Il Tirreno

Il processo

Elba, presunto stupro nel bagno della discoteca: chiesti 9 anni e 8 mesi per il pr: testimonianze, relazioni e perizie

di Stefano Taglione
Elba, presunto stupro nel bagno della discoteca: chiesti 9 anni e 8 mesi per il pr: testimonianze, relazioni e perizie

Le analisi in ospedale avvalorerebbero il racconto della donna: prossimo passo sarà la sentenza

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PORTOFFERAIO. Nove anni e otto mesi di reclusione. È stata questa la pena chiesta dalla pubblico ministero Antonella Tenerani per il quarantenne elbano Alessandro Canovaro, l’ex pr accusato di violenza sessuale e lesioni per avere, secondo la procura, stuprato nel bagno di una discoteca nella notte di San Silvestro che separava il 2022 dal 2023 una barista, oggi venticinquenne, che quella sera stava lavorando lì. La giovane, che sarebbe stata ripetutamente sbattuta contro il lavabo della toilette, venne poi dimessa dal pronto soccorso di Portoferraio con 25 giorni di prognosi.

Nel corso dell’ultima udienza, giovedì scorso, la sostituta procuratrice titolare dell’inchiesta, che fu delegata ai carabinieri della Compagnia di Portoferraio, ha parlato per due ore, formulando poi la richiesta di condanna. Subito dopo, associandosi alle sue conclusioni, ha parlato uno degli avvocati di parte civile, Monica Lottini, che assiste la presunta vittima insieme al collega Michele Baldi, dopodiché la legale della difesa, Cesarina Barghini, che per Canovaro ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Durante la prossima udienza, in cui sono previste le repliche, dovrebbe essere pronunciata la sentenza dal collegio presieduto dal giudice Ottavio Mosti, con a latere i magistrati Tiziana Pasquali e Andrea Guarini.

Il processo, in corso da ormai due anni, si avvia quindi alle sue fasi conclusive. Non sono mancati i colpi di scena, con una delle legali di Canovaro, Lucia Mannu, che ha rimesso l’incarico, lasciando come unica difensora Barghini, per il venir meno della fiducia con il suo cliente. Tensioni c’erano state anche dopo la testimonianza dell’imputato, risalente a un anno fa, in cui disse: «Lei (la barista ndr) mi ha cominciato a baccagliare, a stuzzicare, se lei era dentro e io fuori, veniva fuori. Dopo 40 minuti che l’avevo conosciuta mi era già addosso. All’inizio l’ho scansata, alla fine però mi sono fatto trascinare in bagno. Mi ha preso per un braccio e mi ha portato nel bagno degli uomini, quello pubblico. Poi siamo saliti su insieme, anzi lei forse è salita un secondo dopo. La mia seconda avvocata, Lucia Mannu, mi ha accennato che lei aveva un’assicurazione contro lo stupro». La legale elbana, al Tirreno, smentì tutto. Così poi fece Canovaro davanti ai giudici all’udienza successiva.

A primavera è stata depositata, come ultimo atto del procedimento penale, la perizia genetica forense chiesta della difesa, che ha evidenziato tracce del Dna dell’imputato sul tampone vaginale (e su altri due), ma anche sugli slip, sui collant, sull’anfibio e sul vestito della vittima. Della perizia si è occupata la genetista forense Anna Rocchi dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana. “I tre tamponi – si legge nella relazione – sono tutti positivi alla diagnosi specifica di sangue, contengono oltre al Dna della parte offesa anche quello maschile, evidenziabile sia dalla quantificazione che dalla successiva tipizzazione dell’aplotipo Y, che risulta identico all’aplotipo Y di Canovaro”.

La stessa conclusione riguarda gli slip, i collant, il vestito in due differenti parti (nella zona centrale e nell’area della scapola destra) e l’anfibio destro della presunta vittima. Su quest’ultimo è stata isolata una traccia biologica salivare “che contiene oltre al Dna della parte offesa anche Dna maschile evidenziabile sia dalla quantificazione che dalla successiva tipizzazione dell’aplotipo Y che risulta identico all’aplotipo Y di Canovaro”. 
 

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