosofo Alfred Tarscki sostiene: «Vi sono molte verità: quella vera, quella verosimile, quella falsa, che è la più comune».
Con “La vera storia della Principessa Sissi e dell’anarchico che la uccise”, libro di Ets, del tutto inedito rispetto alle tematiche tradizionalmente trattate dall'autore, il giornalista pisano Renzo Castelli affronta le molte false verita su Elisabetta di Wittelsbach, imperatrice d'Austria e regina d'Ungheria. Si tratta del personaggio (comunemente conosciuto come “Sissi”) che una filmografia di maniera, ma di enorme successo, ha trasformato dagli anni Cinquanta, grazie anche all'interpretazione di Romy Schneider, in un'icona di bellezza e di dolcezza influenzando nel decenni a venire l'opinione pubblica mondiale. La tesi di Castelli è che i tre film sfornati dal regista Ernst Marischka, oltre a una falsa immagine del personaggio, ne avevano clamorosamente alterato gli stessi dati anagrafici. Elisabetta non fu infatti mai “principessa” semplicemente perché, da duchessa di Wittelsbach, divenne direttamente “imperatrice” sposando, sedicenne, Francesco Giuseppe; né alcuno, fino a quei film, l'aveva mai chiamata Sissi. Il diminutivo con il quale Elisabetta era conosciuta in famiglia fu infatti “Lisi” ma poiché, nella sua firma in calce alle lettere inviate al futuro consorte, la lettera “Elle” era un ghirigoro che somigliava a una “Esse”, Francesco Giuseppe, e poi gli intimi a Corte, la chiamarono “Sisi”. Consultando e confrontando le numerose biografie uscite sull'imperatrice Elisabetta l'autore scopre una donna sola, disperata, contraddittoria, politicamente rivoluzionaria. Una donna che attraversò tragedie, poi immortalate dalla letteratura e dal cinema, come la morte dell'amato cugino Ludwig e del figlio Rodolfo, eventi che Renzo Castelli analizza con ricchezza di particolari. Elisabetta venne assassinata a 61 anni sulle sponde del lago di Ginevra dall'italiano Luigi Luccheni, un “figlio di nessuno” che le vicende della vita avevano reso gonfio di rancore e di spirito di vendetta e che pensò di saldare il conto della sua disgraziata esistenza pugnalando l'icona del potere. Ma è significativo che, un anno dopo l'assassinio, dal carcere di Ginevra, Luccheni scrivesse: «Credevo che fosse una regina ricca e potente. Non sapevo che invece fosse una dona sola e disperata».
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