La prima sfida di Luciano Guerrieri: «La maxi-Darsena riusciremo a farla»
Il debutto del nuovo presidente: invita ad attendere nuovi dati sugli indicatori degli agenti inquinanti «Troppi scontri sulle banchine? Ascolterò tutti e cercherò una sintesi, non abbiamo un tempo infinito»
Mauro Zucchelli
LIVORNO. Chissà quando a pranzo mangerà un bel piatto di cozze, il nuovo presidente dell’Authority Luciano Guerrieri, piombinese, classe 1958: ieri il giorno dell’esordio a Palazzo Rosciano, con il suo predecessore Stefano Corsini che gli ha stretto la mano davanti agli occhi di marmo del granduca Ferdinando, nel salone al primo piano di Palazzo Rosciano, quartier generale del governo del porto. Le cozze sono diventate il menù più indigesto da quando in uno dei sei cesti di “mytilis galloprovincialis” che fanno da test di bioaccumulo è stato trovato benzopirene oltre i limiti. Inutile dire che chiunque si mettesse seduto su quella “poltronissima” non potesse che aspettarsi di dover partire da lì: a maggior ragione visto che il d-day del debutto coincide con il dibattito in consiglio regionale su quest’argomento.
Presidente Guerrieri, la Darsena Europa arriverà in porto o la vedremo confinata nel libro delle occasioni mancate per colpa di una cozza inquinata?
«Direi che è il momento di gettare un po’ di acqua sul fuoco anziché tuffarci nelle polemiche: faremo quel che ci è stato detto, risponderemo alle esigenze di approfondimento. Ma credo ci siano le condizioni per poter dimostrare che realizzare quest’infrastruttura è possibile».
Anche in presenza della cozza al benzopirene?
«Intanto, vediamo cosa ci diranno le nuove analisi. Magari si è trattato di un episodio negativo momentaneo. Aspettiamo i nuovi test».
Aspettare è la cosa che rischiamo di fare meglio…
«Aspettare non significa starsene con le mani in mano: prenderò contatto con il ministero dell’ambiente e con gli enti tecnici preposti. Non vado a chiedere scorciatoie, anzi: i passaggi vanno fatti tutti scrupolosamente senza saltare nulla».
Ma con un’area industriale così “pesante” a due passi, con lo Scolmatore che scarica ben più di prima in mare dalla foce armata scarica tutto, con l’alluvione che ha mandato sott’acqua il petrolchimico nel 2017, cosa ci si aspettava di trovare in acqua?
«Sul fronte dell’ambiente e della salute non si scherza, col benzopirene men che mai».
Dunque, eccoci qui a fare il funerale della maxi-Darsena…
«Al contrario, per quel che so penso proprio che ce la faremo. Con rigore e senza sconti: ma ce la faremo».
Però senza togliere la Darsena Europa dai vincoli rigidi del “Sin” è ben difficile: già è una strada in salita, figuriamoci ora…
«Il nostro obiettivo, lo dico chiaro, resta la “deperimetrazione”: la fuoriuscita di tutta quell’area dalla mappa del “Sin”. Ma se non dovesse essere possibile c’è anche la possibilità di una “deperimetrazione” parziale. Ce la faremo: non lo dico come auspicio generico, ne sono convinto. Parlo di un obiettivo strategico che riguarda Livorno ma non solo Livorno: qui c’è dentro lo sviluppo della Toscana, un salto di qualità nell’offerta infrastrutturale del nostro Paese. Non dimentichiamoci che in tandem con la Darsena Europa c’è anche l’idea di puntare sulla ferrovia per ricevere e inoltrare la merce da un intorno che può essere potenzialmente vastissimo».
La cozza anti-Darsena non è l’unico guaio: c’è un fuoco incrociato di ricorsi al Tar, negli ultimi due anni se ne sono contati 46.
«L’ho detto proprio a voi del Tirreno prima ancora di iniziare il mio incarico: una delle prime cose che intendo fare è ascoltare».
Così un po’ generico…
«Non è affatto generico: prima di tutto ho messo in agenda due incontri interni al nostro ente. Poi voglio ascoltare gli operatori e le loro organizzazioni».
C’è il rischio di esercitarsi nell’arte dorotea dell’equilibrismo tutto rinvii.
«Non è quello che voglio. Ma prima c’è bisogno di uno sforzo per cercare di ricucire e ricreare un clima. A quel punto bisogna prendersi al responsabilità di trovare una sintesi nel segno di un interesse generale . È un metodo, non è una bacchetta magica. Sulla proposta ci può essere qualche aggiustamento di tiro, alla fine però tirarla in lungo non giova».
La via per l’inferno è lastricata di belle intenzioni.
«Non abbiamo un tempo infinito: sono i problemi a metterci fretta, lo sanno bene per primi gli operatori».
Nei primi cento giorni, dunque: cosa farà?
«Non mi appassiona questa storia dei cento giorni. È ovvio che penso a far decollare i bandi per la Darsena Europa: ma perché fare smargiassate? Anche perché vorrei ricordassimo che non c’è solo la Darsena Europa: dobbiamo fare mente locale sul microtunnel, sullo “scavalco” ferroviario e la prosecuzione col “progetto raccordo”, la diga curvilinea da sistemare. Ma anche, sul fronte della nautica, il porto turistico e al tempo stesso la conciliazione con le esigenze dei circoli, magari lavorandoci insieme al Comune. E poi i bacini: ecco una delle primissime riunioni di approfondimento sarà proprio dedicata a quel tema. L’ha capito perché non mi sono ancora messo seduto su quella che lei chiama “poltronissima”?». —
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