Fosso Cosimo, la foce che non c’è: «Così i campi vanno sott’acqua»
La segnalazione dell’agricoltore Larini: «Ogni volta che piove perdo tutto»
PIOMBINO. «La situazione, dopo l’alluvione di ottobre, dove già abbiamo avuto danni ingenti, ad oggi e senza alcun risarcimento, è invariata. Salvo pochi giorni di respiro, grazie a qualche intervento flash del Consorzio di bonifica, non è cambiato nulla. L’acqua è tornata e noi siamo sempre qui, in attesa, senza risposte e senza tutele». Andrea Larini è un agricoltore della zona di Tor del Sale. I suoi campi , coltivati principalmente a grano, confinano con l’Oasi Wwf riserva naturale regionale Padule Orti Bottagone. Da tempo combatte una battaglia impari contro il silenzio delle istituzioni e l’abbandono del territorio. «Non denuncio per me solo – sottolinea –. Parlo per chi, come me, lavora da anni su questi terreni, ci ha costruito un’azienda agricola con sacrifici enormi e troppo spesso si ritrova con l’acqua alla vita e zero risposte».
Il cuore del problema? La foce del fosso Cosimo, canale che dovrebbe drenare verso il mare le acque piovane e quelle della bonifica. Ma che adesso, ostruito da sabbia, ramaglie e detriti, è diventata una diga che trattiene e respinge. «La foce è bloccata – spiega Larini –. Quando piove o il vento spinge il mare verso l’interno, l’acqua non riesce a uscire. Risale lungo il fosso e si riversa nei campi, e li allaga. Così il raccolto, in tutto o in parte, si rovina. Danni su danni, senza mai una vera soluzione». Larini non è solo. Diverse aziende agricole denunciano situazioni analoghe: campi costantemente allagati, strade di campagna impraticabili, attrezzature danneggiate o inutilizzabili. «Il paradosso – racconta – è che tutto questo si potrebbe evitare. Basterebbe una manutenzione regolare della foce. Ma il Comune dice che è competenza del Consorzio di bonifica. Il Consorzio parla di vincoli ambientali. Il Demanio scarica su altri. Intanto noi affoghiamo e nessuno si assume la responsabilità di intervenire con continuità».
Oltre ai danni agricoli, la situazione minaccia pure l’Oasi Wwf, già segnalata a novembre 2024 come a rischio sommersione. «L’acqua ha invaso tutta la zona umida – conferma Larini – Gli uccelli non nidificano, non trovano più i livelli adatti. Chi gestisce l’Oasi lo sa bene. Ma anche lì si scontrano con le stesse difficoltà: nessuno interviene in modo strutturale, solo piccoli aggiustamenti temporanei». E Larini fa notare come l’Oasi, in questa emergenza continua, funzioni da “camera di compensazione”: «Se non ci fosse, la pressione dell’acqua si scaricherebbe tutta sulle nostre case. Ci abitano famiglie a cinquanta metri dai campi allagati. Per ora è l’Oasi che trattiene. Ma fino a quando potrà farlo prima di cedere anche lei? » . Perché è proprio il sistema generale che non regge più. Nel suo racconto, emerge il tema della subsidenza, legato all’uso intensivo delle falde da parte dell’industria locale. «Ci sono pozzi industriali – spiega – che negli anni hanno prosciugato il sottosuolo. Ora le piogge abbondanti fanno risalire la falda e ricompaiono sorgenti. Alcuni pozzi tracimano. Come se il terreno non riuscisse più a reggere: da una parte l’acqua arriva, dall’altra non riesce a uscire. È un equilibrio saltato».
Larini mostra video e foto: la foce del Cosimo è stretta, irregolare, soffocata da un tappo naturale: «Ma un delta serve proprio a questo: ad aprirsi, a respirare verso il mare. Qui invece la foce è chiusa, inasprita dal dislivello con il mare. E il Cosimo non ha portata sufficiente per scavarsi un passaggio, nemmeno nei giorni di pioggia intensa».
Valida la manutenzione d’altri tempi. «Prima le chiuse si aprivano e si chiudevano a mano – dice – gli agricoltori erano coinvolti nella gestione delle acque. Non c’è più nulla di questo. Eppure non chiediamo opere faraoniche, solo che si torni a una gestione concreta, pragmatica. L’ultima pulizia? Un mese e mezzo fa, fatta in modo informale. Poi una mareggiata ha ributtato tutto indietro. E siamo punto e a capo, con il rischio di vedere vanificato ogni sforzo».
Dunque? Appello a chi decide. «Noi non abbiamo più tempo – conclude Larini – . La terra non aspetta. E i danni aumentano. Chiediamo al Comune, al Consorzio, alla Regione: venite qui, camminate con noi tra i campi. Guardate con i vostri occhi cosa succede quando non si fa manutenzione. Questa è una zona produttiva, naturalistica, abitata. Ma senza un intervento, rischia di diventare solo un altro pezzo d’Italia lasciato affondare».
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